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Torna l’incubo a Gaza, bombe di Israele sulla Striscia, in Siria e in Libano

Almeno 193 palestinesi sono stati uccisi e 650 feriti a Gaza da quando la tregua tra Hamas e Israele è terminata venerdì mattina, ha dichiarato oggi un portavoce del ministero della Sanità di Gaza, gestito da Hamas, scrive Haaretz. In un primo momento, il ministero aveva diffuso la cifra di 240 morti. 

Nella notte, Israele ha anche colpito una base di Hezbollah in Siria, a sud di Damasco. L’esercito israeliano ha dichiarato di aver “colpito terroristi e infrastrutture di Hamas“. In una nota, ha affermato che i suoi jet da combattimento hanno colpito “più di 50 obiettivi nella regione di Khan Younis“, nel sud del territorio palestinese; secondo i media palestinesi sono state distrutte tre moschee.

L’esercito israeliano ha inviato messaggi di testo ai residenti di diverse aree ordinando loro di “andarsene immediatamente”. Il fuoco dell’artiglieria e gli attacchi aerei sono stati diretti anche verso il nord della Striscia di Gaza, dove sono state prese di mira “cellule terroristiche”, una “moschea utilizzata dalla Jihad islamica (l’altro principale movimento islamista a Gaza) come centro di comando operativo” e un “complesso di stoccaggio di armi”, secondo l’esercito.

Idf ha anche risposto a Hezbollah nel sud del Libano dopo che sono stati sparati due colpi di mortaio in territorio israeliano. Il Wall Street Journal scrive che Israele è disposto a prendere in considerazione future pause nella guerra a Gaza per consentire il rilascio del maggior numero possibile di ostaggi. Secondo il giornale, il funzionario che ha parlato ha affermato che “possiamo negoziare mentre ancora combattiamo” e che l’accordo scaduto per fermare i combattimenti è stato “reso possibile grazie alla pressione della nostra operazione militare sul terreno”.

Erdogan: “Impossibile escludere o eliminare Hamas”

“Hamas è una realtà della Palestina. Pensare di escluderli o eliminarli non è realistico”. Lo ha detto questa mattina il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, a margine del vertice sul cambiamento climatico di Dubai.

Erdogan ha definito Israele “uno stato terrorista”, ha ribadito la determinazione della Turchia a portare il premier israeliano Benjamin Netanyahu dinanzi la Corte penale internazionale, accusato lo stato ebraico per la fine della tregua e rilanciato la necessità di giungere a un cessate il fuoco.

“Possono continuare a tirarmi fango addosso, ma non dirò che Hamas è un’organizzazione terroristica. Si tratta di persone che dal 1947 lottano per difendere un pezzetto di terra e io sto facendo la stessa cosa ora”, ha detto Erdogan che ha poi criticato la posizione di Usa e Inghilterra.

“Paesi che sostengono Israele, tra tutti Stati Uniti e Gran Bretagna, quando parlo della soluzione dei due Stati mi chiedono cosa sarà della minaccia di Hamas. Rispondo loro che con i due Stati la minaccia svanisce. Escludere Hamas o pensare di eliminarli non è uno scenario realistico. Si tratta di una realtà palestinese, di un movimento politico che ha anche vinto le elezioni”, ha dichiarato il leader turco che ha poi attaccato Netanyahu, accusandolo di utilizzare la religione in maniera ipocrita.

“Netanyahu continua a fare riferimento alla religione per giustificare un genocidio, ma non c’e’ nessun nesso tra la religione e quello che fa Israele – accusa Erdogan -. Questa è un’invasione, è violenza di uno Stato terrorista e noi non rimarremo in silenzio dinanzi al terrore di Stato”.

Il presidente turco ha ribadito l’intenzione della Turchia di portare dinanzi la corte penale internazionale con sede all’Aja “Netanyahu e gli altri macellai di Gaza”. Il premier israeliano viene definito “autore di un genocidio” che “deve pagare dinanzi la giustizia”. “Seguiremo questo procedimento con rigore – assicura il leader turco -. I primi contatti con la corte dell’Aja sono stati positivi. Non arretriamo di un centimetro, abbiamo portato documenti e prove. Vogliamo che i vertici israeliani rispondano per quanto accaduto. Questo genocidio non lo dimenticheremo e lo ricorderemo a tutti. Dimenticare significa spianare la strada al prossimo genocidio”.

Erdogan non ha risparmiato critiche al “silenzio dell’Occidente”, un silenzio il cui peso è destinato a durare per generazioni. “L’Occidente ha un debito con Israele e al di fuori di alcuni Paesi coraggiosi come la Spagna rimane in silenzio. Il massacro di Gaza è destinato a rimanere una macchia nella storia. Una vergogna che non riguarda solo Israele, ma anche coloro che hanno assicurato un sostegno incondizionato a Netanyahu. Il prezzo di tutto questo sarà pagato dalle prossime generazioni”, accusa Erdogan.

Il leader turco ha poi rilanciato la necessità di un cessate il fuoco e di una posizione unitaria da parte di tutto il mondo islamico. Nelle ultime settimane Erdogan ha assunto la leadership dell’Organizzazione per la cooperazione Islamica (Oic) e ribadito che la Turchia è pronta a fare la propria parte. “Continueremo a impegnarci al massimo per un cessate il fuoco. Con la fine della tregua è stato chiaro che Israele non rispetta il diritto. La tregua era una speranza per la pace che abbiamo perso a causa dell’atteggiamento di Israele. Per la Turchia cambia poco, Non abbiamo perso le speranze e i nostri contatti continuano per giungere alla pace. Valuteremo ogni spiraglio, coglieremo ogni singola possibilità”, ha detto il leader turco.

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