A 70 anni, 26 anni dopo la sua cattura in un bunker a Casal di Principe dove era con la moglie Giuseppina Nappa e le figlie, il capo dei Casalesi, Francesco Schiavone, noto con il soprannome di Sandokan, ha iniziato a collaborare con la giustizia.
Il pentimento del boss, anticipato da un quotidiano locale, Cronache di Caserta, e’ confermato all’AGI da fonti degli inquirenti. Uomini delle forze dell’ordine avrebbero gia’ proposto a parenti del capoclan di entrare nel programma di protezione. Francesco Schiavone, negli anni ’80, e’ diventato il capo assoluto di una delle organizzazioni criminali campane piu’ potenti economicamente e militarmente, con interessi ramificati in molte regioni.
La sua ‘carriera’ inizia come autista del boss Umberto Ammaturo e con un arresto nel 1972 appena 18enne, per detenzione e porto di arma da fuoco, ma ben presto e’ stato uno dei protagonisti della guerra di camorra nel Casertano, diventando prima un affiliato al gruppo di Antonio Bardellino e Mario Iovine, leader nella Nuova Famiglia in lotta con la Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo, e poi il capo della faida interna che fece leva su Iovine (cui era stato ucciso il fratello Domenico per ordine di Bardellino) per eliminare il capoclan in Brasile nel 1988, prendendo subito dopo il controllo dei Casalesi.
Con Schiavone, inoltre, inizia l’infiltrazione del clan in diversi settori dell’economia legale e nella politica. Le sue rivelazioni potrebbero aiutare gli inquirenti non solo a ricostruire un pezzo di storia della camorra, individuando mandanti e autori di omicidi e agguati, ma anche a capire gli assetti attuali dei Casalesi.
Schiavone ha avuto diverse condanne, anche per omicidio, la piu’ nota delle quali all’ergastolo al termine del celebre processo Spartacus, ed e’ al regime di 41 bis, confermato nel gennaio 2018 dalla Cassazione che ha rispinto una istanza di revoca presentata dai suoi legali.