Gli italiani continuano imperterriti ad abbandonare i cani e a non iscriverli all’anagrafe canina. Il “giocattolo”, ovvero il cucciolo magari regalato, continua ed essere lasciato a se stesso quando ci si è stufati e magari legato a un palo della luce in attesa che qualche anima buona lo prenda e lo conduca in un rifugio.
Nel 2022, i cani abbandonati sono stati oltre 70mila. Iscrivere il cane all’anagrafe canina? Nemmeno qui gli italiani riescono a distinguersi in senso positivo: mancano all’appello due milioni di iscritti.
Legambiente disegna un quadro a tinte fosche
A fotografare la situazione degli animali da compagnia, è Legambiente che ha diffuso il rapporto “Animali in Città” dedicato alle performance 2022 dei Comuni e delle Aziende sanitarie nella gestione degli animali nelle città italiane.
I numeri tracciano un quadro a tinte fosche dove la mancanza di monitoraggio, di regolamentazione e controlli restano i principali talloni d’Achille sui cui Amministrazioni comunali e ASL devono lavorare, replicando al tempo stesso le buone pratiche già presenti nella Penisola.
In Italia, a oggi, 2 milioni di cani non sono iscritti all’anagrafe e quindi non hanno il microchip e di questi, 1,5 milioni sono localizzati in 5 regioni del centro sud: Sicilia, Calabria, Campania, Puglia e Lazio.
Preoccupa il numeri dei cani vaganti
In particolare, a preoccupare nel 2022 è il numero dei cani vaganti (cani randagi e padronali con una gestione non controllata) che in tutta la Penisola oscilla tra 700 e 400 mila e quello dei cani randagi (senza proprietari che li rivendicano) tra 350 e 200mila.
Il Sud resta l’area del Paese più colpita dal fenomeno, con Sicilia, Calabria, Campania, Puglia e Lazio che registrano i numeri più significativi con un numero di cani vaganti complessivo che oscilla da 480 a 290 mila (solo nel Lazio e in Campania, il numero di cani vaganti stimato oscilla da 200 a 120 mila cani) e un numero di cani randagi tra 240 a 145 mila.
Cani abbandonati, 71mila nel 2022
A incidere su questo dato si aggiunge un tema che torna rovente come ogni estate, quello dei cani abbandonati. Nel 2022, dai dati forniti dalle Amministrazioni comunali, emerge la stima di 71.000 abbandoni – una lieve flessione dell’1% rispetto al 2021, anno in cui, però, si era segnato un significativo aumento sul 2020 pari al 43%, come conseguenza dell’acuirsi della crisi socioeconomica scaturita dopo la pandemia e del cessare delle condizioni nate con lo smart working una volta conclusa l’emergenza.
Fattori questi che hanno influito anche sul numero delle adozioni dei cani dai canili rifugio, dato che a partire dal post pandemia segna un trend in diminuzione, passando dal 53% del 2020, al 41% nel 2022 (-12%).
In dettaglio: di fronte a una crescente spesa pubblica italiana del settore – che nel 2022 è stata pari a 229 milioni di euro (+ 5% rispetto al 2021) di cui 181 milioni in capo ai Comuni (3,1 euro/cittadino) e 48 milioni alle Aziende sanitarie (0,82 euro/cittadino) – non ne corrisponde una gestione efficiente.
Mancano monitoraggio e regolamentazione
A influire: la mancanza di monitoraggio, regolamentazione e controlli. Una spesa pubblica che equivale a circa 6 volte la somma impegnata per la gestione di tutti i 24 Parchi nazionali e addirittura a 30 volte la somma impegnata per la gestione di tutte le 27 Aree marine protette.
Una gestione carente del settore che si evince anche dalla scarsa conoscenza da parte dei Comuni, delle strutture dedicate agli animali d’affezione presenti sul territorio (tra le quali rientrano anche i canili rifugio).
Infatti, solo il 43,8% delle Amministrazioni comunali che ha fornito dati dichiara di conoscere con esattezza tali numeri, percentuale che cala al 40% per quel che riguarda la conoscenza delle colonie feline.
Ancora più bassa la soglia dei Comuni che hanno dichiarato di avere spazi aperti dedicati agli animali d’affezione (solo il 37%) con differenziazioni tra nord e sud (ad esempio a Grignasco (No) è presente 1 area ogni 105 cittadini, contro Mazara del Vallo (TP) con 1 ogni 50.000 abitanti).
Anagrafe canina
Solo il 41,8% dei Comuni (231 su 552) dichiara di conoscere il numero complessivo dei cani iscritti in anagrafe canina presenti nel proprio territorio, pari ad 1.176.322 cani. Percentuale che cala al 39,3% per quel che riguarda la consapevolezza delle nuove iscrizioni avvenute nell’anno 2022, pari a 70.128 cani.
Negativi anche i dati relativi alle attività di regolamentazione previste per il settore e che sono fondamentali per una corretta e serena convivenza tra animali e cittadini. Solo il 7,4% dei Comuni ha regolamentato possibili agevolazioni fiscali per le adozioni dei cani e appena il 6% quelli che hanno previsto regolamenti con agevolazioni od oneri fiscali per il controllo delle popolazioni.
Poca prevenzione e sterilizzazione
Nonostante un leggero incremento rispetto al 2021 del 3%, solo il 50% delle Aziende sanitarie ha dichiarato di aver effettuato azioni di prevenzione, con la sterilizzazione di 4.881 cani (il 18% rispetto ai cani dichiarati entrati nei canili sanitari) e 21.042 gatti (circa il 14% di quelli presenti nei gattili sanitari o nelle colonie feline, nelle quali oltre 130.000 gatti risultano non sterilizzati).
Infine, per quel che riguarda i controlli, meno di 1 Comune su 2 (il 42,9%) ha effettuato specifici controlli e solo il 53,6% dichiara di aver dotato il proprio personale di lettore microchip. Di questi, ne risultano in totale 491, ossia in media 1,7 per ciascuna delle 296 Amministrazioni comunali che li hanno dichiarati.
Il XII Rapporto “Animali in Città 2023” di Legambiente è stato presentato a Roma, in occasione della Giornata internazionale del Cane Randagio, presso la sede nazionale dell’associazione ambientalista.
Legambiente chiede al governo di tutelare gli animali
“Al Governo Meloni e al Parlamento – ha detto Enrico Fontana responsabile Osservatorio nazionale ambiente e legalità di Legambiente – chiediamo di dare concreta attuazione a quanto stabilito dal nuovo articolo 9 della Costituzione, approvato all’unanimità nel febbraio del 2022, in cui si afferma che la legge disciplina i modi e le forme della tutela degli animali. Vanno in questa direzione tutte le misure necessarie per una piena ed effettiva applicazione dei principi stabiliti con la strategia One Health, ribadita con chiarezza dal Parlamento europeo con la risoluzione adottata lo scorso 12 luglio. Ma è altrettanto importante sbloccare proposte di legge, come quella promossa dell’onorevole Michela Vittoria Brambilla, presidente dell’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali e la difesa dell’ambiente, con la quale si inaspriscono le sanzioni, come chiede da anni Legambiente nel suo Rapporto Ecomafia, contro il bracconaggio e chi abbandona, maltratta e uccide gli animali”.
Anche quest’anno Legambiente con il Premio nazionale “Animali in Città 2023” gratifica le realtà virtuose, tra Comuni e ASL, in prima linea nell’offerta di servizi e in azioni dedicate alla prevenzione. A primeggiare sono tutte realtà del Nord Italia. Per i Comuni, anche quest’anno sono stati premiati Modena, Verona e la new entry Ferrara: al primo, secondo e terzo miglior risultato nella valutazione complessiva degli indicatori considerati tra tutti i 552 Comuni che hanno fornito dati. Milano la Metropoli con la miglior performance complessiva.
Per le Aziende sanitarie premiate: l’AUSL Toscana Centro, l’ASL Vercelli e l’ATS Brescia, al primo, secondo e terzo miglior risultato su tutte le 38 Aziende che hanno fornito dati. Fondamentale anche l’apporto di altre Istituzioni e premiato quest’anno per la prima volta anche l’impegno della società civile che contribuisce attivamente alla crescita di una migliore relazione con gli animali in città.
Tra le realtà e le istituzioni premiate: l’Arma dei Carabinieri e le sue Unità Cinofile Antibracconaggio formate dall’App. Sc. Andrea Lamarucciola e cane Africa e dall’App. Sc. Andrea Corsi e cane Kenia; la Fondazione Cave Canem; il Gruppo di volontari e volontarie che a Roma, dapprima nella località Lunghezza successivamente a Castel di Guido, per oltre quattro anni e con tutte le difficoltà ulteriori causate dalla pandemia si sono presi cura di una mandria mista di oltre sessanta equidi bradi oggetto di sequestro per uccisioni e maltrattamento.