Salute

“Ceto medio e rischio povertà”. La crisi economica sta indebolendo il “pilastro” della società italiana

Sergio Cirlinci

“Ceto medio e rischio povertà”. La crisi economica sta indebolendo il “pilastro” della società italiana

Gio, 29/02/2024 - 16:23

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“Noi che sognavamo i giorni di domani…per crescere” così cantava Baglioni nel film “Gli anni più belli” di Muccino.
Dal 1960 al 1990 in Italia far parte del ceto medio era sinonimo di stare economicamente bene, di aver raggiunto quella fascia sociale che si poteva permettere la macchina nuova, la vacanza la mare, un mese, qualche viaggio, l’acquisto di una casa e magari di un pezzetto di terra dove andare a fare scampagnate e la domenica l’immancabile pranzo al ristorante, nonostante spesso la famiglia media era monoreddito.
Qualcuno obietterà dicendo che comunque anche oggi i ristoranti sono pieni, la auto si vendono, così come si va in vacanza.
Verissimo, ma sono anche pieni gli uffici delle finanziarie, che sempre più spesso bocciano pratiche di credito e aumenta anche il numero degli iscritti al Crif, Centrale Rischi di Intermediazione Finanziaria.
Dati economici ci dicono che oggi cresce la povertà e a pagarne il prezzo più alto è appunto il ceto medio.
Aumenta anche la disuguaglianza sociale dove i poveri sono ancora più poveri e il ceto medio, pilastro importante dell’economia, sta invertendo il percorso degli anni passati, dove invece le classi più povere ed il proletariato crescevano economicamente per diventare media borghesia.
La crisi economica sta innegabilmente indebolendo il ceto medio ed una simile trasformazione sociale può avere conseguenze significative anche sul piano civile, nei più diversi contesti e con le varie sfaccettature.
Crisi dovuta all’inflazione, al rallentamento della produzione industriale nazionale e mondiale, con il conseguente calo del mercato del lavoro.


Da non dimenticare che veniamo fuori da una Pandemia che ha costretto molti Stati a ricorrere a misure straordinarie per sostenere famiglie ed imprese, anche se questa tendenza la si evidenziava anche prima.
Finita la crisi pandemica, si sperava in una ripartenza dell’economia, ma sono cominciate, meglio continuate, le guerre, che direttamente o indirettamente la stanno ostacolando.
Se all’impoverimento della classe media aggiungiamo quelli che poveri lo erano già, è difficile pensare che la politica non ne risenta e che dovrà mettere in campo azioni concrete volte ad invertire questa tendenza.
Il cero medio ha sempre giocato un ruolo rilevante nella società, la cosiddetta piccola e media borghesia è stata una fabbrica di protagonisti in vari settori, dall’imprenditoria, alla scienza e alla cultura, nonché alla politica.
Sarebbe un grosso danno per l’intera società, se non venissero più fuori questi protagonisti, perchè magari ai figli non si possono garantire gli studi o semplicemente perchè non si hanno i soldi per intraprendere nuove attività.
Sarebbe anche un pericolo per la democrazia, quella aperta a tutti.
Chi non riesce a sbarcare il lunario difficilmente troverebbe voglia e denari per dedicarsi alla politica, che tornerebbe ad essere ad appannaggio dei benestanti e di chi, avendo interessi “diversi”, sovvenzionerebbe certi personaggi, gli “impresentabili”.
Il rischio è quello di tornare agli anni cinquanta, dove ad esempio a Napoli l’imprenditore Achille Lauro prima delle elezioni regalava scarpe alle tante famiglie povere.
Usava però uno stratagemma per essere sicuro di ottenere il loro voto.
Prima delle elezioni regalava solo la scarpa destra e, solo in caso di vittoria, consegnava anche la sinistra.
Nel 2024 al solo leggere questa storia vien da ridere, ma non c’è proprio tanto da ridere se pensiamo che in occasione delle campagne elettorali, in certi ambienti, non si regaleranno magari prima scarpe destre e poi le sinistre, ma ad alcune famiglie si fa la spesa o si pagano le bollette, iniziative lodevoli, ma che stranamente vengono fatte solo in quel periodo, per non parlare poi delle promesse, spesso vane.
Questa platea di bisognosi prima era molto più piccola, adesso aggiungendo anche la crisi del lavoro, la platea si amplia ed il pericolo della perdita della libertà di voto non può che aumentare.
Ciò crea un circuito malato tra elettori ed eletti, i primi che non votano liberamente ed i secondi che approfittano dei bisogni di chi in quel momento vede nel politico l’unica speranza di salvezza.
La riduzione della povertà non va combattuta solo con sussidi e finanziamenti a pioggia, servono politiche del lavoro e persone giuste al posto giusto, per evitare anche che fondi, come quelli del PNRR, non vengono persi o impiegati male nella realizzazione di cattedrali nel deserto, utili solo al politico di turno ed al suo cerchio magico, ma della cui realizzazione la collettività non ne trae alcun vantaggio.
Servono politiche sociali di sostegno sia per i vecchi che per i nuovi poveri, che siano in grado di difendere i diritti come, lavoro, non precario, salute e studio, secondo i dettami della nostra Costituzione, che consentirebbe di resistere alle illusorie promesse di chi le fa in campagna elettorale, sapendo spesso di non poterle poi mantenere.
L’augurio è che tornino nuovamente “Gli anni più belli”.
Ad Maiora