Cultura

“Biangardi, la creazione più bella”, cortometraggio del talentuoso regista nisseno Salvatore Riggi: il 21 marzo la prima nazionale

Monta l’attesa per la prima nazionale del cortometraggio “Biangardi, la creazione più bella”, scritto e diretto dal talentuoso regista nisseno, Salvatore Riggi. L’imperdibile appuntamento, fissato per il 21 marzo, ore 20, Teatro Margherita di Caltanissetta, ha già registrato il sold-out.

Sarà possibile, comunque, vedere il cortometraggio anche il venerdì 22 e sabato 23 marzo: in calendario due distinti orari di proiezione, alle ore 18 e poi alle 19.15. Ingresso gratuito ma con prenotazione obbligatoria ai numeri 389-3127865, 393-1749539, 320-6019800 oppure tramite la piattaforma https://biangardi.eventbrite.com/

L’Opera ci catapulta nella storia di Francesco Biangardi e del figlio Vincenzo che crearono le Vare, segno distintivo della Settimana Santa nissena e patrimonio indiscusso, artistico, identitario e cultura di Caltanissetta. Il cortometraggio è patrocinato dalla Fondazione Federico II di Palermo e dal comune di Caltanissetta.

Il rapporto genitore-figlio è interpretato da Salvatore e da suo padre Giuseppe. Un miscuglio di emozioni che vogliamo provare a raccontare, a spiegare, a …svelare.

Salvatore Riggi chiarisce: “Prima di ogni cosa devo fare una precisazione senza la quale ogni mia parola sembrerebbe banale: Io ho “rubato” il Teatro di mio padre. Ho cominciato con lui sul palco dell’Oratorio Sacro Cuore. Avevo 4 anni. Oggi è la mia professione e mi porta anche a felici collaborazioni con personaggi noti di teatro, cinema e televisione; ma so che tutto ciò non sarebbe accaduto senza mio padre, che osservavo e studiavo fin da piccolo, dietro le quinte e sul palco. Per questo motivo posso vantare un gran numero di lavori svolti con mio padre sul palco e in regia. Insieme gestiamo parte delle regie della Scinnenza di Caltanissetta ormai da più di 10 anni. Parlavamo da tanto tempo di poter fare insieme qualcosa di cinematografico, ma vuoi per il tempo, vuoi per impegni di lavoro, per ben tre anni non riusciamo ad incastrarci. Così un giorno, stavo per entrare in scena per il secondo atto di una mia commedia diretta da Pietro De Silva a Roma, mi arriva una telefonata. Mio padre mi propone: “Ma i Biangardi?”. Non so spiegare cosa è accaduto dentro di me in quel momento. Ho visto l’intero cortometraggio in testa flash dopo flash. Come prima cosa ho chiamato l’amico Michele Pecoraro per la sua maestria con la camera ed approfondendo poi la tematica e i personaggi nei loro dettagli storici, chiedo l’aiuto di un amico fraterno, Francesco Miceli, fine conoscitore dei due scultori e delle sue opere. Scopro dunque che io e mio padre abbiamo la stessa età di Francesco e Vincenzo, e che i libri parlando del giovane Biangardi come di chi ha imparato un’arte dal padre e l’ha ampliata, migliorata. Era meraviglioso scoprire che il Giovedì Santo noi nisseni celebriamo la potenza creativa giovanile tramite le Vare. Una potenza che non nasconde il vecchio, ma lo migliora, lo esalta. Pensavo fosse giusto e bello poter raccontare questo messaggio tramite il cortometraggio”.

Salvatore ha diretto, in questo cortometraggio, oltre che suo padre Giuseppe, sua madre, ed anche suo fratello Pierpaolo e sua sorella Aurora. Una direzione “inconsueta”, dirigere la propria famiglia è un’emozione unica: “È un tipo di emozione strana. Il cortometraggio non era nato per la città, doveva essere un prodotto fatto bene ma comunque “privato”. Quindi non ho sentito da subito il peso dell’aspettativa del pubblico. Ero tranquillo perché i miei attori erano bravi. Tra gli altri c’era mia madre, c’era mio fratello Pierpaolo, che ha la stoffa, mia sorella Aurora (8 anni) neanche a parlarne. Spontanea, genuina, bellissima. Anche in altri progetti li ho coinvolti, ovviamente per il loro talento, mai per la parentela. Nonostante il legame di sangue, voglio sempre lasciare separate le scelte lavorative da quelle emotive. L’emozione è nata nel durante. Rivedevo le scene, le location, la mia squadra. Stavo iniziando a capire che il progetto non poteva essere soltanto nostro, ma doveva essere regalato all’intera città. (In questo devo dire che è stato fondamentale il supporto del Comune nella persona del Sindaco Gambino, del Presidente Magrì, della Vicesindaco Giammusso e dell’Assessore Caracausi che insieme alla Fondazione Federico II di Palermo sono stati pilastri fondamentali dell’intero progetto). Ma la cosa che mi emozionava di più erano i parallelismi. Un figlio che apprende l’arte dal padre, che elabora le idee paterne e le amplia. Un’unione artistica che può creare solo Bellezza senza riserva alcuna. Parlavo di Francesco e Vincenzo, ma in realtà senza accorgermene stavo parlando anche di me e mio padre. Stavo girando attorno al significato più vero e profondo della parola “tradizione”, e l’ho fatto senza rendermene conto. Sapere di aver fatto tutto questo nel mezzo delle mie radici mi ha rallegrato e dato speranza. Mi sono sentito ancora e sempre figlio, fratello, amico e Nisseno. Noi apparteniamo a questa storia, che dopo 150 anni è capace di comunicare ancora messaggi nuovi e freschi. In una città che viene accusata di far scappare i giovani, ritengo essenziale raccontare come un giovane ha fatto grande la città con l’aiuto del padre”.

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