Un giovane pittore catanese e ‘provinciale’ (Luigi Deforti) conosce a Firenze la cortigiana Eva Manili che ostenta doti di pittrice dilettante e che man mano rivela le sue vere caratteristiche di cinismo e interesse. Il giovane, irretito dalla donna, abbandona i suoi ideali artistici e, per rivalità con il conte di Fontanarossa, diventa prima baro poi spadaccino.
Tornerà in Sicilia malato e deluso, ma in verità non ancora effettivamente ‘sanato’ dall’illusione che arte e amore possano non entrare in contraddizione: è questa, in sintesi, la trama di “Frine”, inedito romanzo giovanile dello scrittore Giovanni Verga (1840-1922), tornato alla luce grazie alle ricerche e agli studi di Lucia Bertolini, professore ordinario di Filologia della Letteratura italiana nell’Università eCampus.
La studiosa pubblica il testo e ne illustra la storia nel quarto volume dell’Edizione nazionale delle opere di Giovanni Verga, pubblicato da Interlinea. Il volume comprende anche l’edizione del successivo e ben noto romanzo “Eva”. Il romanzo – che è intitolato “Frine” nell’unico autografo conservato – è rimasto inedito fino ad oggi e il manoscritto fa parte del materiale sequestrato nel 2012 a seguito della controversa vicenda delle “carte verghiane”: a tutt’oggi non è consultabile direttamente ma se ne conserva una buona copia microfilmata presso il Fondo Mondadori dal quale Lucia Bertolini lo ha trascritto per l’edizione critica. Verga cominciò a scrivere “Frine” dopo il primo brevissimo soggiorno fiorentino (fra il maggio e giugno del 1865), intorno ai 25 anni, ma continuò a lavorarci per un arco di tempo difficile da determinare con sicurezza sottoponendolo in lettura ad amici-lettori (probabilmente Antonio Abate e Niccolò Niceforo), i cui suggerimenti sono appuntati sulle carte del manoscritto.
Di certo Verga doveva immaginare che esso fosse concluso nel 1869, quando lo propose per la stampa all’editore Emilio Treves; e dopo il rifiuto dell’editore milanese il romanzo rimase nel cassetto.