Si ha inflazione quando si registrano rincari generalizzati, che non si limitano cioè soltanto a singole voci di spesa, intesi come beni e/o servizi. In pratica oggi con 100 euro posso acquistare meno beni e servizi rispetto al passato.
In altre parole, l’inflazione riduce il valore della moneta.
Ma come si calcola l’incremento medio dei prezzi ? Solitamente si attribuisce un peso maggiore alle variazioni dei beni e servizi per i quali i consumatori spendono di più rispetto a voci di spesa meno significative.
Ogni famiglia ha abitudini e stili di vita diversi alcune possiedono più di un’auto e mangiano carne, altre invece usano esclusivamente mezzi pubblici o sono vegetariani. Nel calcolo dell’inflazione infatti si tiene conto di tutti i beni e servizi consumati dalle famiglie:
generi di uso quotidiano (alimentari, giornali, benzina)
beni durevoli (capi di abbigliamento, computer, lavatrici)
servizi (canone di locazione, servizi di parrucchiere, assicurazioni)
Tutti i beni e servizi consumati dalle famiglie nel corso dell’anno sono rappresentati dal cosiddetto “paniere”. Ciascuna voce di spesa contenuta nel paniere ha un prezzo, che può variare nel tempo. Il tasso di inflazione sui dodici mesi corrisponde al prezzo del paniere totale in un determinato mese rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.
Tornando ai 100 euro che oggi non valgono come cento euro domani, facciamo un esempio:
Giuseppe ha un ristorante e per il pane mette in conto di spendere 100€ al giorno. Un chilo di pane costa 4 euro, quindi può acquistarne 25 chili. Ipotizziamo che, a causa dell’inflazione, il prezzo del pane salga a 5 euro al chilo, Giuseppe con gli stessi 100 euro, potrà adesso comprare solo 20 chili di pane. Di fatto, a causa dell’inflazione, la banconota vale adesso solo 20 Kg. di pane, mentre prima dell’aumento del prezzo il suo valore in termini di pane era di 25 Kg.
I 100 euro della banconota sono il valore nominale mentre la quantità di beni e servizi, che possono essere acquistati, il pane nell’esempio, rappresenta il valore reale della banconota. Quindi il valore nominale della banconota rimane di 100 euro mentre il suo valore reale scende da 25 a 20 chili di pane. Tutto a causa dell’inflazione.
In altre parole, i 100 euro valgono di meno, hanno cioè perso potere di acquisto a causa dell’aumento dei prezzi.
Uno dei casi più eclatanti di inflazione è quello della Repubblica di Weimar (Germania, autunno 1923): la diminuzione del valore del marco arrivò a livelli tali, che per andare a fare la spesa sarebbe stato necessario portare dei carretti pieni di banconote. Ma cosa determina l’inflazione ? Quando la domanda di un bene o di un servizio da parte delle persone aumenta e supera la quantità offerta, il prezzo cresce (le persone sono disposte a pagare di più pur di ottenere ciò di cui hanno bisogno). Applicando il ragionamento all’insieme dei beni e servizi inseriti nel paniere dell’ISTAT, l’aumento della domanda da parte dei cittadini si può tradurre in inflazione. In questi casi si parla, per l’appunto, di inflazione a causa della domanda: significa che in quel momento la richiesta di beni e servizi da parte dei consumatori supera la quantità offerta sul mercato.
L’inflazione elevata produce effetti diversi, da un lato rende più difficili le decisioni di consumo e investimento di famiglie ed imprese. Arricchisce o impoverisce e fa aumentare i tassi di interesse rendendo più costosi gli investimenti.
L’inflazione colpisce anche i risparmi, ne riduce il loro valore: con i nostri soldi messi da parte potremo acquistare una quantità minore di beni e servizi, come anche i nostri redditi, se non crescono come l’inflazione, avranno un valore reale minore.
Ma cerchiamo di capire meglio la relazione tra domanda, offerta e prezzi. Pensiamo ad mercato della frutta dove c’è solo un banco che vende mele e supponiamo. In un primo momento il venditore di mele si troverà la fila di persone davanti al banco e potrà quindi permettersi di aumentare il prezzo delle mele approfittando del fatto di essere l’unico banco a venderle. Col tempo però nello stesso mercato arrivano altri venditori, che inizieranno a offrire le mele a un prezzo più basso per conquistarsi nuovi clienti. L’aumento dell’offerta di mele spingerà i prezzi verso il basso fino a quando non si raggiungerà un nuovo equilibrio tra la quantità domandata e quella offerta. L’eccesso di domanda sull’offerta a volte può essere causato da una riduzione improvvisa della quantità prodotta. L’aumento dei prezzi può generarsi anche nel caso di un aumento dei costi di produzione. In questi casi si parla di inflazione da offerta: la quantità di beni e servizi che desiderano acquistare le persone non cambia, ma si riduce la capacità produttiva o aumentano i costi. Questo può avvenire a causa di diversi fattori, come ad esempio un evento inatteso che rende difficile l’approvvigionamento e la produzione dei beni (una pandemia o una guerra ad esempio) o un aumento dei costi delle materie prime, come il petrolio o l’energia elettrica. Può accadere che dietro l’aumento dell’inflazione coesistano diversi fattori, sia di domanda sia di offerta. Ad esempio, negli Stati Uniti la crescita elevata dei prezzi nella fase di ripresa post-pandemia (2021-2022), è spiegata da un aumento della domanda (le persone riprendevano a uscire e a consumare anche grazie ai sussidi ricevuti durante il lockdown), ma anche da una diminuzione dell’offerta dovuta alle chiusure per il Covid che avevano ostacolato la produzione e il trasporto di beni in tutto il mondo. L’inflazione può essere dovuta anche ad un eccesso di moneta in circolazione rispetto ai beni e servizi prodotti. Ma perché dobbiamo preoccuparci quando i prezzi crescono troppo? L’inflazione elevata riduce il potere segnaletico dei prezzi rendendo più difficili le decisioni di consumo e investimento di famiglie e imprese. Arricchisce e impoverisce le persone a caso, a seconda della condizione in cui si trovano in quel momento. Aumenta i tassi di interesse rendendo più costosi gli investimenti. Nel lungo periodo va associata a una ridotta crescita economica. L’inflazione colpisce i risparmi accumulati nel tempo, ne riduce il valore ed il potere di acquisto: con i nostri soldi messi da parte potremo acquistare una quantità minore di beni e servizi. Anche i nostri redditi, se non crescono come l’inflazione, avranno un valore reale minore.
Ci sono diversi modi per tener sotto controllo l’inflazione, alcuni funzionano, altri possono avere effetti dannosi.
Il più comune è l’uso di una politica monetaria restrittiva da parte delle autorità monetarie. Infatti riducendo l’offerta di moneta all’interno di un’economia o aumentando i tassi di interesse, la spesa con tutta probabilità si riduce. In realtà le banche centrali delle economie sviluppate negli ultimi anni si sono trovate di fronte a una situazione in cui l’inflazione era bassa e hanno quindi cercato di tenerla quanto più possibile vicino al 2%, in modo tale da sostenere la crescita, evitando così la stagnazione economica.
Ma come facciamo a tenere sotto controllo l’inflazione, in modo da non perdere potere di acquisto?
Non ci aiuta certamente “nasconderli sotto il materasso” o lasciarli parcheggiati sul conto corrente. L’alternativa intelligente è investire e fare in modo che i risparmi possano crescere e aumentare il loro potere di acquisto, o almeno non perderlo, ottenendo un rendimento pari o superiore all’inflazione. Di solito ad una crescita crescita dell’inflazione corrispondono mercati in discesa. Adottare una strategia di investimento ricorrente, a scadenze regolari e per importi parziali di ugual valore, riduce l’impatto della volatilità dei prezzi sul proprio investimento e abbassa il costo medio dello stesso (teoria/principio del Dollar Cost Averaging meglio conosciuto come piano d’accumulo del capitale o più comunemente PAC). Questa è una delle possibilità per cercare di battere l’inflazione e mantenere nel tempo il potere d’acquisto dei tuoi risparmi. Ad Maiora