Fatti dall'Italia

Salario minimo: approvato il primo documento Cnel, CGIL contraria

Nel corso della seduta odierna dell’Assemblea del Cnel, e’ stato illustrato il documento relativo agli esiti della prima fase istruttoria tecnica sul lavoro povero e il salario minimo, precedentemente approvato dalla Commissione dell’Informazione, con il solo voto contrario della Cgil e l’astensione della Uil.

Se ne riportano qui di seguito alcuni estratti significativi: condividere dati, scenari, possibili soluzioni e criticita’ Per evitare di replicare nelle dinamiche interne al Cnel schemi di ragionamento duali – che si prestano a strumentalizzazioni politiche ed eccessi di semplificazione di un problema altamente complesso – i componenti della commissione per l’informazione del Cnel concordano sulla importanza di pervenire alla formulazione di un documento finale ampio e inclusivo. Un documento orientato cioe’ a condividere dati, scenari, possibili soluzioni e criticita’.

Per altri profili, strettamente collegati alle motivazioni politiche di una proposta di legge in materia di salario minimo, i componenti della Commissione dell’informazione richiamano la relazione del gruppo di lavoro, istituito con Decreto Ministeriale n. 126 del 2021, che e’ chiara nel precisare come, “nel dibattito pubblico, la poverta’ lavorativa e’ spesso collegata a salari insufficienti mentre questa e’ il risultato di un processo che va ben oltre il salario e che riguarda i tempi di lavoro (ovvero quante ore si lavora abitualmente a settimana e quante settimane si e’ occupati nel corso di un anno), la composizione familiare (e in particolare quante persone percepiscono un reddito all’interno del nucleo) e l’azione redistributiva dello Stato”.

I componenti della Commissione dell’informazione si trovano concordi nell’individuare, come metodo, quanto suggerito nella prima seduta del 22 settembre scorso dal Presidente del CNEL, Renato Brunetta, e cioe’ di fare riferimento alla Direttiva (UE) 2022/2041 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19 ottobre 2022 relativa a salari minimi adeguati nella Unione europea, anche in ragione dei vincoli per l’Italia con riferimento alla sua trasposizione nel nostro ordinamento giuridico prevista entro il 15 novembre 2024. – prosegue il Cnel – Come noto la direttiva europea non impone agli Stati membri alcun obbligo di fissare per legge il salario minimo adeguato (vedi espressamente, in questi termini, l’art. 1, 4, lett. A della direttiva) e neppure di stabilire un meccanismo vincolante per l’efficacia generalizzata dei contratti collettivi (vedi espressamente, in questi termini, l’art. 1, 4, lett. B della direttiva). La direttiva e’ al contrario estremamente chiara nel segnalare, rispetto all’obiettivo di promuovere un sostanziale “miglioramento dell’accesso effettivo dei lavoratori al diritto alla tutela garantita dal salario minimo” (art. 1), una netta preferenza di fondo per la soluzione contrattuale rispetto a quella legislativa. La direttiva europea, la’ dove esiste un robusto ed esteso sistema di contrattazione collettiva non richiede ulteriori verifiche o adempimenti. Da cio’ si puo’ evincere che il trattamento retributivo previsto da un contratto collettivo qualificato (cioe’ sottoscritto da soggetti realmente rappresentativi) sia adeguato. La Commissione dell’informazione auspica pertanto che il dibattito contingente sul salario minimo possa essere l’occasione per individuare nel Cnel un “forum permanente” di confronto e collaborazione stabile e continuativa tra le forze sociali e tutti i soggetti istituzionali che raccolgono dati utili per il monitoraggio sistematico della contrattazione collettiva e dei salari con l’obiettivo di disporre di informazioni complete e il piu’ possibile condivise su temi cosi’ centrali per la definizione delle politiche e delle leggi in materia economica e sociale. 

– La Commissione dell’informazione, nel prendere atto della centralita’ e delle enormi potenzialita’ dell’archivio nazionale dei contratti di lavoro, frutto di una felice intuizione del Parlamento e del prezioso lavoro degli uffici del Cnel in tutti questi anni, manifesta consapevolezza circa la necessita’ di una migliore informatizzazione, di un potenziamento della fruibilita’ e di una piu’ aggiornata capacita’ di lettura dei contratti e pertanto propone alla Assemblea e al Presidente del Cnel di porre questo obiettivo nel programma della XI consiliatura auspicando altresi’ di realizzare in forma istituzionale uno stretto collegamento tra condizioni di lavoro, salari e produttivita’ che e’ niente altro che l’essenza piu’ profonda della funzione della contrattazione collettiva. I dati a disposizione indicano, al riguardo, un tasso di copertura della contrattazione collettiva che si avvicina al 100 per cento: una percentuale di gran lunga superiore all’80 per cento (parametro della direttiva). Da qui la piena conformita’ dell’Italia ai due principali vincoli stabiliti dalla direttiva europea e cioe’ l’assenza di obblighi di introdurre un piano di azione a sostegno della contrattazione collettiva ovvero una tariffa di legge. L’archivio dei contratti del Cnel segnala la criticita’ del fenomeno dei ritardi nel rinnovo dei contratti collettivi. Nelle tabelle che seguono si riporta il numero dei contratti collettivi nazionali di lavoro rinnovati e quelli scaduti. Da questo dato e’ possibile desumere il numero complessivo dei lavoratori a cui si applicano contratti scaduti.

Ebbene, le categorie che aderiscono a Cgil, Cisl, Uil firmano 211 contratti collettivi nazionali di lavoro, che coprono 13.364.336 lavoratori dipendenti del settore privato (sempre con eccezione di agricoltura e lavoro domestico); gli stessi rappresentano il 96,5 per cento dei dipendenti dei quali conosciamo il contratto applicato, oppure il 92 per cento del totale dei dipendenti tracciati nel flusso Uniemens. I sindacati non rappresentati al Cnel al momento attuale (X consiliatura) firmano 353 Ccnl che coprono 54.220 lavoratori dipendenti, pari allo 0,4 per cento dei lavoratori di cui e’ noto il Ccnl applicato. Per tutti questi motivi i componenti della Commissione dell’informazione sono concordi nel sottolineare, quale che sia la decisione politica in merito alla introduzione o meno nel nostro ordinamento giuridico di un salario minimo fissato per legge, l’urgenza e l’utilita’ di un piano di azione nazionale, nei termini fatti propri della direttiva europea in materia di salari adeguati, a sostegno di un ordinato e armonico sviluppo del sistema della contrattazione collettiva in termini di adeguamento strutturale di questa fondamentale istituzione di governo del mercato del lavoro alle trasformazioni della domanda e della offerta di lavoro e quale risposta sinergica, la’ dove condotta da attori qualificati e realmente rappresentativi degli interessi del mondo del lavoro, tanto alla questione salariale (per tutti i lavoratori italiani e non solo per i profili professionali collocati agli ultimi gradini della scala di classificazione economica e inquadramento giuridico del lavoro) quanto al nodo della produttivita’. 

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