(Adnkronos) – Quali sono i drivers lavorativi e i valori che accomunano e distinguono i bisogni delle diverse generazioni? Quali gli ostacoli lavorativi di cui gli individui fanno esperienza in base alle loro caratteristiche demografiche? In che modo le persone di generazioni diverse entrano in relazione tra di loro al di là dei loro ruoli formali in azienda? Ma soprattutto, in che modo le aziende stanno lavorando sulla diversità, equità e inclusione (Dei) tra le generazioni? Queste le domande che hanno guidato la ricerca 'Oltre le generazioni. Esperienze, relazioni, lavoro', realizzata dal Centro Studi di Valore D, in collaborazione con Behave Lab dell’Università degli studi di Milano, e presentata oggi, martedì 12 marzo, alla Camera dei deputati, in un evento organizzato sotto l’egida di Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera dei deputati. Lo studio ha coinvolto oltre 18.000 lavoratori e lavoratrici del network delle aziende associate Valore D ed è andato a indagare la realtà delle 4 generazioni attualmente attive nel mercato del lavoro: Baby Boomers (BB), Gen X, Millennials e Gen Z restituendo un’eterogeneità di prospettive. Lo scopo del progetto è delineare non solo 'quanta' e 'quale' diversità̀ generazionale è presente nelle imprese italiane, ma anche comprendere le differenze e i punti di contatto tra le generazioni per coinvolgere le organizzazioni in azioni di inclusione e valorizzazione più̀ efficaci. La ricerca ci restituisce il punto di vista di una popolazione quasi esclusivamente nata e cresciuta in Italia in cui le nuove generazioni (GenZ e Millenial) sono maggiormente multiculturali, più formate accademicamente e con più esperienze di studio e lavoro e all’estero rispetto alle generazioni più senior. Nonostante ciò, i giovani vivono una condizione di forte precarietà contrattuale e vulnerabilità rispetto alle generazioni BB e Gen X. I giovani entrano nel mondo del lavoro portando una prospettiva diversa che si contraddistingue per il desiderio di coltivare altre dimensioni della vita personale, come la famiglia, gli amici e il tempo libero. Nella vita dei Gen Z il lavoro perde centralità. Questo non significa che il lavoro non sia rilevante, ma che è uno degli aspetti da coltivare, insieme a famiglia, salute, amici, hobby e tempo libero: si tratta di uno spostamento valoriale importante, indicativo di un cambiamento culturale sostanziale che ha un impatto sulle scelte di carriera. Le donne, in particolare quelle delle Generazioni Z e Millennial, attribuiscono maggiore importanza al lavoro rispetto agli uomini. Smentendo quindi lo stereotipo che vuole gli uomini nel ruolo di 'breadwinner', le donne si rivelano delle vere e proprie 'equilibriste' che, per affermarsi nella sfera lavorativa senza rinunciare alla sfera familiare, sottraggono tempo al proprio benessere. Copertura sanitaria e stabilità contrattuale sono in cima alla classifica dei driver più importanti per i più senior mentre nei Millenial e nei Gen Z prevale un aspetto esplorativo e l’importanza del worklife balance. Per le giovani generazioni la possibilità di ottenere congedi è un driver importante e chiedono sempre di più un riconoscimento della genitorialità che vada oltre gli stereotipi di genere e che consideri responsabilità e diritti di entrambi i genitori ed eviti ripercussioni negative, in particolare sulla carriera delle donne. Viaggiare e prestigio sociale sono in fondo alla classifica, considerati driver meno importanti per tutte e 4 le generazioni. La motivazione a lavorare sulle proprie competenze accomuna tutte le generazioni ed emerge soprattutto nella Generazione Z. il miglioramento e l’ampliamento delle competenze (upskilling) emerge in particolare nella Generazione Z che si rivela ambiziosa e desiderosa di apprendere di più e meglio in funzione di una crescita personale e aziendale (molto importante per l’80%). Acquisire nuove competenze (reskilling) è una richiesta sentita da un Baby Boomer su tre, consapevoli dell’importanza di apprendere nuove competenze in ambiti lavorativi diversi da quelli ricoperti al momento per rispondere alle richieste di un mercato del lavoro che cambia. Flessibilità e smart working emergono come modalità lavorative cruciali per tutte le 4 generazioni e vengono richieste in percentuali simili sia dalle donne che dagli uomini. Implementare forme di lavoro sostenibile è un driver necessario al benessere perché consente di bilanciare lavoro e vita privata, un’esigenza che non appartiene solo ai giovani. Lo studio rileva una difficoltà nel gestire e valorizzare l’esperienza dei più senior e l'innovazione/competenze dei più junior e soprattutto di come farle interagire. In particolare i BB si sentono poco valorizzati ed esclusi dalla vita aziendale, nonostante persista la voglia di contribuire attivamente e di trasmettere il proprio know-how alle nuove generazioni. Pur mantenendo un certo grado di autorevolezza tra i colleghi in molti si percepiscono in un limbo di prepensionamento – uno spreco di capitale umano, particolarmente tra coloro che hanno ancora diversi anni da trascorrere in azienda. Analogamente, anche la Generazione Z si trova in un’altra zona d’ombra della vita aziendale, a cavallo tra l’ingresso in azienda e la piena partecipazione e il riconoscimento nell’organizzazione. È la generazione che si sente meno ascoltata: quasi una persona su due (47,8%), in questo gruppo, percepisce la propria età come un ostacolo nel far valere le proprie opinioni con gli altri colleghi e responsabili. I Millennials sono potenzialmente nella loro golden age nell’attuale mercato del lavoro, anche se 1 su 3 vede l’età come un ostacolo per ottenere una promozione e 1 su 4 riscontra difficoltà dovute all’età nello sviluppo professionale e personale. I dati della survey mostrano un contesto aziendale ricettivo caratterizzato da una maggiore consapevolezza dei bisogni degli individui di diversa età e in cui è in atto un cambiamento per lavorare sul concetto di diversità, equità e inclusione implementando azioni o politiche a favore della Dei generazionale. È interessante infine notare come tra gli specialisti Hr e Dei emerga una messa in discussione del termine 'talento' come sinonimo di giovane età. Le parole maggiormente per descrivere il talento in azienda (entusiasmo, curiosità, capacità di adattamento, brillantezza, buona volontà – tra le altre) sono infatti tratti senza limiti anagrafici. Le aziende sono quindi chiamate ad ampliare il target di partecipazione a iniziative di talent development a tutta la popolazione aziendale in modo da valorizzare tutte le generazioni e non solo i 'giovani talenti'. —lavorowebinfo@adnkronos.com (Web Info)