Salute

Il senso della collettività, un valore perso a Caltanissetta

Sergio Cirlinci

Il senso della collettività, un valore perso a Caltanissetta

Sab, 29/06/2024 - 09:39

Condividi su:

“L’unione fa la forza”, non si ha certezza di quando sia nato questo proverbio, ma al di là di come, quando e perchè nacque, c’è una verità assoluta, le battaglie condotte da soli difficilmente si vincono.
Risiedere nello stesso comune vuol dire anche far parte della stessa comunità; una cosa però è farne parte, altra cosa è sentirsi parte della stessa.
Il sentirsi comunità è qualcosa che non tutti fanno propria, sentirsi ad esempio utili, importanti vicendevolmente all’interno di quella “cosa” chiamata città, nel condividerne i problemi, nel mettersi a disposizione per l’altro, nel lottare insieme, nell’essere un’unica cosa e nell’aver fiducia reciproca, certi che i problemi, certi bisogni ed obiettivi, oggi di uno, domani non si sa, potrebbero essere soddisfatti e raggiunti, prima e meglio, con l’impegno di tutti, facendo squadra.


“Ora noi o risorgiamo come squadra o cederemo un centimetro alla volta, uno schema dopo l’altro, fino alla disfatta. Siamo all’inferno adesso signori miei. Credetemi. E possiamo rimanerci, farci prendere a schiaffi, oppure aprirci la strada lottando verso la luce. Possiamo scalare le pareti dell’inferno un centimetro alla volta” Al Pacino, discorso dallo spogliatoio in “Ogni maledetta domenica”
Spesso però a rendere opinabile quello che sembrerebbe un’ovvietà, intervengono fattori diversi, trai i quali l’egoismo ed il famoso “pari mali”.
L’egoismo vien fuori quando una problematica non ci tocca direttamente e pensiamo che mai ci riguarderà, “a mi chi m’interessa”.
Il “pari mali” invece entra in gioco quando dobbiamo rivolgere la nostra attenzione, per reclamare qualcosa, a qualcuno a noi vicino, sia esso un parente, un amico o un schieramento politico.
In entrambi i casi ci si fa forti di un altro proverbio molto usato “cu avi amici, è francu di guai”.
Ma come in tutte le cose c’è sempre il famoso “ma” che frega. 
Ma siamo certi che quello che oggi non ci sfiora neanche lontanamente, domani ci vedrà invece protagonisti e che quell’amico, a cui abbiamo voluto bene, rispettato e dato fiducia, al momento del bisogno, il nostro, ricambi con lo stesso affetto e sappia aiutarci e venirci incontro ?
Ma siamo sicuri che invece quell’amicizia è, o era, soltanto legata ad un suo tornaconto, ed una volta raggiunto il suo obiettivo non ci consideri più quell’amico che si sarebbe sempre messo a nostra disposizione se ne avessi mai avuto bisogno ?
Ecco, molti ancora credono nell’amicizia, quella vera, quella basata sul puro sentimento, quella che non tradisce le aspettative e che ci fa dormire sereni, sapendo di aver sempre qualcuno su cui contare, non obbligatoriamente per risolverci un problema, ma anche semplicemente per dirci “come stai”.
Di amici del genere penso li si possa contare sulle dita di una mano.
Non a caso molte persone, che per varie vicissitudini che la vita riserva, al momento del bisogno si ritrovano sole o con accanto soltanto un paio di cari amici, ai quali quali interessi solo tu e non quel che sei o che eri.
Se invece cominciassimo a pensare che amici, non amici o semplici conoscenti, facendo gruppo, potremmo tutti insieme affrontare e risolvere quelle problematiche che oggi non ci toccano personalmente ma che domani probabilmente si, forse le cose andrebbero meglio.
Da non sottovalutare anche che agli occhi di chi decide per noi, saremmo visti ed ascoltati con più attenzione, perchè ricordiamoci sempre che è l’unione che fa la forza. Ad Maiora