Una delegazione di Alunni dell’IIS “Sen A di Rocco” nell’ambito del progetto “Educazione alla Legalità”, promosso dalla Commissione Legalità dello stesso istituto, è stata accolta dal Presidente della Corte d’Appello di Caltanissetta S.E. Dott.ssa Maria Grazia Vagliasindi, presso la sede del Palazzo di Giustizia. Gli alunni Simone Di Benedetto, Sconzo Chiara e Solito Giuseppe, accompagnati dalle docenti Vanda Muti e Carmen Lentini, hanno sottoposto alla Presidente alcune domande sul tema del confine tra la legalità e l’illegalità con particolare riferimento al mondo dei social network. Il progetto, promosso dall’istituto, nasce dalla consapevolezza che l’insegnamento alla legalità è uno dei pilastri educativi più importanti con l’obiettivo di creare un circolo virtuoso fra i giovani cittadini e le istituzioni per incentivare l’assunzione di responsabilità del singolo verso la collettività e formare individui con responsabilità civile ed etica.
Gli alunni e l’intera comunità scolastica del IIS “Sen .A. di Rocco” sono grati per la preziosa opportunità concessa.
IL CONFINE TRA LEGALITÀ E ILLEGALITÀ NELL’ERA DEI SOCIAL
“Questo continuo spostamento dei confini tra legalità e illegalità produce un disagio altissimo, che non è solo morale. Diventa un fatto di costume sociale. È quel che io chiamo “la morale del motorino”, che imperversa in Italia. Con il motorino si può evitare la fila, destreggiarsi tra le auto e poi passare con il rosso. Insomma, si fa quel che si vuole, fregandosene delle regole. Che anzi, diventano un elemento di fastidio, di disturbo”. (Andrea Camilleri) Noi giovani effettivamente stiamo crescendo nel “mood” di “tutto e subito” e spesso nella fretta del sorpasso non badiamo al fatto che “trasgrediamo”. I social troppo spesso ci fanno credere che possiamo tutto. Lei cosa ne pensa di questa riflessione?
“Io penso che non si tratta soltanto di regole, perché il problema non è sentire la coercizione della regola, il problema è sentire dentro di noi il rispetto per gli altri. È qualcosa che è più in alto della regola, qualcosa che sta sopra la regola. Purtroppo oggi manca il rispetto che è il baricentro della democrazia, perché se non c’è rispetto non ci può essere libertà, non ci può essere democrazia. Uno stato democratico si fonda sulla cultura del rispetto.
La regola serve a garantire una convivenza pacifica, noi dobbiamo essere responsabili, ovvero dobbiamo rendere conto, soprattutto a noi stessi, di quello che facciamo. La società di oggi è la società della “rabbia sociale”, ci sentiamo liberi di dire tutto quello che vogliamo, quando lo vogliamo e senza riflettere sull’effetto che produciamo. Ma se invece riflettessimo un po’ di più, anche in un dialogo, che mi piace chiamare “riflessivo” tra di noi, forse staremo meglio. I giovani dovrebbero essere felici, anche per il solo fatto di avere una vita davanti, ma spesso sono infelici perché vogliono tutto e si rendono conto che non è possibile. Dovete ricordare una cosa importante, che io ricordo sempre a me stessa: la vita è fatta di tanti accidenti, di tante contingenze di cose che noi non possiamo prevedere e che possono modificare il nostro percorso, ma la direzione la decidiamo noi, la scelta è nostra. Quindi se io scelgo di fare una vita buona e rispettosa dell’altro sono nella direzione giusta, dobbiamo allenarci al bene, studiando, facendo sacrifici, facendo delle rinunce, per riuscire a raggiungere il successo dimostrando di essere i più bravi”.
Per un adolescente riconoscere e accettare un mondo di regole è sempre un percorso difficile e faticoso. La società contemporanea non propone mediazioni simboliche credibili e coinvolgenti. I ragazzi si trovano sempre più spesso nell’impossibilità di avere delle figure di riferimento in grado di diventare modelli a cui potersi identificare. Lei crede che tutto ciò aumenti la sensazione di solitudine e di sfiducia verso le istituzioni? E come crede si possa superare questo “loop” sociale?
“Credo che la famiglia sia importantissima, è lì che troviamo le prime figure di riferimento; infatti i genitori se sono dei modelli forti, sicuramente ci indirizzano verso il cammino giusto. Un altro punto di riferimento fondamentale sono i docenti, io non sarei quella che sono se non avessi avuto la scuola che ho avuto; i docenti ci insegnano a pensare e a guardare al mondo con occhi critici. Oggi noi ci chiediamo perché gli adolescenti sono così confusi, io credo che siamo tutti confusi probabilmente perché si è persa la “ragionevolezza”, il “ buon senso comune” che ci porta ad evitare degli errori. Dovremmo imparare ad interrogarci, a saper riconoscere i nostri sbagli e a porvi rimedio. L’orgoglio invece ci porta a pensare di essere onnipotenti, come l’ “hybris” che ha indotto Icaro all’errore che ha pagato a caro prezzo. Gli adolescenti si sentono spesso soli e infelici, la società e lo Stato si devono far carico di questo, dobbiamo imparare a cogliere i segnali del dolore altrui. Le istituzioni devono essere unite nel chiedere priorità, risorse finanziarie (dove ci vogliono), servizi sociali territoriali. La gente ha bisogno di essere sostenuta. Alla scuola deve essere riconosciuto il ruolo fondamentale di centro della democrazia, la formazione è tutto e non si può fare sbrigativamente, perché la classe dirigente del futuro si forma nella scuola di oggi”.
In un’indagine condotta da Telefono Azzurro e Doxa Kinds è emerso che: Solo il 20% degli adolescenti intervistati sarebbe a conoscenza delle insidie quali il cyberbullismo, l’adescamento di minori o ancora il furto d’identità e il “neonato” bodyshaming che si nascondono dietro l’uso dei social. Il 66% degli adolescenti intervistati ha dichiarato di essere stato esposto almeno una volta a contenuti spiacevoli e inaspettati pubblicati online. Sono fatti gravi che molto spesso avvengono sotto gli occhi delle famiglie. Cosa direbbe ai genitori di questi ragazzi?
“Oggi i genitori, sotto il profilo professionale, sono molto impegnati, ciò comporta anche un’assenza fisica da casa, un’assenza importante. Ma credo che la cosa più importante, oltre alla qualità del tempo che si trascorre con i propri figli, sia la capacità di trasmettere valori importanti come l’onestà, saper insegnare al rispetto dell’altro prima di tutto . È necessario imparare a difendere la propria dignità, essere responsabili, in grado di capire, e saper allontanarsi da contenuti pericolosi. I social “ammaliano”, ma sono un pericolo per le menti, non aspettate che qualcuno si accorga del problema, ma imparate a tutelarvi da soli. I genitori e gli adulti in genere hanno grandi responsabilità, ma credo che occorra la presenza attiva e fattiva di un garante dell’informazione, occorre un maggiore controllo e una maggiore vigilanza. Invito tutti i giovani a rinnamorarsi della letteratura, a riscoprire l’importanza di saper padroneggiare la “lingua italiana” perché la conoscenza ci apre la mente e ci porta lontano”.
L’onnipresenza di smartphones, messaggistica on line, social network, favorisce la socializzazione on line a scapito di quella in presenza, ed aumenta il rischio della progressione dal bullismo al cyberbullismo. Il 14,9% degli adolescenti statunitensi sono stati vittime di cyber-bullismo e il 13,6% ha tentato seriamente il suicidio. Come ci si può difendere da tutto questo?
“Purtroppo le dinamiche online rendono molto più semplice l’offesa dell’altro, per la semplice ragione che non lo vedi, e cosa c’è di più abietto? I social rappresentano una corsia preferenziale per far del male senza esporsi: questo è il delitto più grave perché ciò significa che approfittano delle situazioni migliori per fare il male peggiore. Per questo motivo, ritengo necessario un garante dell’informatizzazione, maggiori controlli sui social, anche se in questo senso sono stati ottenuti grandi risultati soprattutto dalla polizia. I social sono un reale pericolo, inducono ad azioni efferate che portano a danni imponenti e impossibili da risarcire, quindi credo ci voglia uno sforzo corale, una maggiore collaborazione tra le istituzioni e i genitori, affinché ci sia un utilizzo “sobrio” dei social che metta fine a questo uso distorto che si perpetua. Bisogna vigilare e assumersi le responsabilità, bisogna interloquire con i nostri figli, cogliere immediatamente i segnali per cercare di arginare quello che sta diventando un fenomeno dirompente al pari dei femminicidi. C’è qualcosa di anomalo nella società, qualcosa di più profondo che va sradicato, c’è una perdita di valori, una perdita di etica che primeggia sulla legalità pura, perché quest’ultima è qualcosa che viene dall’esterno, che rappresenta la regola codificata, seppur indispensabile; mentre l’etica siamo noi e rappresenta il nostro essere”.