In un’arteria di Caltanissetta, attraversando e andando oltre la Badìa, c’è un luogo dove la cultura abbraccia i talenti e regala esperienze condivise. Si tratta di “Officine degli artisti”, un posto che un tempo era focolare caldo e accogliente, ventre di vita, e che oggi, grazie alla volontà e all’amore per la cultura di Manfredi Spagnoli è uno spazio espositivo fruibile a tutti, altrettanto confortevole e intimo. Ritornato dall’estero, il nisseno Manfredi ha rigenerato e rivalutato la casa dei suoi nonni, decidendo di investire nella sua città natale.
Ed è proprio lì, in quel luogo ospitale, che è esposta la mostra personale di Noemi Ballacchino, giovane nissena di 38 anni, insegnante d’arte, specializzata in sostegno, e con una profonda visione della vita. Dal titolo “Amor Vacui”, la mostra è stata inaugurata sabato scorso, accompagnata dalla musica della band “Frenesia”, e da un pubblico entusiasta e incantato; resterà in esposizione alla “Officine degli artisti” sino all’11 luglio.
Noemi Ballacchino incontra l’arte sin da piccolina, quasi fosse stato un appuntamento viscerale con la natura, con la vita stessa, quando si divertiva a disegnare su ritagli di pezze che gli regalava suo nonno, commerciante di stoffe, curve e linee e forme, immagini che la sua fantasia le regalava. E anche il ricettario del medico per cui lavorava, quando faceva l’assistente odontoiatrica per mantenersi gli studi, era una tela pronta da riempire con schizzi e bozzetti. Ed è stato il suo docente di arte, alle medie, a spingerla a non abbandonare quel talento, ma a coltivarlo per offrirlo al mondo. Così, Noemi frequenta il liceo artistico a San Cataldo, per poi arrivare all’Accademia di Belle Arti a Catania dove, l’istinto, la porta a scegliere l’indirizzo plastico.
Scolpire, modellare, plasmare forme, corpi, storie. È quanto le mani di Noemi muovono attraverso la scultura, cammino che le è stato ispirato principalmente da Simona Atzori, ballerina con disabilità, priva di braccia, che si è esibita anche per il Vaticano.
“Quando l’ho vista danzare – ha dichiarato Noemi, con una punta di ammirazione nel tono di voce –, non mi ero accorta che non avesse le braccia. Il suo movimento plastico era di una bellezza unica; poi, quando si è presentata e ha scostato con il capo i lunghi capelli ricci ho capito che non aveva gli arti superiori e sono rimasta incantata dalla sua forza.”
Infatti, le sculture di Noemi Ballacchino hanno gli arti superiori amputati, e, in alcune, le mani si trovano al posto dei piedi. Traduzione artistica che attenziona il tema della disabilità, non solo perché la ballerina Atzori l’ha ispirata, ma anche perché è stato lo stesso destino ad accompagnarla lungo un cammino dove la relazione d’aiuto è la colonna portante della sua arte.
Dopo l’accademia, ha conseguito un master in arteterapia – con specializzazione per il teatro terapia –, conscia che l’arte l’ha sempre salvata dai suoi dolori, dai suoi problemi, dalle sue vicissitudini, come Noemi stesso ha confessato.
“Ho capito che l’arte è un mezzo potentissimo per decodificare le emozioni e anche per conoscere la profondità di se stessi.”
Quando si è trasferita a Milano, Noemi Ballacchino ha avuto l’occasione di lavorare come insegnante di sostegno; e in quel periodo ha avuto modo di aiutare i suoi studenti attraverso l’arte: “È stato un viaggio che alla fine mi ha centrata su quella che è tutt’oggi la mia strada.”
Un viaggio, non solo quello della supplenza, ma dall’inizio del suo incontro con l’arte, che Noemi Ballacchino ha riportato nella sua mostra personale, composta da una selezione di opere in cui emerge la ricerca di vita, che parte dall’esterno per giungere all’interno. Afferma ancora Noemi Ballacchino: “La mia ricerca è iniziata dall’esterno perché cercavo di creare guardando il fuori per portarlo dentro, elaborando delle immagini, delle forme, come la storia della ballerina, e successivamente, la ricerca si è trasformata dall’interno all’esterno, dove il mio vissuto e le mie sensazioni emotive si tramutavano in opere.”
E c’è da chiedersi come mai con tutta questa passione, questo amore per la vita per l’arte, il titolo della mostra è rappresentato da una locuzione latina – Amor Vacui, appunto –, che sta a significare “Amore vuoto”?
Noemi Ballacchino racconta che il significato è doppio. Lei crede nella figura di Gesù Cristo, come uomo storico che ha portato una sorta di messaggio rivoluzionario rispetto a quello che dovrebbe essere l’uomo con gli altri; e all’interno della mostra, una delle sue opere prende il nome di “Amor Vacui” proprio perché racconta le fasi principali di Gesù Cristo, ovvero la nascita, la morte e la resurrezione.
“Racconta tutto ciò che lui ha fatto – afferma Noemi Ballacchino –, inteso come un tentativo vuoto di salvare l’uomo, perché se lui l’avesse veramente salvato non esisterebbero tante cose brutte di oggi.”
Ma la locuzione latina è stata presa in prestito anche come gioco di parole dove l’amore per il vuoto si inserisce nel concetto tecnico della scultura: “Quando si crea una scultura in argilla, si deve costruire una struttura, chiamata anima, che regge tutto il resto. Poi, la devi togliere e quando tu la levi resta il vuoto, il vuoto dell’anima e quel vuoto che c’è dentro è l’impronta dell’anima.”
Un concetto, quello del vuoto, che riprende anche la quotidianità frenetica che viviamo oggi, soprattutto nei giovani, dove si tenta a tutti i costi di riempire il tempo vuoto, si cerca sempre di far qualcosa per non restare senza far nulla. Eppure, secondo gli occhi e il cuore e l’esperienza di Noemi Ballacchino, il vuoto non è un elemento negativo; al contrario, per lei “è spazio, è qualcosa che accoglie, che fa arricchire anche gli altri, perché se io so che sei in un momento di vuoto e io entro nella tua vita e parlo con te e racconto la tua storia, quel vuoto tu lo stai riempiendo.”
E di vuoti, nella vita, Noemi Ballacchino ne ha avuti, che nei suoi quadri ritornano sotto forma di nodi e che rappresentano i dolori. Tuttavia, i suoi vuoti non rappresentano solo mancanza o negatività, ma opportunità, strumenti attraverso i quali poter evolversi, trasformarsi. Emozioni, dunque, sensazioni e stati d’animo che traduce in immagini e movimenti e colori, dove quanto sta vivendo diventa storia da narrare su tela. È l’esempio della sua opera dal titolo “Nevrosi”, dove la stessa artista ha dichiarato che l’ha realizzato graffiando la tela con le unghie, usando le mani come pennello.
Noemi Ballacchino si definisce una creativa e non un’artista, dove essere creativa significa trasformare il dolore, la morte; vuol dire tradurre in elaborazione artistica lo stato d’animo che è dentro ognuno di noi, e che si può donare agli altri, perché “nel mio lavoro c’è una grande generosità e non la pretesa di sentirmi brava.”
Ed è proprio in questa sua generosità che si nasconde il talento della giovane nissena Noemi Ballacchino, pronta a chiedersi sempre il perché delle cose e a suggerirlo anche ai suoi studenti.
E, allora, perché l’arte è così importante per lei?
“L’ arte è un mezzo potentissimo per esprimere il proprio essere, ma è anche un mezzo per avere cura di se stessi – risponde Noemi Ballacchino –. Ognuno di noi può sperimentare la strada dell’arte e soprattutto godere del durante. Viviamo sempre velocemente, guardando il fine di un percorso e facendo bilanci su cosa sia meno faticoso, mentre è indispensabile godere della strada ferma sotto i piedi, delle emozioni che proviamo e del paesaggio che viviamo nel presente. Il fine non è mai la felicità, così come non lo è il sentiero più semplice, ciò che ci fa sentire vivi, anche se difficile, è la vera ancora alla profondità e autenticità dell’Essere.”
La mostra personale “Amor Vacui” di Noemi Ballacchino è la storia di una donna che ama la vita, di un’artista che vuole mostrare al mondo la bellezza di cui si nutre; è la testimonianza di un’arte che sa offrirsi agli altri e per gli altri.
La mostra “Amor Vacui” sarà in esposizione all’Officina degli artisti sino all’11 luglio, e sarà fruibile al pubblico dalle 18:30.
Foto in copertina di Gianluca Lo Guasto.