Salute

Tumore al seno: approccio ‘risk adapted’ può migliorare cure mediche

Redazione

Tumore al seno: approccio ‘risk adapted’ può migliorare cure mediche

Dom, 28/04/2024 - 10:23

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È stata recentemente pubblicata sulla prestigiosa rivista della Società Americana di Oncologia Clinica – il Journal of Clinical Oncology – la posizione di alcuni dei maggiori esperti oncologi internazionali circa la necessità di modulare meglio le terapie farmacologiche per il tumore del seno.

Il tema è l’ottimizzazione dei trattamenti oncologici nelle pazienti con carcinoma mammario che, dopo terapia preoperatoria, ottengono una “risposta patologica completa”, vale a dire la scomparsa totale del tumore dal tessuto mammario e i linfonodi. Si tratta di un lavoro corale, guidato dal Professor Giuseppe Curigliano, Direttore della Divisione Sviluppo Nuovi Farmaci per Terapie Innovative dell’Istituto Europeo di Oncologia, che ha coinvolto i dottori Carmine Valenza e Dario Trapani, entrambi della Divisione Nuovi Farmaci, e tre opinion leaders globali in oncologia mammaria dell’Università di Harvard, Francoforte e Vancouver: Harold Burstein, Stephen Chia e Sibylle Loibl.

“Le pazienti con carcinoma mammario iniziale di sottotipo ‘triplo-negativo’ o ‘HER2-positivo’, vengono di solito trattate con chemioterapia preoperatoria o ‘neoadiuvante’, potenziata con l’aggiunta di immunoterapia o di farmaci a bersaglio anti-HER2. In oltre la metà dei casi, dopo la chirurgia, il patologo documenta ‘risposta patologica completa’ (pCR), che corrisponde nella maggioranza dei casi a più probabilità di guarigione, per cui la paziente riceve la stessa terapia medica della fase neoadiuvante, ma de-intensificata. Nei casi restanti invece si osserva malattia residua, quindi si tende a cambiare terapia e a intensificarla. In sintesi, i trattamenti postoperatori sono modulati solo in base alla presenza di pCR/malattia residua. Il nostro lavoro sfida questa visione dualistica.

Vi è infatti una piccola percentuale di pazienti (non più del 5%) che nonostante la pCR hanno purtroppo una recidiva della malattia e altre che, al contrario, guariscono pur avendo malattia residua al momento dell’intervento”, spiega Carmine Valenza.