Nel 2007 l’ONU istituì la Giornata mondiale per la consapevolezza sull’autismo, con lo scopo di accendere i riflettori sui diritti ed i bisogni delle persone autistiche e delle loro famiglie.
Ogni anno, il 2 aprile il mondo si tinge di blu. Palazzi istituzionali, scuole, mezzi di comunicazione, centri ed enti del terzo settore. Poi nel resto dell’ anno invece, si sviluppa la vita vera. Da tempo ormai si sente sempre più spesso parlare di INCLUSIONE. L’inclusione prevede che tutti ma proprio tutti, abbiano la possibilità di raggiungere la migliore qualità di vita possibile, avendo la possibilità di esprimersi con i mezzi che più gli si addicono. Non è certo un “favore” che si fa a qualcuno, perché questo prevederebbe già una diversità.
Per le persone con disabilità e le persone autistiche, nella nostra società, è davvero così? L’autismo è un disturbo del neurosviluppo molto complesso, la cui diagnosi viene formulata sulla base di criteri comportamentali. Può essere inoltre accompagnato o meno da ritardo cognitivo.
Il primo punto sul quale focalizzarsi, sono le persone che con l’autismo lavorano. In questa sede, i professionisti non possono avere un’infarinatura del disturbo. DEVONO conoscerlo. Perché se una cosa la conosci, sai anche come affrontarla, quali sono gli strumenti che promuovono lo sviluppo di abilità ed il superamento delle difficoltà. Se la conosci non interpreti in modo sbagliato le sue caratteristiche, e di conseguenza non ne intacchi la struttura. Chi lavora con l’autismo e con la disabilità, DEVE scegliere questo mestiere consapevole di avere a che fare con uno dei mestieri più difficili. Dal punto di vista professionale e umano. Nei vari cicli di TFA, per esempio, dovrebbero introdurre anche dei test psico attitudinali, perché troppo spesso questo mestiere viene considerato, da tante persone, come “traghetto” per altro o come il nuovo posto fisso. Così come avviene altrove,a volte, nei settori extra scolastici.
Un altro aspetto importante sono le famiglie. Spesso lavorare con la disabilità, viene inteso come lavorare con il singolo. Sbagliato. Tutti noi siamo il frutto di un “sistema “. I genitori vanno accompagnati dalla diagnosi lungo tutto il ciclo di vita dei figli. Andrebbero promossi percorsi di Parent Training al fine di supportarli nella scoperta delle risorse personali e di una visione “resiliente” della propria persona, nella conoscenza di quello che li accompagnerà per tutta la vita e delle relative strategie di intervento. Tutto per seguire un progetto comune .
Questi genitori hanno inoltre una paura legittima ed un pensiero costante, che è: “cosa farà mio figlio quando io non ci sarò più?”. E allora forse, sarebbe opportuno illuminare un po’ meno i palazzi di blu e rilasciare meno interviste. Il “Durante e Dopo di Noi “ è un’ urgenza, non più una priorità. Un elogio è doveroso per tutti quegli enti del Terzo Settore, i professionisti del sociale, quelli scolastici, che ogni giorno spendono parte della propria vita per creare delle prospettive e per rendere queste persone autonome. La politica non deve “urlare” solo in campagna elettorale, deve farlo anche dopo. Le buone intenzioni a volte non bastano, servono anche i mezzi per supportare progetti di grande portata.
E allora ha senso andare in scena un giorno all’anno se negli altri,la realtà è ben diversa? Riflettiamo, discutiamo e mettiamoci all’opera. Ciascuno con le proprie possibilità. Tutto funziona quando si inizia a ragionare con la logica del “NOI”. Che questa luce blu e tutti questi puzzle (altro simbolo), ci accompagnino per tutto l’anno. SUL SERIO.
Jessica Napoli
Educatrice professionale SPG E Asacom presso l’Istituto Comprensivo “Lombardo Radice “ di Caltanissetta