Il prof. Vito Armando Laudicina, Ordinario di Chimica agraria e Coordinatore dei Corsi di studio “Scienze forestali e ambientali” e “Agroingegneria” del Dipartimento Scienze Agrarie, Alimentari e Forestali dell’Università di Palermo, è tra i componenti del team di ricercatori che ha scoperto come, in condizioni reali, le specie arboree “conservative”, ovvero quelle più efficienti nel conservare le proprie risorse, tra cui nutrienti, acqua ed energia, tendono a crescere più velocemente nelle foreste boreali e temperate rispetto alle specie “acquisitive”. I risultati dello studio, pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica “Nature” (https://doi.org/10.1038/s41586-025-08692-x), evidenziano il ruolo centrale delle condizioni locali nella crescita degli alberi e rappresentano un prezioso strumento per i gestori forestali, aiutandoli a prendere decisioni informate nella lotta contro il cambiamento climatico. Il gruppo di ricercatori, coordinato da INRAE e Bordeaux Sciences Agro, ha analizzato la crescita di 223 specie di alberi piantate in 160 foreste sperimentali situate in diverse regioni del mondo, tra cui Europa occidentale, Stati Uniti, Brasile, Etiopia, Camerun, Asia sud-orientale. «Le foreste forniscono numerosi servizi ecosistemici, tra cui la regolazione del microclima, la conservazione della biodiversità, la purificazione dell’aria e dell’acqua e la protezione del suolo. Insieme agli oceani rappresentano uno dei principali serbatoi di carbonio, grazie alla capacità di immagazzinarlo nel suolo e nella biomassa arborea – spiega il prof. Vito Armando Laudicina – pertanto, promuovere la diffusione di alberi a crescita rapida potrebbe rafforzare gli sforzi per mitigare il cambiamento climatico. Ciò solleva una domanda chiave per i gestori forestali: quali specie arboree possiedono il maggiore potenziale di sequestro del carbonio? Il team di ricercatori ha lavorato per dare una risposta a questa importante domanda. Le specie arboree forestali investigate sono rappresentative di tutti i principali biomi forestali. Per la Sicilia, l’area di studio è stata il “Complesso Boscato di Mustigarufi”, situato in gran parte nel territorio comunale di San Cataldo, in provincia di Caltanissetta. Precedenti ricerche avevano dimostrato che, in condizioni controllate, spesso in serra, le specie in grado di acquisire in modo efficiente risorse come luce, acqua, sostanze nutritive crescono generalmente rapidamente. Esempi di tali specie acquisitive includono aceri, pioppi, farnie e querce sessili. Queste specie acquisitive presentano tratti funzionali che le aiutano a massimizzare l’uso delle risorse, ampia area fogliare specifica, elevata lunghezza specifica delle radici, ed a migliorare la loro capacità di convertire tali risorse in biomassa, elevata capacità fotosintetica massima, elevata concentrazione di azoto nelle foglie. Al contrario – continua Laudicina – le specie più efficienti nel conservare le proprie risorse interne, nutrienti, acqua, energia, piuttosto che nell’estrarne di nuove dall’ambiente, sono definite conservative, ad esempio, abete, roverella, leccio e si presume tradizionalmente che crescano più lentamente.Tuttavia, in condizioni reali nelle foreste boreali e temperate, i ricercatori hanno scoperto che le specie conservative tendono a crescere più velocemente rispetto a quelle acquisitive. Questa scoperta può essere spiegata dal fatto che tali foreste si trovano spesso in aree con condizioni di crescita sfavorevoli come bassa fertilità del suolo, clima freddo o arido. In questi contesti, le specie conservative risultano avvantaggiate poiché sono più resistenti allo stress e più abili nella gestione delle risorse limitate. Nelle foreste pluviali tropicali, dove il clima è potenzialmente più favorevole alla crescita delle piante, invece, le due tipologie di specie non mostrano differenze significative in termini di accrescimento. Oltre alle tendenze generali osservate su scala di biomi principali, lo studio evidenzia il ruolo cruciale delle condizioni locali, ovvero del suolo e del clima. In alcuni contesti, le condizioni di crescita possono essere talmente favorevoli da permettere alle specie acquisitive di crescere più rapidamente rispetto alle conservative. La chiave è garantire che le specie selezionate siano adatte al loro ambiente specifico. In climi favorevoli e suoli fertili, specie acquisitive come aceri e pioppi cresceranno più velocemente e, di conseguenza, fisseranno più carbonio rispetto a specie conservative come lecci, roverelle e alcune varietà di pini. Al contrario – conclude il prof. Laudicina – in climi difficili e suoli poveri, saranno le specie conservative a possedere il maggiore potenziale di accumulo di carbonio nella biomassa».
Il docente di Chimica agraria di UniPa Laudicina tra gli scienziati autori dello studio pubblicato su Nature
Mer, 26/03/2025 - 14:34
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