(Adnkronos) –
Unicredit e Commerzbank, alla fine, arriveranno al matrimonio? E, soprattutto, con quale schema possono arrivarci? Come per tutte le grandi fusioni bancarie, una volta acquisita la convenienza industriale e stabilito il prezzo necessario a soddisfare gli azionisti, la partita si gioca essenzialmente su tre fronti: la governance, la sorte dei dipendenti, la sede della nuova banca che nasce dall'integrazione. "Mettendo da parte le resistenze politiche, la trattativa reale si farà su questi aspetti, che hanno ognuno delle implicazioni sostanziali, e il compito degli advisor è trovare il giusto equilibrio", ragiona con l'Adnkronos una fonte vicina al dossier. L'obiettivo, in estrema sintesi, deve essere "costruire un'architettura che possa rispondere in maniera puntuale alle obiezioni e ai paletti che si mettono in ogni deal di M&A". C'è però un elemento che va tenuto in considerazione. "Operazioni del genere, che ovviamente prevedono in partenza una banca a guidare il processo e una a 'subirlo', hanno poco senso se vengono lette in un'ottica di conquista. Il saldo finale deve essere 'win win', altrimenti non funzionano", si fa notare. La conseguenza, sul piano più concreto, è che nel caso specifico che riguarda Unicredit e Commerzbank "ha poco senso ragionare continuando a pensare Unicredit come una banca italiana, perché è già da tempo una banca europea, e Commerzbank solo come una banca tedesca da difendere". In linea teorica, "non ci sarebbe da sorprendersi nel caso in cui si arrivasse a una banca guidata da Orcel, con un azionariato più largo e con sede a Francoforte". Più complessa la gestione dei dipendenti, perché in genere le operazioni di concentrazione producono anche potenziali esuberi. "Vero, ma la razionalizzazione degli organici sta avvenendo comunque, in Italia e in Germania, anche nei rispettivi attuali perimetri". Per ora, sul tavolo ci sono le carte scoperte dai Ceo delle due banche. Andrea Orcel guarda alla creazione di una banca più forte in Europa e aperta alla competizione globale. “Credo che l’Europa abbia bisogno di banche più grandi, forti per sostenere l’economia”, perché “senza campioni paneuropei non supererà le sfide evidenziate da Mario Draghi e da molti altri leader prima di lui”. Evidentemente, accanto al valore più politico dell'operazione, il banchiere vede anche l'opportunità di creare valore. Sull'altro fronte, Bettina Orlopp oppone in un'ottica negoziale tutte le possibili obiezioni che riguardano l'integrazione di sistemi diversi, la presunta perdita di clienti, la valutazione delle agenzie di rating: “solo perché una fusione sembra buona sulla carta, non significa che sarà eseguita bene e che alla fine potrà avere successo e creare valore per i nostri azionisti”. In mezzo ci sono gli spazi e i margini della trattativa, che potrebbe accelerare considerando anche le risposte del mercato e il convinto via libera che le Istituzioni europee e la Bce hanno già sostanzialmente accordato. (Di Fabio Insenga) —economiawebinfo@adnkronos.com (Web Info)