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Rebus spending e Salvini insiste: “il Ponte si fa”

Paolo Cappelleri - Ansa

Rebus spending e Salvini insiste: “il Ponte si fa”

Gio, 28/09/2023 - 21:54

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Giorgia Meloni rivendica di aver fin qui “concentrato le risorse sui redditi medio bassi”, e le sue parole suonano come lo spartito su cui verrà costruita anche la manovra. Ma soprattutto seguono un registro diverso da quelle ripetute ormai a cadenza quotidiana da Matteo Salvini, sicuro che nella legge di bilancio “ci sarà” uno stanziamento per il Ponte sullo Stretto. I due piani non sono tecnicamente inconciliabili, ma non è chiaro ancora quanto spazio finanziario sarà dedicato al collegamento fra Sicilia e Calabria in una cornice che al momento, mentre prosegue la ricerca di ulteriori tesoretti, varie voci di maggioranza stimano attorno ai 20 miliardi. Nel calcolo per le coperture sono inclusi i 14 in deficit portati in dote dalla Nadef e i 2 che i ministeri hanno il mandato imperativo di tagliare. All’indomani dell’attesa Nota di aggiornamento al Def, occhi puntati sullo spread, cartina di tornasole del rischio Paese che nel pomeriggio tocca i 200 punti, sui livelli di febbraio, per poi ritirarsi e chiudere a 193. “Con la Nadef si certifica che la propaganda del governo è finita da un pezzo”, attacca il leader del M5s Giuseppe Conte, e per quella del Pd Elly Schlein il centrodestra “non riuscirà a mantenere le promesse che ha fatto”. La principale di Salvini è proprio il Ponte. Alla luce anche della freddezza con cui gli alleati in questi giorni ne parlano, c’è da scommettere che su questo tema si giocherà una delle partite più calde della manovra. Giancarlo Giorgetti ha confermato che un primo stanziamento ci sarà, “connesso all’effettivo allestimento dei cantieri”.

Ma la sua entità ancora non è chiara. Per avviare i lavori basterebbero poche centinaia di milioni in spesa corrente, il resto dovrebbe rientrare nel capitolo investimenti. Una fonte di governo riferisce che alla fine sarà il titolare del Mef a decidere come procedere, visto che l’accordo fin qui era di utilizzare parte dei Fondi per lo sviluppo e la coesione di Sicilia e Calabria e poi risorse nazionali. A chi sostiene che tra il segretario leghista e il ministro ci siano acque mosse, Salvini replica che gli unici litigi possono essere al massimo “per motivi calcistici”. Di certo l’ultimo non è stato il Consiglio dei ministri più disteso fra i 52 di questo governo. Giorgetti a tutti i colleghi ha mandato un avvertimento chiaro, esprimendo in conferenza stampa il disappunto che anche Giorgia Meloni aveva palesato poco prima in Consiglio dei ministri, richiamando chi non ha ancora predisposto i tagli previsti dalla spending review attesa per il 10 settembre scorso. Solo tre ministeri avrebbero rispettato quella scadenza. Gli altri hanno una ventina di giorni di tempo, altrimenti, ha chiarito il ministro dell’Economia, quando sarà l’ora di varare la manovra sarà lui a procedere al posto loro, con l’obiettivo di risparmiare 2 miliardi di euro nel 2024. “Mi avete fatto richieste per 82 miliardi”, ha inoltre contestato la premier ai ministri, evidenziando la sproporzione fra i desiderata e le risorse disponibili. Poche. E da indirizzare con attenzione. “Abbiamo cercato di sostenere soprattutto le famiglie di fronte al problema inflazionistico.

E lo abbiamo fatto, e ne rivendico la scelta politica, concentrando le risorse sui redditi medio bassi”, ha sottolineato la presidente del Consiglio alla firma del Patto anti-inflazione con le imprese. Puntare a soluzioni concrete senza inseguire il consenso, è il refrain della premier, che intanto ha fatto riaprire al pubblico Piazza Colonna. Verso la manovra, una quota da circa 10 di miliardi è già praticamente blindata per confermare il taglio del cuneo contributivo, da accompagnarsi con l’abbassamento dell’aliquota Irpef dal 25 al 23% per il secondo scaglione di reddito (da 15mila a 28mila euro). Almeno 2 miliardi sono attesi dalla tassazione sugli extraprofitti delle banche, nel decreto asset che è stato approvato al Senato con la fiducia. Nella ricerca di risorse il partito della premier non considera condoni. “Abbiamo sempre detto – ha chiarito il viceministro dell’Economia Maurizio Leo – che è una parola che noi non vogliamo sentire”.