“Ma ancora cercano ste cose…dopo anni”. E’ quanto avrebbe detto Domenico Romeo, 69 anni all’avvocato Stefano Menicacci di 92 anni, a proposito delle indagini che stava eseguendo la procura di Caltanissetta a distanza di 30 anni dalla strage di Capaci.
E’ uno dei dettagli che emerge dall’operazione coordinata dalla Dda di Caltanissetta e dalla Dia culminata con due misure di custodia cautelare nei confronti dell’avvocato Stefano Menicacci e per Domenico Romeo. “Gli indagati sono ritenuti gravemente indiziati di aver reso ai magistrati dichiarazioni false e depistanti finalizzate ad impedire l’accertamento della verita'” in relazione alla strage in cui morirono il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta. Ai due indagati sono stati concessi gli arresti domiciliari.
L’indagine ha consentito di scoprire un progetto ispirato dalla ideologia fascista e alla costituzione di un “Osservatorio” delle attivita’ della magistratura, del quale farebbero parte anche componenti occulti per colpire alcuni magistrati non graditi: progetto che, secondo gli interlocutori, e’ gia’ stato adottato. Un “Osservatorio” legato agli accertamenti su presunti interessi dell’eversione nera nella strage di Capaci.
L’inchiesta nasce da alcune intercettazioni che avrebbero rivelato il progetto di cui farebbero parte anche componenti occulti per colpire alcuni magistrati “non graditi”. Il progetto secondo gli interlocutori intercettati, che si definiscono “fascisti”, sarebbe attivo. Secondo quanto emerge dalle indagini, Romeo, doveva essere interrogato dalla Procura di Caltanissetta e Menicacci, lo avrebbe indottrinato su come rispondere ai magistrati nisseni. Menicacci trovo’ come spiegazione che tutto era legato al processo nei confronti di Bellini.
L’indagine coordinata dalla procura di Caltanissetta, guidata dal procuratore Salvatore De Luca (nella foto) “si colloca nell’alveo di quella difficile, ma fondamentale opera di ricerca della verita’ sulle stragi del 1992 nella quale la Procura della repubblica presso il tribunale di Caltanissetta e’ impegnata – si inserisce a margine della piu’ ampia vicenda relativa alla verifica, su impulso della Direzione nazionale antimafia, dell’esistenza di elementi probatori, che possano portare a ritenere un ruolo del fondatore di Avanguardia Nazionale, Stefano delle Chiaie (deceduto nel 2019) ed eventualmente altri soggetti collegati alla destra eversiva, nella fase di ideazione e/o esecuzione della strage di Capaci”. Sarebbero emersi spunti investigativi che avrebbero consentito agli inquirenti di “collocare il neofascista Stefano Delle Chiaie a Palermo in un periodo a ridosso delle stragi del 92 e dei suoi rapporti con esponenti mafiosi e dei servizi di sicurezza, oltre che con esponenti politici siciliani”. Domenico Romeo, pur essendo di origini palermitane, vive da molti anni a Roma e ha lavorato per Stefano Menicacci, di cui e’ stato uomo di fiducia. Menicacci e’ stato lo storico legale di Stefano delle Chiaie. I due avrebbero condiviso anche gli stessi interessi politici. “Menicacci in vista dell’escussione di Romeo – emerge dagli atti dell’inchiesta – dice a quest’ultimo cosa avrebbe dovuto riferire ai magistrati nisseni in ordine alla creazione delle Leghe. Le istruzioni fornite da Menicacci a Romeo il quale avrebbe dovuto riferire che Menicacci non ha avuto mai nessun rapporto politico con Delle Chiaie. Menicacci gli dettava ogni cosa e Romeo avrebbe dovuto impararlo a memoria”. “Menicacci spiegava a Romeo che l’interesse su Delle Chiaie scaturiva dalla circostanza che il collaboratore di giustizia Alberto Lo Cicero avrebbe riferito di aver visto poco prima della strage di Capaci Delle Chiaie a Capaci”. Nell’ambito dell’inchiesta sono state effettuate delle perquisizioni nelle abitazioni di Adriano Tilgher, esponente di spicco della disciolta organizzazione Avanguardia Nazionale (condannato nel 1981 per riorganizzazione del partito fascista), dell’avvocato Saverio Ingraffia e del docente universitario Francesco Scala. (