Salute

Legato a bassa istruzione il 25% delle morti da tumore in Italia

Redazione

Legato a bassa istruzione il 25% delle morti da tumore in Italia

Ven, 02/02/2024 - 11:05

Condividi su:

Non solo farmaci e strutture di eccellenza. Anche il grado di istruzione ha un peso nel percorso di cura di un paziente oncologico. In Italia circa un quarto delle morti per cancro è infatti riconducibile a bassi livelli di istruzione. Quasi 30mila (29.727) decessi oncologici nel 2019 nel nostro Paese, nella popolazione fra 30 e 84 anni, sono correlabili alla scarsa scolarità (22.271 morti negli uomini e 7456 nelle donne), come evidenziato in uno studio pubblicato sul Journal of Public Health.

Tra i determinanti socioeconomici in grado di influire sulla mortalità da cancro rientra pertanto il livello del ciclo di studi, che spesso condiziona anche la successiva capacità di reddito. Ad accendere un faro su questo aspetto – in vista della Giornata Mondiale contro il Cancro che si celebra il 4 febbraio – è il Convegno nazionale ‘Close the Care Gap’, promosso dall’Istituto Superiore di Sanità, Aiom (Associazione Italiana di Oncologia Medica) e Fondazione Aiom, con l’intervento di Rocco Bellantone, Presidente dell’Iss.

Va inoltre anche considerando che una diagnosi di cancro può causare ulteriori difficoltà economiche nei pazienti. È la cosiddetta tossicità finanziaria, che colpisce il 26% delle persone con neoplasia ed è legata a diversi fattori, tra cui i costi che i malati devono sostenere per recarsi nei luoghi di cura. Basti pensare che, nel 2022, quasi 28mila pazienti oncologici hanno cambiato Regione per curarsi, in particolare per un intervento chirurgico.

Nel 2023, in Italia, sono state stimate 395.000 nuove diagnosi di tumore. “Le persone con un alto livello di istruzione – afferma Saverio Cinieri, presidente Fondazione Aiom – dispongono di più strumenti per comprendere l’importanza della prevenzione. Da qui il tasso di mortalità per cancro più elevato nei cittadini meno istruiti. È necessario potenziare le azioni volte a diffondere uno stile di vita sano e attivo in tutte le età”.

La sedentarietà, ad esempio, “disegna un gradiente sociale a svantaggio delle persone con maggiori problemi economici o bassa istruzione, fra le quali raggiunge il 43% rispetto al 25% dei cittadini che non vivono questa condizione. E l’obesità è pari al 17% fra gli individui con svantaggio sociale rispetto al 9% di chi non ne riferisce”.

E nel 2022, conclude Cinieri, “la prevalenza del fumo fra le persone con molte difficoltà economiche era pari al 37%, mentre fra chi non ha problemi finanziari la quota di fumatori è scesa dal 27% al 22% fra il 2008 e il 2022”. “La tossicità finanziaria interessa anche i pazienti di sistemi sanitari universalistici come il nostro – spiega Francesco Perrone, Presidente Aiom -. Abbiamo già dimostrato, in uno studio su 3.760 cittadini con tumore in Italia, che al momento della diagnosi il 26% deve affrontare problemi di natura economica e il 22,5% peggiora questa condizione di disagio durante il trattamento. Questi ultimi pazienti, inoltre, hanno un rischio di morte nei mesi e anni successivi del 20% più alto”.

Alla luce di questi dati, ha affermato Perrone, “ci siamo chiesti quali fossero le cause. Da qui il questionario Proffit (Patient Reported Outcome for Fighting Financial Toxicity), composto da 16 affermazioni sui cui i pazienti sono chiamati a esprimere o meno il loro assenso”. E’ emerso che alcune spese, spiega, “riguardano il ricorso alla sanità privata. Altre toccano farmaci supplementari o integratori, oppure trattamenti aggiuntivi utili, ad esempio la fisioterapia che è difficile praticare nel sistema pubblico. Poi c’è la logistica: la distanza tra la casa e il luogo dove si ricevono le cure e le spese di trasporto da sostenere. Insomma, una serie di determinanti, sui quali vogliamo sensibilizzare i decisori politici e gli amministratori, che possono mettere in campo politiche di cambiamento”.

Proffit è a disposizione della comunità scientifica ed è stato validato in lingua inglese per la sua applicazione anche nel Regno Unito, perché, conclude, “è utile in tutti i contesti con un sistema sanitario pubblico”.