La galleria SACCA di Modica è fra le 140 gallerie d’arte provenienti da tutta Italia e dall’estero presenti alla quarta edizione della fiera internazionale di arte moderna e contemporanea “Roma Arte in Nuvola” che si tiene nella capitale dal 22 al 24 novembre all’interno dell’avveniristica “Nuvola” di Fuksas (preview su invito il 21).
Il progetto presentato, intitolato “L’Io, noi e i luoghi”, punta l’attenzione sui rapporti che intercorrono fra l’uomo e l’ambiente circostante sia in un’ottica intima e personale (l’Io) che di comunità e collettiva (noi).
I luoghi che abitiamo e di cui ci “nutriamo” influenzano e forgiano le nostre personalità e identità. Sono portatori di valori e significati ad essi associati che entrano in relazione con la nostra sfera personale.
In occasione di Roma Arte in Nuvola 2024, gli artisti Marilina Marchica (Agrigento, 1984) e Gabriele Salvo Buzzanca (Barcellona Pozzo di Gotto, ME – Venezia, 1986), presentati da SACCA gallery con la curatela di Giovanni Scucces, ne forniscono una propria lettura attraverso opere dal taglio prevalentemente paesaggistico.
“Per paesaggio – citando l’art. 131 del Codice dei beni culturali – si intende il territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni”. Il paesaggio, quindi, è il frutto della relazione dinamica fra uomo e territorio. È il risultato delle diverse sedimentazioni susseguitesi nel corso del tempo. Pertanto, esso è in continua trasformazione. Si tratta di un processo che, a seconda dei casi, può essere estremamente lento o veloce rispecchiando i cambiamenti che avvengono nelle società di ogni tempo e di conseguenza anche nell’uomo. Ad esempio, la globalizzazione e l’omologazione caratterizzanti la nostra epoca incidono inevitabilmente anche sul paesaggio. Nascono, ad esempio, i “non luoghi” (1992, Marc Augé), spazi anonimi e privi di identità. E tutto ciò non può che ripercuotersi anche sulle nostre esistenze.
Lo possiamo ravvisare di fronte ai personaggi provati di Buzzanca, immersi in ambienti anonimi, o dinnanzi ai suoi paesaggi artefatti. Ma anche nel processo inverso portato avanti dalla Marchica attraverso la ricerca e il recupero delle identità dei luoghi e al forte potere evocativo dei suoi sintetici “landscapes”.
Gli artisti divengono interpreti dei cambiamenti. Con le loro opere pregne di significati, si fanno portavoce del nostro tempo, con le nostre paure, speranze e stati d’animo.
Marilina MARCHICA
Nelle opere di M. Marchica il paesaggio viene condotto al limite dell’astrazione attraverso un processo di sintesi e rimozione del superfluo per giungere ad ambienti scarni di dettagli, ma carichi di senso. Visioni poetiche e rarefatte depositarie di memorie e sentimenti. E appunto per questo, delicati e “fragili” proprio come alcune peculiarità riscontrabili nei suoi lavori: l’impiego di carte, ossidi minerali, terre, calchi e, più in generale, materiali poveri o di recupero.
La loro evanescenza fa riaffiorare ricordi lontani, crea ponti con il vissuto (personale o dei luoghi) e inevitabilmente anche con la sua terra natia. Una Sicilia ricca di distese e altipiani che, nei periodi più caldi, diventano ampie radure brulle delimitate all’orizzonte dal cielo o dal mare fino a giungere a una sintesi perfetta come nei suoi “Landscapes”. Questi sono i suoi paesaggi, luoghi dell’anima che è possibile ritrovare in ognuno di noi.
Luoghi, memorie e sentimenti riscontrabili anche nei suoi “Frammenti”, altra serie di lavori della Marchica in cui vengono sedimentanti, “strappandoli” all’oblio, resti e tracce di vita vissuta. Possono essere testimonianze legate a un’intera comunità, come nel caso degli strappi, dei calchi e dei frottage su Poggioreale, nel trapanese; o alla propria vita privata e familiare, come nel caso del recupero e del riutilizzo di materiali vari ritrovati nelle abitazioni di famiglia nell’agrigentino, oramai disabitate. Potremmo definire questi lavori come “micropaesaggi significanti” permeati di memorie o del genius loci di quei luoghi, in cui il processo in sé diventa quasi più rilevante della forma e dell’aspetto puramente estetico. In tutto il suo lavoro traspare la volontà (o la necessità…) di recuperare e tutelare il passato più prossimo (sia nel tempo che nello spazio), cercando di cogliere l’essenza di un luogo, “intrappolandola” e salvaguardandola a futura memoria.
Gabriele SALVO BUZZANCA
Nelle opere di G. S. Buzzanca la presenza umana diventa straniante. Ci troviamo di fronte a esseri turbati, svuotati, attoniti. Si tratta di vittime consapevoli di una società che non ammette debolezze e fallimenti. I personaggi sono ritratti all’interno di contesti vaghi, avulsi dalla realtà o persino immersi in contesti irreali.
Personalità chiuse in sé stesse, non rivolgono lo sguardo allo spettatore per evitare ulteriori rivolgimenti. Volti che possono apparire come maschere pirandelliane utili per tutelarsi dall’odierna società ed evitare nuovi traumi, ma anche come visi e stati d’animo di persone comuni turbate dalle prospettive di un futuro incerto, sempre più virtuale, edulcorato e sempre meno umano.
Un mondo patinato, finanche incantevole, con paesaggi che appaiono a prima vista affascinanti, dai colori vividi, talvolta anche poco naturali. Essi possono celare insidie o mettere in luce temi “caldi” dell’attualità, il tutto mostrando uno scenario idilliaco, ma solo, appunto, in apparenza. In altre opere si può percepire una sensazione di stasi, come di attesa di un qualcosa di nuovo all’orizzonte. Scenari che accolgono le proiezioni emotive dell’artista e del nostro tempo perché, proprio come affermato dal filosofo svizzero Henri-Frédéric Amiel, “qualsiasi paesaggio è uno stato d’animo”.