(Adnkronos) – Nella rappresaglia del 25 ottobre scorso, in risposta all’attacco iraniano del primo dello stesso mese, Israele avrebbe distrutto un impianto di ricerca nucleare clandestino a Parchin. Lo hanno rivelato tre fonti americane e due israeliane ad Axios, secondo cui il raid – che ha colpito un sito che in precedenza si considerava inattivo – avrebbe danneggiato in modo significativo gli sforzi di Teheran dell’ultimo anno per riprendere la ricerca nucleare a scopo militare. Secondo un ex funzionario del governo israeliano informato sull’attacco, nel raid è stata distrutta un’attrezzatura sofisticata utilizzata per progettare gli esplosivi al plastico che circondano l’uranio in un dispositivo nucleare e sono necessari per farlo esplodere. L’impianto preso di mira è il Taleghan 2 nel complesso militare di Parchin, a circa 30 chilometri a sudest di Teheran, ha riferito ancora Axios, secondo cui la missione iraniana presso le Nazioni Unite non ha voluto commentare queste rivelazioni. L’impianto faceva parte del programma iraniano di armi nucleari Amad fino a quando l’Iran non ha interrotto il suo programma nucleare militare nel 2003. Secondo l’Istituto per la scienza e la sicurezza internazionale, veniva utilizzato per testare gli esplosivi necessari a far esplodere un ordigno nucleare. Le immagini satellitari ad alta risoluzione acquisite dall’Istituto dopo l’attacco israeliano hanno mostrato che l’edificio Taleghan 2 è stato completamente distrutto, riferisce ancora il sito americano. Che, citando ancora le sue fonti americane e israeliane, rivela che l’attività ripresa di recente nell’impianto rientra negli sforzi del governo iraniano per condurre ricerche finalizzate allo sviluppo di armi nucleari ma che possono anche essere presentate come ricerche a fini civili. “Conducevano attività scientifiche che potevano gettare le basi per la produzione di un’arma nucleare. Era una cosa top secret. Una piccola parte del governo iraniano ne era a conoscenza, ma la maggior parte del governo iraniano no”, ha dichiarato un funzionario statunitense. L’intelligence israeliana e statunitense ha iniziato a rilevare attività di ricerca a Parchin all’inizio di quest’anno, con scienziati iraniani che conducevano simulazioni al computer, ricerche su metallurgia ed esplosivi che potrebbero essere utilizzati per armi nucleari. Axios rivela infine che a giugno scorso funzionari della Casa Bianca avvertirono riservatamente gli iraniani in contatti diretti dei loro sospetti sul quell’impianto. L’agenzia di stampa nazionale libanese ha riferito di un nuovo “attacco pesante” condotto con due missili sparati da un “aereo nemico” nel quartiere di Bourj al-Barajneh, nella periferia meridionale di Beirut. L’esercito israeliano ha comunicato di aver identificato diversi edifici nella periferia di Ghobeiry e Bourj al-Barajneh che l’esercito intende colpire poiché -afferma – vi si troverebbero obiettivi di Hezbollah. “Per la vostra sicurezza e quella dei vostri familiari, dovete evacuare immediatamente questi edifici e quelli adiacenti e tenervi lontani da essi per una distanza non inferiore a 500 metri”, ha scritto il portavoce dell’esercito israeliano Avichay Adraee in un post su X. Cinque razzi sono stati intanto lanciati dal Libano in direzione della zona di Haifa, nel nord di Israele, confermano le forze israeliane. Un razzo è caduto su un cantiere e un uomo è rimasto lievemente ferito, riporta il Times of Israel. Diversi miliziani della Jihad islamica palestinese sono stati uccisi, tra loro un alto comandante, in un recente attacco aereo israeliano su Gaza City. Ad annunciarlo è l’Idf: secondo l’esercito e lo Shin Bet, il raid ha ucciso Alkaman Abd as-Salam Khalil Anbar, responsabile dei lanci di razzi della Jihad islamica a Gaza City. Anbar rivestiva inoltre un ruolo “significativo” nella catena di approvvigionamento di armi. Altri membri della Jihad islamica, coinvolti negli attacchi a Israele e alle truppe a Gaza, sono stati uccisi nell’attacco, secondo le stesse fonti, citate dal Times of Israel. La Jihad islamica ha diffuso intanto un nuovo video in cui l’ostaggio russo-israeliano Sasha Troufanov parla delle condizioni di detenzione. Troufanov era stato rapito insieme alla fidanzata e alla madre Lena il 7 ottobre dello scorso anno dal kibbutz Nir Oz mentre il padre era stato ucciso quello stesso giorno. Il video diffuso oggi è il quarto di Sasha Troufanov dal rapimento ed è stato trasmesso pochi giorni dopo che il giovane uomo ha compiuto 29 anni. Ieri la madre di Sasha, Lena Troufanov, ha incontrato in Vaticano Papa Francesco, insieme ad altri ex ostaggi e loro familiari. Durante un incontro con la stampa la donna, che è stata tenuta in ostaggio a Gaza per 54 giorni, ha rivolto un appello ”con tutto il cuore” perché venga fatto ”tutto il possibile per liberare il mio unico figlio e gli altri ostaggi” ancora nell’enclave palestinese. Elena Troufanov si era detta ”molto preoccupata per come ho visto cambiato mio figlio. Sta male non solo fisicamente, ma anche mentalmente”. Sullo sfondo del video di Troufanov si vede l’immagine del parlamentare Aryeh Deri, leader del partito religioso Shas. L’ostaggio si rivolge direttamente a Deri e gli chiede di influenzare le decisioni del governo di Benjamin Netanyahu in modo che lui e gli altri ostaggi non vengano abbandonati. “Non abbiamo più tempo. Senza un accordo sugli ostaggi non avremo possibilità di vivere. Israele, per favore salvaci”, ha affermato Troufanov nel video. L’ostaggio russo-israeliano cita anche l’ingresso delle forze di difesa israeliane (Idf) via terra in Libano. “Ci avete dimenticati”, afferma. All’inizio del suo messaggio Troufanov sottolinea come, per la religione ebraica, sia importante salvare gli ostaggi. “Voglio ricordarvi che è consentito vendere un libro della Torah e usare il profitto ricavato per liberare un ebreo che è prigioniero”, ha affermato. “Dopo un anno di prigionia e l’abbandono del governo. Ci avete dimenticati e siete andati in Libano”, ha proseguito. “Vi prego, non lasciate che Benjamin Netanyahu e il governo ci abbandonino e ci tolgano la vita. Per favore, non lasciate che decidano che il nostro destino sarà quello di morire qui nell’oscurità dei tunnel e di morire a Gaza senza sepoltura in Israele”, ha aggiunto. Rivolgendosi a Deri, ha affermato che il leader dello Shas è “la luce in fondo al tunnel, che determina il destino della mia vita”. La questione degli ostaggi ”resta prioritaria nei colloqui che la Russia sta portando avanti con il braccio politico di Hamas e con altre organizzazioni palestinesi”, ha dichiarato la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova. spiegando che la Russia sta lavorando attivamente, anche tramite le sue ambasciate nei paesi del Medio Oriente, per raggiungere un accordo che possa far tornare a casa gli ostaggi. Gli ostaggi civili sono “innocenti rispetto a qualsiasi crimine e la loro detenzione non è in alcun modo giustificabile”, ha aggiunto. Zakharova ha quindi chiesto il rilascio “immediato e incondizionato” di tutti i civili detenuti a Gaza, compresi “i nostri cittadini Alexander (Sasha) Troufanov e Maxim Herkin”. Riguardo agli sforzi per garantirne il rilascio, Zakharova ha sottolineato che “i metodi politico-diplomatici si sono dimostrati i più efficaci”. Colloqui a Beirut per Ali Larijani, consigliere della Guida Suprema dell’Iran ed ex ministro degli Esteri di Teheran. All’indomani del faccia a faccia a Damasco con il leader siriano Bashar al-Assad, il consigliere di Ali Khamenei si è spostato in Libano, dove proseguono le operazioni militari israeliane contro Hezbollah, storicamente sostenuto dall’Iran, e anche i raid a Beirut. Al palazzo del Gran Serraglio, sede del governo libanese, Larijani ha incontrato il premier Najib Miqati e poi ad Ayn al-Tineh il capo del Parlamento libanese, l’inamovibile sciita Nabih Berri, riferisce il giornale libanese L’Orient Le Jour. A Berri, secondo il Wall Street Journal, l’ambasciatrice Usa in Libano ha consegnato ieri una bozza di proposta di cessate il fuoco. L’agenzia iraniana Mehr scrive che “l’aereo con a bordo l’inviato della Guida Suprema è atterrato all’aeroporto internazionale di Beirut mentre i caccia” israeliani “effettuavano un bombardamento massiccio sulla zona di Dahiyeh”, tradizionale roccaforte di Hezbollah nella periferia sud della capitale libanese. La notizia dei colloqui a Beirut, mentre si intensificano le operazioni militari israeliane in Libano, arriva nel mezzo di un certo ottimismo negli ultimi giorni di funzionari israeliani e americani sul lavoro da parte degli Stati Uniti per arrivare a un cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah. L’allargamento dell’operazione di terra, sintetizza il Wall Street Journal, rischia di prolungare il conflitto, ma potrebbe essere una leva per i colloqui per la fine delle ostilità. Secondo notizie di Channel 12 potrebbe arrivare entro oggi una risposta dal Libano a una proposta di cessate il fuoco inviata a Beirut tramite gli Stati Uniti. Ron Dermer, ministro per gli Affari strategici del governo Netanyahu, ha fatto domenica a Mar-a-Lago – ha scritto ieri il Washington Post – la prima tappa del suo viaggio negli Stati Uniti, per parlare della proposta israeliana, per poi andare a Washington ad aggiornare funzionari dell’Amministrazione Biden, compreso Amos Hochstein. La proposta, ha scritto anche il Wall Street Journal, prevede a grandi linee che Hezbollah sposti tutte le sue forze e le sue armi a nord del fiume Litani e l’Esercito libanese e i peacekeeper dell’Onu avrebbero il compito di impedire il ritorno del gruppo nell’estremo sud del Paese dei Cedri. E, secondo funzionari israeliani citati dal giornale, Trump ha approvato il piano ed espresso la speranza che venga realizzato prima del suo ritorno nello Studio Ovale. Funzionari israeliani, scrive ancora il Wsj, indicano come nodo la garanzia che Israele sia in grado di far rispettare l’accordo di cessate il fuoco se le Nazioni Unite e le Forze Armate libanesi non dovessero avere successo e Israele sta inoltre cercando strategie per escludere il riarmo di Hezbollah, anche con l’aiuto dei russi presenti in Siria in modo da impedire il contrabbando di armi dal Paese arabo al vicino Paese dei Cedri. E, aggiunge ancora il giornale citando una fonte informata sui negoziati, nonostante l’ottimismo da parte israeliana e statunitense, il governo libanese e Hezbollah avrebbero di recente respinto una richiesta di Israele di attuare un cessate il fuoco, proponendo invece che, oltre ai militari libanesi, israeliani e ai caschi blu, ci sia un quarto garante per lo stop alle ostilità, che – secondo la fonte del giornale – sarebbero probabilmente gli Usa. —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)