Quale effetto avrebbe sullo Stato un attacco ai monumenti?
È l’inizio degli anni Novanta. Paolo Bellini, estremista nero di Avanguardia Nazionale con numerosi omicidi alle spalle, si pone questa domanda. Ben presto, secondo gli inquirenti, ne parla con gli uomini di Cosa Nostra. E quell’idea finisce per incastrarsi nella strategia mafiosa: tra il 27 maggio e il 28 luglio Firenze, Milano e Roma vengono ferite dalla forza dirompente degli esplosivi. Adesso Bellini, trent’anni dopo quei fatti, risulta indagato dalle Procure di Firenze e di Caltanissetta.
È già stato interrogato su queste ipotesi di reato e avrebbe negato ogni coinvolgimento. E’ quanto scrive oggi il quotidiano “La Repubblica”. Ieri Bellini è stato arrestato su ordine della Corte d’assise d’appello di Bologna per altri reati. L’ipotesi di reato è di strage in concorso, associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico. “In concorso con altri – si legge nel decreto di perquisizione a suo carico, effettuata proprio per verificare il suo coinvolgimento nella fase di pianificazione delle stragi istigava i vertici di Cosa Nostra che accoglievano l’idea criminosa, realizzando attentati diretti a colpire il patrimonio storico, artistico e monumentale del Paese”. L’accusa è anche di aver partecipato “quale concorrente morale all’organizzazione e all’esecuzione del delitto di strage” di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonino Montinaro, Rocco Di Cillo, Vito Schifani.
Ieri Bellini è stato arrestato perché, secondo quanto si apprende, aveva intenzione di commettere altri reati. E i suoi cellulari e computer verranno setacciati alla ricerca di parole chiave. Come ad esempio via dei Georgofili, una delle stragi del ’93 sui cui mandanti occulti indagano il procuratore facente funzioni Luca Turco e l’aggiunto Luca Tescaroli.
Gli inquirenti hanno ricostruito gli spostamenti e gli incontri avuti da Bellini con Cosa Nostra. Sospetto è in particolare il suo legame con Antonino Gioè (tra gli esecutori della strage di Capaci, poi suicida) che disse di aver conosciuto nel carcere di Sciacca 10 anni prima. Il collaboratore Gioacchino La Barbera nel febbraio del 1994 raccontò degli scambi tra Bellini e Gioè, e di come il primo avrebbe indirizzato gli attentati verso i monumenti. Bellini, ladro di quadri, ricevette da Gioè un elenco di nomi di esponenti di vertice di Cosa Nostra che “avrebbero dovuto beneficiare di un trattamento penitenziario meno rigido in cambio dell’interessamento dell’organizzazione criminale per il recupero di alcune opere d’arte oggetto di furto”, prosegue il decreto di perquisizione. Un elenco che Bellini diede poi al maresciallo dei carabinieri Roberto Tempesta, che a sua volta lo avrebbe passato al colonnello del Ros Mario Mori (oggi generale in pensione).
Quest’ultimo è stato sentito nei giorni scorsi dai pm fiorentini come testimone e avrebbe confermato di aver ricevuto l’appunto, ma di non averlo ritenuto importante e di averlo distrutto senza aver informato i magistrati. Nell’agosto 1992 Bellini tornò da Tempesta e riferì che Gioè aveva minacciato di far saltare la Torre di Pisa. Per gli inquirenti la presenza di Bellini a due passi dai vertici di Cosa Nostra è «quanto mai inquietante » . Come tra l’autunno del 1991 e il febbraio del 1992: lui era a Enna, nello stesso periodo si tennero riunioni cruciali dell’organizzazione e venne stabilita la strategia stragista.
Bellini ha sempre dichiarato di essere andato in Sicilia per recuperare dei crediti, un’attività per la quale avrebbe chiesto, spiegò, un aiuto a Gioè. Ma secondo la procura Bellini “instillava il proposito delittuoso illustrando, nel corso di interlocuzioni intercorse con Antonino Gioè, i vantaggi per l’organizzazione mafiosa Cosa nostra derivanti dall’adozione di una strategia di attacco allo Stato incentrata sull’aggressione ai beni storico-culturali, il quale lo veicolava a Giovanni Brusca, Leoluca Bagarella e Salvatore Riina, che provvedevano a elaborarlo e attuarlo con l’ausilio di numerosi altri uomini”. Prima con un proiettile di artiglieria messo a Boboli. E poi con le stragi di Firenze, Milano e Roma.