Si sentono vittime di una grave discriminazione i professionisti aderenti ad Apei (Associazione Pedagogisti Educatori Italiani). In Sicilia sono quasi quattrocento. Al momento la loro figura professionale non viene annoverata tra quelle stabilizzabili dalla Sanità pubblica. A differenza degli Educatori professionali socio-sanitari che, al contrario, pur appartenendo formalmente alla loro stessa categoria, si stanno vedendo regolarmente riconoscere il diritto al lavoro.
Solo un’Asp in Sicilia, quella di Caltanissetta, si è adeguata, garantendo assunzioni, sebbene a tempo determinato, ad alcuni pedagogisti che facevano parte di una graduatoria. “Eppure – dice Ida Aiello – l’assessore alla Salute Giovanna Volo ha firmato un atto di indirizzo che dispone un riconoscimento da parte della Asp nei confronti della nostra categoria, anche nell’ottica di rispettare gli stessi Lea (Livelli essenziali di assistenza)”. Situazione complicata per i pedagogisti anche nel resto d’Italia, dove le norme vigenti, che apparentemente li tutelano, non riescono a garantirli. Si fa così ricorso alla giurisprudenza.
“In Campania – aggiunge Aiello – due sentenze del Tar hanno riconosciuto agli educatori professionali socio-pedagogici la possibilità di essere assunti o stabilizzati nelle Asl di quella regione. Ma la soluzione al nostro problema non può essere affrontata in questo modo”. Operatori i quali evidenziano che il loro ruolo agisce nel campo della prevenzione, soprattutto a beneficio dei soggetti più fragili e vulnerabili. “Durante il Covid – dice Giuseppe Graziano – si è visto come siamo stati preziosi per l’intero sistema. Perché noi interveniamo per promuovere la persona, evitando che la gente abbia bisogno di essere ‘riparata’, e questo concetto è alla base della stessa legge che ha istituito la legge sul Servizio sanitario nazionale. Oggi siamo siamo lasciati per strada, ed è una disparità di trattamento ingiusta”