(Adnkronos) – Domani è la Giornata mondiale del primo soccorso. In Italia ogni anno si registrano circa 60mila arresti cardiaci e si calcola che in circa il 50% dei casi chi assiste intervenga con la manovra salvavita. Episodi dove la variabile tempo è determinante, ma serve anche sapere usare i defibrillatori (Dae o Defibrillatore semiautomatico esterno) ed essere preparati alle manovre di rianimazione cardiopolmonare. “La strada da percorrere è quella di avvicinare e formare i giovani al primo soccorso perché le morti improvvise avvengono nella maggior parte dei casi tra le mura domestiche. Oggi la tecnologia ci aiuta con defibrillatori che costano come un telefonino e, visto che in ogni famiglia ce ne sono almeno un paio a testa, credo che in quelle dove c’è un soggetto a rischio sia giusto avere un Dae e saperlo usare. Magari da istallare anche nel condominio. Più giovani formiamo al primo soccorso e più vite possiamo salvare dalla morte cardiaca improvvisa”. Lo spiega all’Adnkronos Salute Massimo Grimaldi, presidente designato dell’Anmco (Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri) e direttore Cardiologia ospedale generale ‘F.Miulli’ di Acquaviva delle Fonti (Bari). Quando si parla di morti cardiache improvvise, “c’è una zona grigia – sottolinea Grimaldi – ovvero, accanto a chi ha già ha un defibrillatore automatico impiantato, c’è anche chi – appunto è in una zona grigia – non solo non ha alcuna indicazione, ma è più a rischio rispetto alla popolazione generale. P
roprio
per questo motivo occorre rendere diffusi i defibrillatori, creare una rete di soccorritori e mettere online, oggi ci sono App che lo fanno, la loro posizione”. L’Anmco “da tempo fa un’opera di sensibilizzazione e di informazione su questo tema con la Fondazione per il tuo cuore che si interfaccia con un pubblico laico”, ricorda il cardiologo. “Aumentare la formazione dei ragazzi in ambito di primo soccorso aiuterebbe nella lotta a un evento drammatico come l’arresto cardiaco che spesso è imprevedibile, non è preceduto da sintomi, e può colpire i giovani anche in buona salute e in piena attività in modo inaspettato – ricorda – L
a prevenzione passa dall’esecuzione di un Ecg che però non viene più fatto dalla medicina scolastica o nella visita di leva, oggi l’Ecg lo fa chi fa sport o ha un medico curante illuminato. Mentre – conclude – fare uno screening con un esame cardiologico non invasivo di base a tutta la popolazione potrebbe invertire decisamente la rotta”. —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)