“La morte di Matteo Messina Denaro chiede rispetto che si deve a ogni persona, quale che sia stata la sua vita. Ma non può cancellare la memoria di una vita violenta, incompatibile con l’etica del Vangelo, una vita che è stata strumento di sofferenza, di omicidi, di stragi”. Nel numero di Famiglia Cristiana da domani in edicola don Luigi Ciotti riflette sulla scomparsa del boss di mafia. E sul suo rifiuto, trapelato a poche ore dalla fine, di funerali religiosi, in aperta polemica con la Chiesa fatta, a suo dire, di “uomini immondi”. “Il rispetto”, scrive il fondatore del Gruppo Abele di Libera, “è animato anche dalla speranza che il passaggio cruciale tra vita e morte abbia aperto uno spiraglio nel cuore di Messina Denaro una presa di coscienza del tanto male commesso”.
Matteo Messina Denaro, osserva don Ciotti, “non ha mostrato segni di ravvedimento neanche dopo la scomunica di papa Francesco ai mafiosi in quanto “adoratori del male” e il suo “pressante invito” affinché si convertano e aprano il cuore a Dio. Non deve sorprendere quindi che in un “pizzino” del maggio del 2013, a due mesi dell’elezione del Papa e nei giorni della beatificazione di don Pino Puglisi ucciso dalla mafia, Messina Denaro abbia espresso la volontà testamentaria di rifiutare una celebrazione religiosa, rivendicando in un altro biglietto, un “rapporto personale con Dio, senza intermediari””.