A cinque anni dal suo insediamento, Giuseppe Pignatone lascia il tribunale Vaticano. L’ex procuratore di Roma, che il prossimo anno compirà 76 anni, smette la toga per raggiunti limiti di età al termine di una carriera costellata da inchieste storiche, da quella per i cosiddetti “reati politici” a quella sul Mondo di Mezzo che decapitò il sistema politico di Roma. I primi passi Pignatone li muove nella sua Sicilia. Nel 1974 entra in magistratura e dopo l’allora obbligatorio servizio di leva viene nominato dal Csm prima pretore di Caltanissetta, sua città natale, e poi sostituto procuratore di Palermo. Tribunale dove resterà per oltre trent’anni, seguendo i principali processi per mafia, reati economici e contro la pubblica amministrazione. Ha istruito in corte d’Assise il processo sugli omicidi dell’allora presidente della Regione Sicilia, Piersanti Mattarella, del segretario regionale del Partito Comunista Pio La Torre e del segretario provinciale della Democrazia Cristiana Michele Reina. Ha collaborato per anni con Pietro Grasso, contribuendo nel 2006 all’arresto di Bernardo Provenzano. Nel 2008 diventa procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, portando alla luce – grazie all’inchiesta ‘Crimine’ – la presenza della ‘ndrangheta nel Nord Italia. Continua a seguire le principali inchieste contro la criminalità organizzata e finisce nel mirino delle minacce. Nel 2010 venne addirittura ritrovato un bazooka davanti alla sede della Procura. Il 19 marzo 2012 Pignatone arriva a Roma e poco più di otto mesi dopo dà il via all’indagine simbolo della sua era a piazzale Clodio: “Mondo di Mezzo”, un’organizzazione fatta di amministratori locali, imprenditori e vecchie conoscenze degli Anni di piombo che puntava a gestire appalti e commesse all’ombra del Campidoglio. L’ex Nar, Massimo Carminati e il capo delle coop romane, Salvatore Buzzi sono individuati come i ‘capi’ del gruppo mafioso. Negli anni caddero le accuse di associazione mafiosa, come confermò anche la Cassazione nel 2019. Nel maggio di quello stesso anno il magistrato decise di andare in pensione, per poi accettare la nomina di Papa Francesco alla guida del Tribunale Vaticano al posto di Giuseppe Dalla Torre. In questo ruolo ha seguito numerosi processi, tra i quali quello sui fondi della Santa Sede. Da capo della procura di Roma, nel 2015, archiviò la storica inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi. Proprio per questo oggi il fratello della ragazza, Pietro, ha attaccato il magistrato ricordando l’inchiesta di Caltanissetta, poi archiviata, che lo coinvolse nel 1997 per abuso e corruzione di atti giudiziari.