La Polizia di Stato ha smantellato una banda che, nel quartiere di Brancaccio, a Palermo, si occupava di rendere disponibili dosi di crack e hashish, a tutte le ore del giorno e della notte, anche a domicilio e su ordinazione ed anche con riguardo a richieste provenienti dalla provincia. I poliziotti hanno eseguito una misura cautelare nei confronti di 10 persone: 2 sono finite in carcere, 4 ai domiciliari e nei confronti di altri 4 è stato disposto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Tutti dovranno rispondere del reato di detenzione ai fini di spaccio in concorso. Le contestazioni penali riguardano episodi di spaccio di centinaia di dosi di droga, risalenti agli scorsi mesi di febbraio e marzo. I poliziotti li hanno documentati attraverso tradizionali servizi operativi su strada e servizi di videosorveglianza. Gli agenti hanno ricostruito completamente le dinamiche del gruppo criminale, la sua struttura verticistica e la metodica suddivisione dei ruoli. Sono emersi i connotati di una organizzazione di spaccio a conduzione familiare ma “aperta” a dinamiche e logiche di profitto di più ampio respiro. La base operativa era in un appartamento al piano terra di una struttura nel cuore di Brancaccio, residenza di un uomo al vertice del gruppo e che in quello stabile stava scontando una pena ai domiciliari. Il “capo” della banda, nel corso delle operazioni di consegna delle dosi ai clienti che, a decine giornalmente, si presentavano alla sua abitazione, si faceva aiutare da moglie e figlio. Il motore operativo del gruppo di spaccio era, però, rappresentato dall’instancabile opera di smercio dello stupefacente, realizzata, da pusher fidati, due in particolare, che per effettuare le consegne a domicilio venivano riforniti dal “capo”, di ciclomotori e telefonini di servizio. Le consegne venivano effettuate anche in comuni limitrofi. Sono stati anche individuati due “canali di approvvigionamento” della droga di cui si è avvalso il gruppo; il primo rappresentato da una donna, anche lei destinataria di misura cautelare, la quale ha fornito alcune centinaia di dosi di crack in alcuni giorni in cui il gruppo aveva esaurito il quantitativo di stupefacente occorrente per soddisfare le esigenze giornaliere degli acquirenti; il secondo, più strutturato, composto da alcuni pregiudicati del quartiere Falsomiele. Nel corso dei servizi d’intercettazione più volte è stato ascoltato come gli indagati abbiano utilizzato termini convenzionali per riferirsi al tipo di stupefacente da spacciare, come per esempio “di giorno” e “di notte”, per indicare, rispettivamente, la cocaina e il crack, oppure “quella da fumare”, intendendo con la stessa il crack, per via del fatto che questo tipo di droga viene assunto inalando il fumo dopo aver surriscaldato i cristalli in apposite pipette, ovvero oggetti costruiti artigianalmente da bottiglie di plastica modificate o con lattine. Tra gli altri termini utilizzati sono stati impiegati anche quelli di “minuto” e “minuti”, riferiti, rispettivamente, ad una singola dose o più, ma anche quello di “panini”, chiaro riferimento ai panetti di hashish.
di Redazione 1
Mer, 27/11/2024 - 07:19