Una scioccante avventura è capitata oggi a una signora nissena, vittima di una sgradevole e angosciante tentata frode telefonica finita bene soltanto per una fortuita coincidenza di eventi.
Oggi, verso le 13,30 il suo telefono fisso ha iniziato a squillare. Dall’altro capo una voce maschile si è identificata come il maresciallo dei Carabinieri Ugo Russo e da quel momento la vicenda ha iniziato a ingarbugliarsi con una serie di fatti e racconti al limite del verosimile descritti con coerenza e convinzione che, presi alla sprovvista e senza dare la possibilità di riflettere con calma, hanno fatto cadere la vittima nella rete del tranello.
“L’uomo ha raccontato che mio marito (del quale conosceva nome e cognome) mentre si trovava in strada con la sua auto aveva investito una quattordicenne. La ragazza, in seguito all’incidente, aveva riportato ferite molto gravi presumibilmente alla colonna vertebrale ed era stata portata subito in ospedale per un intervento d’urgenza del quale ancora non si conosceva l’esito. Nel frattempo mio marito era stato portato alla Caserma dei Carabinieri del Viale Regina Margherita e detenuto in custodia cautelare in attesa di un procedimento penale d’urgenza che si sarebbe tenuto nel pomeriggio stesso.
Io, essendo una madre mi sono immedesimata subito nel dramma vissuto da questa famiglia e sono rimasta particolarmente sconvolta, non ho messo in dubbio le informazioni che ho ricevuto, soprattutto perché ricche di particolari e informazioni che legittimavano la versione dei fatti.
Nel contempo ero angosciata per quanto stava vivendo mio marito e al suo stato d’animo sicuramente tormentato perché consapevole di essere stato l’artefice di una tragedia che poteva aver segnato irreparabilmente la vita di un’adolescente e della sua famiglia. Immaginavo il suo volto, incupito dal dolore mentre si trovava in custodia cautelare senza poter parlare con nessuno se non con il suo avvocato. Ed è anche per mettermi in contatto con questo professionista che il maresciallo mi aveva chiamato. Non ho esitato a dare il mio numero di telefono e, mentre continuavo a parlare con il militare, il mio cellulare ha iniziato a suonare”.
Un numero sconosciuto e non visibile ma al quale il Carabiniere ha invitato a rispondere. L’avvocato ha spiegato di aver parlato con il marito della signora, che la situazione era grave ma che sarebbe stato possibile non peggiorare la situazione con un provvedimento d’urgenza e un patteggiamento con la famiglia.
“Mi ha dato pure l’importo da versare con un bonifico immediato. 4900 euro e io, in quel momento, ho pensato pure fosse assurdo che a intervento non concluso e con una prognosi ancora riservata si potesse chiudere la questione in modo così veloce e indolore. Una vita di una giovane ragazza valeva veramente così poco? Ma l’uomo proseguiva con l’urgenza di pagar subito alla famiglia della vittima – della quale ha citato pure il cognome “Bell’Utri” per dare maggiore legittimità alla vicenda – e ha iniziato a dettarmi i numeri dell’IBAN. Per un caso fortuito in quel momento mio marito ha chiamato al mio cellulare facendomi segnalare sul display l’avviso di chiamata. Io ero così felice che avesse avuto il permesso di telefonare dalla guardiola dalla quale era rinchiuso in una sorta di isolamento che ho detto al carabiniere al telefono fisso e all’avvocato al cellulare di restare in attesa. Ho provato un’immensa gioia e un senso di conforto quando ho scoperto che non era successo nulla di quanto appena raccontato. Dopo essermi calmata, però, a prevalere è stata la rabbia di essere stata vittima di una truffa così crudele che minava sui miei sentimenti senza nemmeno sapere se io fossi una persona cardiopatica o sensibile alle emozioni.
In un secondo momento – ha proseguito la donna – ho capito che alcuni particolari non erano molto chiari o potevano dare adito a dubbi ma tutta la vicenda, sul momento, sembrava credibile e la paura che mio marito potesse aver investito una giovane ragazza e che questa fosse sotto i ferri in sala operatoria mi ha sconvolto al punto tale da non riuscire a ragionare con calma”.
Anche la loro strategia di bloccare entrambi i telefoni (fisso e mobile) per isolarla dal mondo esterno era una tattica ben architettata ma in quel momento la voce di chi si era identificato come un rappresentante delle forze dell’ordine istigava una sensazione di sicurezza.
La frode, in questo caso, non sarebbe comunque andata a buon fine poiché la signora, prima di procedere con il bonifico, si sarebbe interrogata sulla vicenda, avrebbe chiesto un parere ai figli o un familiare. “Se non avessi avuto a chi rivolgermi, se fossi stata più impulsiva, se avessi avuto l’accesso al canale di pagamenti online tramite computer o app, probabilmente avrei pagato. Tutto e subito”.
Ed è proprio a questa fascia di persone che i malviventi cercano di individuare utilizzando alcune informazioni trovate sul web e sfruttando ad arte ciò che la persona lascia intendere.
Non pagando non esiste reato e, dunque, difficile andare a individuare chi ha chiamato e poterlo fermare.
La protagonista non è una persona anziana ma un’insegnante, donna colta e ben consapevole dei rischi che possono arrivare dall’esterno da chi finge di essere qualcun altro per proprio tornaconto. Eppure, nonostante le numerose lezioni tenute ai propri alunni sul tema e le campagne di sensibilizzazione che periodicamente la Polizia porta anche dentro le scuole, anche lei è diventata una vittima.
“Ho voluto raccontare la mia storia – ha concluso – per sensibilizzare le persone e avvertire che i rischi dei reati telefonici sono sempre dietro l’angolo e tutti possono subirli a prescindere dalla condizione sociale, professionale o dall’età anagrafica. Prima di agire, in qualunque caso, è sempre bene confrontarsi con qualcuno di cui ci si fida e capire come intervenire”.
Un buon consiglio di cui far sempre tesoro.