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La scoperta di un nuovo sistema di gruppi sanguigni, Sergio Siragusa (SIE): «Le trasfusioni saranno più sicure»

Redazione 1

La scoperta di un nuovo sistema di gruppi sanguigni, Sergio Siragusa (SIE): «Le trasfusioni saranno più sicure»

Gio, 03/10/2024 - 07:07

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Nuovi gruppi sanguigni e sangue artificiale: sono due dei filoni sui quali si concentra e si sviluppa la ricerca medica in campo ematologico. Ricerche e studi essenziali al fine di migliorare l’approccio e la risoluzione di patologie umane e delle loro criticità. Con Sergio Siragusa (nella foto), professore di ematologia all’Università di Palermo e vicepresidente della Società italiana di ematologia, abbiamo approfondito l’ultima scoperta, in termini di tempo, nel campo dei gruppi sanguigni cercando di capirne l’importanza a lungo raggio e il possibile impatto negli studi riguardanti il sangue artificiale.

È recente la scoperta di un nuovo sistema di gruppi sanguigni (MAL). Cosa significa in termini di benefici?

«Le nostre cellule del sangue presentano dei “recettori” di superficie che permettono alle stesse di “comunicare” con le altre cellule e il sistema immunitario. I “recettori” dei globuli rossi (“eritrociti”), geneticamente programmati, sono alla base dei cosiddetti gruppi sanguigni (A, B, AB e 0, Rh, etc) la cui conoscenza è fondamentale per valutare la compatibilità del sangue in caso di necessità di trasfusioni. La trasfusione tra gruppi sanguigni differenti infatti determina una incompatibilità che può determinare la morte del ricevente (reazione trasfusionale). Alcuni antigeni principali (in quanto presenti in tutti gli individui) sono conosciuti da molti anni, altri invece non sono del tutto identificati dal punto di visto molecolare. Tra questi vi è l’antigene AnWj scoperto nel 1972 e presente nel 99.9% degli individui. In una piccolissima parte di individui che non presentano tale antigene, la trasfusione di sangue con l’AnWj può determinare una reazione trasfusionale. Le basi genetiche di tale antigene sono rimasti ignote fino alla recente pubblicazione su Blood di un lavoro scientifico che ha identificato che tale proteina vive nel contesto del myelin and lymphocyte protein (MAL). Questo permette di aggiungere ai gruppi sanguigni già identificati secondo il gruppo AB0 ed Rh anche il sistema MAL. In condizioni fisiologiche, tale scoperta potrebbe essere utile solo per una piccolissima parte della popolazione (appunto i pazienti AnWj negativi). In realtà si è visto che tale sistema MAL viene modificato in pazienti affetti da malattie ematologiche neoplastiche (linfomi ed altre) o benigne (anemie emolitiche), rendendo negativi i pazienti AnWj precedentemente positivi. Quindi l’identificazione di tale sistema permette di rendere più sicure le trasfusioni in un setting di pazienti non trascurabile».

Due anni fa ne era stato scoperto un altro, ER. C’è correlazione? Quali sono i risvolti medici?

«Il gruppo ER, la cui causa genetica è stata scoperta pochi anni fa, rappresenta un sistema di antigeni minori, maggiormente espresse in alcune popolazioni africane. Tuttavia, la conoscenza di gruppi sanguigni rari evita le possibili reazioni trasfusionale anche gravi. Il sistema ER fu identificato circa 40 anni fa ma solo nel 2022 si sono scoperte le cause genetiche, studio condotto dopo una razione trasfusionale che aveva portato alla morte di 2 neonati. Inoltre, come il sistema MAL, anche il sistema ER può modificarsi in corso di alcune patologie rendendo difficile la trasfusione nei pazienti affetti».

Queste scoperte possono avere impatti nella ricerca di sangue artificiale?

«Direttamente non direi. Certamente la necessità di sangue artificiale dipende dall’aumentata richiesta trasfusionale sia per le patologie che determinano anemia (tra cui anche e soprattutto i tumori e le loro terapie), sia per l’estensione a più pazienti di trattamenti in corso di patologie congenite dei globuli rossi quali l’anemia mediterranea».

Come si produce il sangue artificiale? È più corretto definirlo sostituto del sangue? Svolge tutte le funzioni del sangue umano?

«Il termine sangue artificiale è molto vario. Da molti anni siamo in grado di usare prodotti “artificiali” per sostituire la parte liquida (plasma expanders). Per la parte cellulare, ad oggi, si sta cercando di produrre i globuli rossi di cui vi è una elevata richiesta non solo per la parte legata alle anemie da traumi (civili) e terapie di patologie ematologiche (prevalentemente congenite, talassemie ed altre anemie congenite) ma anche per traumi bellici. La medicina di guerra è infatti stato uno dei principali promotori della ricerca dei sostituti del sangue».

Quali sono le difficoltà oggi?

«Esistono sostanzialmente due possibili approcci per la produzione di eritrociti artificiali: creare sostituti delle funzioni delle cellule del sangue o produrre “nuove cellule ematiche” da infondere nei pazienti. Il primo approccio, già iniziato da oltre 30 anni, sempre per esigenze di guerra, ha portato alla creazione di prodotti “trasportatori di ossigeno”. È infatti questa la principale funzione dei globuli rossi. Tali trasportatori di ossigeno si basano su diverse tecniche fisico-chimiche che per semplicità non descrivo, basate sull’emoglobina o emulsioni con perfluorocarbonio. Fondamentalmente hanno il compito di sostituire l’azione dei globuli rossi. Tali prodotti hanno presentato sinora importanti effetti collaterali. L’altra modalità è quella di “coltivare” le cellule madri del sangue (staminali) in laboratorio per poi infonderle nei donatori. Sempre riguardo alla possibilità di produrre globuli rossi, con questo approccio si crea una riserva “perenne” di eritrociti (globuli rossi) estremamente utile per i pazienti caratterizzati da gruppi sanguigni rari o per chi ha bisogno di trasfusioni croniche (pazienti con emoglobinopatie o anemie congenite)».

L’approccio con cellule staminali sarebbe quindi la soluzione privilegiata?

«Riguardo alla possibilità di produrre cellule del sangue (limitatamente ai globuli rossi), coltivandole in laboratorio da cellule madri (staminali), lo studio RESTORE (Inglese) ha sperimentato l’uso di eritrociti prodotti in colture cellulari da donatori umani. Questi globuli rossi “da laboratorio” (ma in realtà fisiologici) hanno anche la potenzialità di vivere più a lungo una volta donati in quanto cellule giovani, a differenza di quelle che si trovano nei donatori di sangue dove la popolazione di globuli rossi è prevalentemente “anziana”. Ad oggi sono stati testati in un piccolo numero di volontari sani. Certamente tale approccio è in grado di produrre una riserva “illimitata” di globuli rossi, quindi a mio parere, una scelta privilegiata. Tuttavia, se consideriamo la maggior parte delle richieste di sangue che necessitano in zone “scomode” (situazioni belliche, popolazioni lontano da accesso in strutture sanitarie, etc) o in caso di trasfusioni urgenti per traumi l’uso di sostituti degli eritrociti (ad esempio Erythromer) possono essere estremamente utili».

Si tratta al momento solo di studi, nessun trattamento medico con sangue artificiale è stato approvato, quindi le trasfusioni rimangono l’unico modo per salvare una vita. Quali sono le sperimentazioni in corso, chi sta investendo maggiormente in questa ricerca?

«A parte l’suo di cellule staminali progenitrici di globuli rossi, da diversi anni si cerca di sviluppare dei trasportatori di ossigeno, funzione svolta dall’emoglobina. Questa, contenuta nel globulo rosso, svolge un importante ruolo non solo nel trasporto di ossigeno (quindi nella sua captazione e rilascio) ma anche nella vaso-mobilità (dilatazione e costrizione). L’emoglobina libera è tossica per l’organismo. Il principale limite dei “trasportatori di ossigeno tramite emoglobina” (HBOCs) è che non sono in grado di evitare il rilascio dell’emoglobina libera. Alcuni anni fa è stata prodotta con metodi di nanotecnologia una membrana in grado di contenere ed isolare l’emoglobina libera, rendendo potenzialmente sicuri i HBOCs; tale prodotto, sperimentato dalla collaborazione di due scienziati americani (Doctors e Pan) ha portato alla creazione di Erythromer che utilizza l’emoglobina da donatori intrappolata in una membrana che ne impedisce la liberazione come emoglobina libera nel plasma. Il vantaggio è che essendo una membrana artificiale può essere somministrata a tutti gli individui a prescindere dal gruppo sanguigno. Infatti i nostri globuli rossi hanno delle “targhe” sulla superfice (gruppi sanguigni A, B, Ab e 0) che richiedono sangue compatibile in caso di trasfusione. A differenza del sangue (riferendoci ai globuli rossi) l’Erythromer può essere conservato ovunque ed è facilmente ricostituibile; appare infatti come polvere che può essere conservato fino a 2 anni, rispetto agli eritrociti da donatore che possono essere conservati a temperatura costante per poco più di un mese».

Il sangue artificiale risolverebbe la carenza di donazioni di sangue in Italia ma potrebbe costituire un valido aiuto per i Paesi del Terzo Mondo dove i donatori sani, non affetti da malattie infettive, quali l’AIDS, sono rari…

«Certamente e come detto precedentemente, tali approcci sono parzialmente in uso in Russia ed Africa. Al momento però nessuno è approvato in USA ed Europa».