“I corretti stili di vita li vogliamo insegnare a scuola”, con “almeno un’ora a settimana, come una volta si faceva con l’educazione civica”. L’obiettivo è partire “dai più piccoli, sin dalla prima elementare, per insegnargli quali sono gli stili di vita corretti da seguire, come le abitudini alimentari o quelle motorie. Proprio per questo abbiamo aperto un tavolo di discussione con i ministri Valditara, Lollobrigida e Abodi”, per introdurre gli stili di vita come materia scolastica.
Lo spiega il ministro della Salute, Orazio Schillaci, in un’intervista a ‘Il Messaggero’ in occasione della prima Giornata nazionale del Made in Italy (15 aprile). Oggi solo il 5% degli italiani segue la dieta mediterranea e questo per Schillaci “è un paradosso”. Lo è “anche solo pensare che la dieta mediterranea – che io definisco ‘italiana’ – sia lodata da tutto il mondo scientifico e poi, proprio dov’è nata e soprattutto tra le giovani generazioni, sia poco seguita”. Eppure, secondo i dati del ministero, a una stretta aderenza a questo stile alimentare si associa una riduzione complessiva della mortalità di quasi il 10%.
“A livello scientifico – ribadisce il ministro – non vi è dubbio su come la dieta mediterranea abbia un grandissimo effetto in termini di prevenzione per patologie diffuse come diabete o malattie cardiovascolari, vale a dire quelle che rappresentano in Italia la prima causa di morte. Ma aiuta anche a prevenire malattie neurologiche. Mi pare evidente che si tratti di una buona pratica da insegnare nelle scuole”.
“Aumentarne il più possibile la diffusione consente di avere persone che non solo vivono più a lungo, ma soprattutto che vivono in condizioni migliori”, precisa Schillaci. E farlo sui banchi di scuola “credo sia fondamentale – aggiunge – perché insegna ai cittadini di domani il concetto di prevenzione. E’ un investimento che aiuta nel progetto più ampio di cambiare il paradigma, perché oggi solo il 5% del Fondo sanitario nazionale viene destinato alla prevenzione, e per di più alcune Regioni neppure lo spendono. Bisogna cambiare – ripete il ministro – perché investire in prevenzione significa anche avere un sistema sanitario sostenibile”.