Salute

Omicidio Sharon Verzeni. Fermato 31enne che ha confessato l’omicidio: “L’ho vista e l’ho uccisa”

Redazione 1

Omicidio Sharon Verzeni. Fermato 31enne che ha confessato l’omicidio: “L’ho vista e l’ho uccisa”

Ven, 30/08/2024 - 13:15

Condividi su:

“Ho avuto un raptus improvviso. Non so spiegare perché sia successo, l’ho vista e l’ho uccisa”. È quanto riferito da Moussa Sangare, il 31enne italiano fermato per l’omicidio di Sharon Verzeni.

L’uomo, disoccupato, è nato a Milano e residente a Suisio, pochi chilometri di distanza dal paese dell’omicidio. Il 31enne, immortalato dalle telecamere mentre si allontanava in bici dal luogo dell’omicidio, è originario di una famiglia della Costa d’Avorio ed è stato fermato nella notte dai Carabinieri, coordinati dalla Procura di Bergamo, indiziato di essere il presunto omicida.

“Stanotte al termine di serratissime indagini siamo pervenuti a identificare il signore in bicicletta che ha reso prima spontanee dichiarazioni poi, in sede di interrogatorio, ha reso una piena confessione” ha spiegato Maria Cristina Rota, procuratrice aggiunta a Bergamo, nel corso della conferenza stampa.

Il 31enne fermato con l’accusa di aver ucciso Sharon Verzeni a Terno d’Isola, in provincia di Bergamo, è, infatti, l’uomo che appare nelle immagini delle telecamere di sorveglianza mentre in bicicletta, la notte fra il 29 e il 30 luglio scorsi, si allontanava velocemente dal luogo dell’omicidio. A lungo i militari hanno lavorato sulle immagini dei sistemi di videosorveglianza per identificarlo.

Ci sono “gravi indizi di colpevolezza” nei confronti dell’italiano fermato. I carabinieri in una nota spiegano che il pm ha deciso il fermo per il rischio di reiterazione del reato e di occultamento delle prove oltre che per il pericolo di fuga. L’uomo, infatti, come affermato da Rota: “È uscito di casa con 4 coltelli e quindi gli è stata contestata la premeditazione: l’obiettivo era evidente, voleva colpire qualcuno”.

“Non c’è nessun movente religioso, né terroristico, non appartiene ad alcun movimento religioso, poteva essere la signora Verzeni o uno di noi che passavamo di lì”, ha aggiunto. “Non c’è stato alcun movente, non si conoscevano e non hanno mai avuto contatti”. La procuratrice ha spiegato che il presunto killer è “un uomo trentenne, cittadino italiano originario di un altro paese” a cui gli investigatori sono arrivati “grazie all’aiuto di due persone che erano presenti e hanno raccontato quanto avevano visto”.

“All’identificazione del fermato hanno collaborato due cittadini stranieri che si trovavano su luogo” spiega la procuratrice aggiunta a Bergamo Maria Cristina Rota aggiungendo che il presunto omicida di Sharon Verzeni aveva “delle denunce per maltrattamenti ai danni della madre e della sorella ed era andato a vivere da solo”. Le due persone che hanno collaborato alle indagini sono “cittadini stranieri di origine marocchine inseriti nel territorio, incensurati, due lavoratori, due onesti cittadini che si trovavano sul luogo del delitto e che in realtà inizialmente si sono presentati per segnalare un’altra presenza strana – ha proseguito – ma la prima segnalata non era strana e poi è stata segnalata la presenza del ciclista su cui si è lavorato”.

“Approfitto per lanciare un invito a due ragazzini di 15-16 anni nei cui confronti il presunto autore del fatto di sangue, come da lui dichiarato, prima di scegliere e individuare a caso come vittima la signora Verzeni avrebbe puntato il coltello minacciandoli. Erano presenti sulla scena del crimine e a oggi non si sono ancora presentati. Li invito a presentarsi in una caserma affinché forniscano un riscontro a quanto acquisito” ha aggiunto la procuratrice. “Ha desistito con i due ragazzini per poi incontrare Sharon Verzeni che si trovava nel posto sbagliato nel momento sbagliato”.

“Sarebbe anche un dovere” per i due ragazzi minacciati presentarsi alle forze dell’ordine, ha aggiunto la procuratrice Rota. “Se vengo minacciato per strada, posso anche ritenere di non andare a denunciare – ha spiegato – ma dopo un omicidio di questo genere riteniamo sia un dovere se erano in quell’arco temporale e nello spazio dello stesso paese”, “visto che potevano dare informazioni utili per ricostruire l’identikit” dell’omicida.

“Né durante le dichiarazioni spontanee né durante l’interrogatorio Moussa Sangare ha mai dimostrato di essere sotto l’effetto di sostanze alcoliche o di droghe” ha detto Rota. L’uomo ha detto di essere “dispiaciuto per quello che ha fatto” e a un certo punto dell’interrogatorio, iniziato ieri e concluso con il fermo alle 4 di questa mattina, “si è liberato del peso del gesto che ha compiuto”, ha aggiunto. (ANSA)

Errore, il gruppo non esiste! Controlla la tua sintassi! (ID: 159)