Cronaca

L’arte del riuso di Carmelo Interdonato e quel ponte gettato tra l’Antico e il Nuovo

Gettare un ponte sui confini del mondo, tra l’Antico e il Nuovo, accompagnando per mano occhi curiosi e cuori desiderosi di bellezza ritrovata. È quanto la visione originale di Carmelo Interdonato plasma attraverso le sue opere, intese come veicolo emozionale e fonte di espressione attenta che dà nuova vita a ciò che si pensava andasse gettato via.

Carmelo Interdonato nasce a Taormina e sino all’età di diciannove anni vive a Letojanni, piccolo Comune di circa 3000 abitanti, per poi approdare nel mondo dell’Università prima a Pisa e poi a Viterbo. È laureato in archeologia subacquea con la successiva specialistica in Protostoria, divenendo in seguito collaboratore della Soprintendenza ai Beni Culturali.

Ha vissuto l’Erasmus in Spagna e a Roma dove “mi sono ritrovato mani in pasta con tanta bellezza”, mentre si buttava a capofitto nell’archeologia sul campo; e racconta della sensazione di fascino provata nel giorno in cui, scavando all’interno di una villa di età Romana “ho visto affiorare la faccia di una statua.”

“Ogni giorno era diverso – racconta Carmelo Interdonato –, perché con l’archeologia ogni giorno è una nuova scoperta. Oltre alla parte prettamente favolistica dello scavo archeologico, c’è un lavoro tecnico importante, forti responsabilità e grande capacità di gestire le squadre.”

Cresciuto attorniato da bellezza e Storia, è dai fondamenti dell’archeologia, da quelle tecniche di riutilizzo di materiali – nate proprio per la scarsità di reperimento di questi ultimi – che Carmelo Interdonato intinge per creare le sue opere dove l’Antico si trasforma in Nuovo con un valore più alto: “Le teste delle statue venivano sfilate e rimesse sopra ad altri busti, proprio per non sprecare nulla. Era una prassi quotidiana che i Romani adottavano.”

E continua ancora raccontando di come, all’interno degli scavi archeologici, i colori della terra che emergono sono impossibili da trovare in una tavolozza di colori tradizionali, così come “l’ossidazione, dalla chiave di bronzo al piombo; e sono proprio queste ossidazioni che tirano fuori colori che io ho scolpito nella mente.”

Non solo dall’archeologia, l’arte di Carmelo Interdonato si arricchisce di esperienze vissute a Londra, Malta, Atene, perché forte era la volontà di seguire quella sua sete di sapere, quella sua propensione per le lingue, per le altre culture, sino a quando nel 2019 non ha deciso di tornare nella sua Sicilia.

“Sono tornato perché ho completato vari cicli, avevo bisogno di avere un punto stabile e di ritrovare il mio senso di appartenenza e sapevo che sarebbe stata una grande sfida tornare.”

Carmelo Interdonato è anche il curatore dell’artista nisseno Michelangelo Lacagnina, con il quale ha anche realizzato opere a quattro mani e che nell’ambito de “Le Vie Dei Tesori” sono state esposte all’Officina degli Artisti di Caltanissetta.

Oggi vive a Catania dove la sua casa è anche il suo studio e dove si concentra la sua arte varia, tutto il suo continuo sperimentare e quella volontà di creare legami tra l’Antico e il Nuovo attraverso il restauro, il riuso.

“Ho iniziato restaurando mobili, poi sono passato ai paralumi e ad altri oggetti degli anni ʼ20, ʼ40, ʼ50, ʼ80 e che oggi non potrebbero essere utilizzati – spiega Carmelo Interdonato prendendo in esempio un paralume macchiato di umidità –. Uso gli scarti delle tele, di imballaggio, di carte di grammature differenti, intervengo su basi di legno scheggiate, sulla pittura corrosa. E ho anche all’attivo una produzione di quadri.” Oggi si potrebbe parlare di up-cycling, ma l’arte di Carmelo Interdonato va oltre la terminologia, le etichette e attraverso le sue opere innalza il concetto di dare un lustro originale, ridare una seconda opportunità di vita a qualcosa che andrebbe buttato, elevando il ciclo dell’oggetto, perché c’è espressione forte e intima in ciò che di nuovo viene fuori: “è veicolare un messaggio alle future generazioni” trattenendo il passato e modellando un presente che posa gli occhi sulla naturalezza del mondo che lo circonda.

“Mi riallaccio sempre all’archeologia. Nelle tele metto tutti i colori e le sensazioni tattiche che ho scoperto durante gli scavi. Ho davanti agli occhi la lampada di ottone quando viene fuori il verde dell’ossido e mi ricordo la prima moneta che ho trovato durante uno dei primi scavi.”

Esempio è anche l’opera “Torre Salsa”, un tronco che sembra cristallizzato.

L’arte di Carmelo Interdonato getta un ponte tra l’Antico e il Nuovo, sul quale cammina un’innovazione che abbatte la paura del cambiamento. Lui esporta, comunica attraverso le sue opere e racconta storie sepolte dal tempo, che suscitano emozioni.

Sensibilizzare al bello e alla cura di se stessi attraverso una comunicazione, una forma espressiva che arricchisca, entrando in empatia con la gente, offrendo un qualcosa che si restituisca alla comunità.

AmaTE

Come nell’opera “AmaTE”, in cui sullo sfondo si staglia una figura che ne abbraccia un’altra: “Ognuno può vedere ciò che vuole, come l’abbraccio di una madre con un figlio. Il concetto di base è l’amore, soprattutto di se stessi. Prenditi cura del tuo Io bambino, quello che scalcia nella quotidianità e vuole venire fuori.”

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