Insoddisfatti della situazione che vivono, incerti sulle prospettive future. Sono questi gli stati d’animo diffusi tra i giovani siciliani, ma accanto ai tanti che decidono per questo di lasciare l’Isola ce ne sono molti che dicono di ‘no’, che creano associazioni e si mobilitano per rivendicare il diritto di restare in Sicilia o di poterci tornare. Se ne è parlato oggi a Caltanissetta durante la settima manifestazione della Cgil Sicilia per la campagna ‘Cambiamo il futuro della Sicilia’, che ha visto anche la partecipazione del segretario confederale nazionale Pino Gesmundo. “Puntiamo a mettere in campo un’iniziativa che crei condizioni diverse, favorevoli a immaginare un futuro positivo nell’Isola per le giovani generazioni – ha detto il segretario generale del sindacato, Alfio Mannino – . E questa iniziativa contiamo di portarla avanti insieme ai giovani, a quelle energie fresche di questa regione, capaci di una forza propositiva e di spinta importante, che dobbiamo evitare che si disperdano”. L’emigrazione giovanile è oggi un dato di fatto. “In base a un’indagine dello Svimez – ha detto Gabriella Messina, segretaria confederale della Cgil Sicilia, aprendo l’iniziativa – tra il 2002 e il 2018 abbiamo perso 51.800, un numero pari quasi alla popolazione della città di Caltanissetta”. Secondo Unipolis (studio presentato nel 2021) è la “transizione lavorativa” a incidere sull’insicurezza che tra i giovani della Sicilia, regione con il Pil più basso e il più alto tasso di disoccupazione, tocca la punta massima del 27,9% (punta minima il Veneto con il 14,9%). Nel Mezzogiorno oltre un giovane su due (51,5%) è insoddisfatto della situazione economica (40,7% nel Centro-nord) e un terzo la considera peggiorata (35,6%). Oltre un giovane meridionale su cinque (21,8%; 15% nel Centro-nord) si dice insicuro verso il proprio futuro, dato che aumenta in Sicilia. “Sono questi i motivi – ha sottolineato Messina – che spingono le giovani generazioni a lasciare la Sicilia”. Se la situazione non muta, nel 2061 gli ultra-settantenni saranno, secondo le proiezioni dell’Istat, il 30,7% della popolazione residente nel Mezzogiorno (18,5% nel Centro-nord). La situazione si fa più pesante nelle zone più interne. “Nella provincia di Caltanissetta – ha detto Rosanna Moncada, segretaria della Cgil di Caltanissetta – l’età media è passata dal 2002 a oggi da 39 a 44 anni e l’indice di vecchiaia dal 92,8 al 166%. Dal 2001 si sono persi più di 23mila abitanti. Preoccupante, inoltre, il dato sui Neet, il 48%. Ma come dimostrano i giovani oggi qui da parte di moltissimi di loro c’è voglia di mettersi in gioco e di non subire scelte imposte dalla situazione del territorio”. Le difficoltà per i giovani siciliani cominciano dal sistema di istruzione e di formazione. Pochi asili nido, ridotti al 15%, in una regione dove il 36% delle famiglie è a rischio povertà e che ha uno dei tassi di povertà minorile più alti del Paese. “Con quasi un quarto dei bambini e adolescenti che vivono in condizioni di disagio economico – ha ricordato Messina – non bastano certo 51 mense e 51 palestre in più costruite con il Pnrr per dire che si sta contrastando la povertà educativa”. In Sicilia continuano a lasciare prematuramente la scuola 62mila ragazzi ogni anno, con un tasso di dispersione scolastica che continua a essere superiore alla media nazionale del 6%, con la Sicilia seconda solo alla Campania. “I giovani che decidono di proseguire gli studi universitari in Sicilia – ha ricordato la Cgil – si confrontano con numeri insufficienti di posti letto nelle residenze universitarie, tanto da rendere strutturale la figura dello studente non assegnatario. Quest’anno a fronte di 3.000 richieste all’Ersu Palermo sono solo 944 i posti disponibili per Palermo e Caltanissetta, mentre ancora non si conosce la copertura delle borse di studio per 15mila ragazzi che ne hanno fatto richiesta nelle due città”. Seguono le difficoltà dell’inserimento in un mercato del lavoro precario, frammentato. Il bilancio finale è un tasso di disoccupazione giovanile al 31,2% (media italiana 16,6% ed europea all’11,2%,) e un tasso di occupazione nella fascia 15-24 del 48,7% per le donne e del 38,1% per gli uomini e nella fascia 25-34 anni per le donne del 24,4% e per gli uomini del 19% (rendiconto Inps). E allora che fare? “Andare via anche prima – ha osservato segretaria confederale della Cgil Sicilia – a molti sembra essere l’unica soluzione, come confermano gli ultimi dati del ministero dell’Università e della Ricerca con un quarto dei diplomati che, nell’ultimo anno, ha optato per università del Centro-Nord”. “Le politiche per l’istruzione sono deficitarie – ha sottolineato il segretario generale della Cgil Sicilia, Alfio Mannino -, assenti quelle per lo sviluppo economico e il lavoro sia quelle del governo nazionale che quelle dell’esecutivo regionale. Non va meglio se si guarda specificatamente alle politiche attive dedicate ai giovani”. Queste non hanno sortito effetti positivi, sostiene la Cgil, a partire da quelle europee rivolte ai Neet, come ‘Garanzia Giovani 2’. “Solamente 5mila giovani hanno usufruito delle nuove misure, a fronte delle 160mila adesioni iniziali per Garanzia 1”. Per la Cgil la condizione dei giovani siciliani è “lo specchio delle difficoltà di un territorio, stretto in questo caso tra povertà educativa, disagio abitativo, mancanza di politiche di sviluppo sostenibile, divari di genere e assenza di azioni per un adeguato welfare”. “Sono questi gli ambiti su cui è necessaria una inversione di rotta – ha concluso Mannino – e su cui la nostra mobilitazione proseguirà a fianco dei tanti giovani che vogliono un futuro diverso per la Sicilia e che il governo regionale, in barba anche a quanto prevede la normativa europea, non si è neanche degnato di ascoltare prima di approvare il Programma triennale per le politiche giovanili 2024-2026”.
Caltanissetta. Cambiamo il futuro della Sicilia, Cgil sui giovani: “Insoddisfatti della situazione che vivono e incerti sulle prospettive future”
Mar, 26/11/2024 - 13:04
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