Attualità

40 anni fa cosa nostra uccideva Chinnici, padre del pool antimafia

Palermo ricorda il giudice Rocco Chinnici. Ricorre oggi il 40esimo anniversario della strage che, nel 1983, scosse profondamente Palermo e l’Italia intera con l’uccisione del magistrato, capo dell’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo. Con lui morirono due carabinieri della scorta, il maresciallo Mario Trapassi e l’appuntato Salvatore Bartolotta, e anche Stefano Li Sacchi, portiere dello stabile di via Pipitone Federico in cui il giudice abitava. Rocco Chinnici nasce a Misilmeri, nel Palermitano, il 19 gennaio del 1925. Entra in magistratura nel 1952. Dopo un lungo periodo di permanenza a Partanna come pretore, nell’aprile del 1966 si trasferisce a Palermo, giudice dell’ottava sezione dell’Ufficio Istruzione del Tribunale. Dai primi anni Settanta inizia ad occuparsi di delicati processi di mafia. Nel 1975 diviene Consigliere Istruttore Aggiunto. Quattro anni dopo, nel 1979, è nominato Consigliere Istruttore, proprio negli anni in cui la mafia sferrava un terribile attacco allo Stato. Chinnici ha allora una intuizione che fa di lui un magistrato particolarmente moderno: progetta e crea, nel suo ufficio, un gruppo di lavoro, una scelta per allora rivoluzionaria e non ancora supportata da un apposito sostegno legislativo, dando forma a quello che sarà poi definito “pool antimafia”.

Accanto a sé, Chinnici chiama due giovani magistrati: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Ed è proprio con loro che mette in cantiere i primi atti d’indagine di quelli che si caratterizzeranno come i più importanti processi di mafia degli anni Ottanta. L’attività del Giudice Chinnici non si esaurisce, però, all’interno delle aule giudiziarie: è un magistrato impegnato a sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni, rivolgendosi, particolarmente, alle giovani generazioni. Rocco Chinnici viene ucciso il 29 luglio del 1983 all’età di cinquantotto anni, con il primo attentato che utilizza la tecnica dell’esplosivo comandato a distanza. Oltre a Chinnici vengono uccisi il maresciallo dei carabinieri Mario Trapassi, l’appuntato Salvatore Bartolotta e Stefano Li Sacchi, portiere dello stabile in cui abitava il magistrato. Nell’auto di servizio, l’autista Giovanni Paparcuri, parzialmente protetto dalla blindatura, è gravemente ferito e privo di sensi. Sopravviverà, ma senza mai superare del tutto i problemi fisici procuratigli dalla parziale esposizione all’onda d’urto. Ci sono decine di feriti, anche all’interno delle abitazioni. E tra i feriti due bambini. Era la preoccupazione più grande, per Rocco Chinnici, negli ultimi tempi, quella di poter coinvolgere in un possibile attentato un familiare, un passante, un uomo della scorta. Se avesse potuto, avrebbe chiesto che altri uomini non morissero con lui.

Condividi