La scomparsa di Silvio Berlusconi ha creato un’onda di sostenitori e contrari di questa figura che, a prescindere dai giudizi di merito, ha rappresentato un importante e significativo capitolo per la politica nazionale.
Alla sua morte, oltre alle Esequie di Stato – atto dovuto secondo quanto previsto dal cerimoniale di Stato – è stato proclamato lutto nazionale con bandiere a mezz’asta.
C’è chi ricorda l’imprenditore, l’uomo che ha creato e costruito Finivest prima e Mediaset dopo, ha portato il Milan in vetta alle classifiche europee per il calcio, il Presidente del Consiglio con maggiore presenza cronologica, la sua rilevanza in campo internazionale nei rapporti anche tra USA e Russia e la persona empatica che si soffermava a parlare con tutti e a prendersi cura di tutti, a prescindere dal personale tornaconto.
E c’è chi, invece, ha urlato allo scandalo per questa commemorazione che sottolinea soltanto le luci nascondendo le “ombre” di ben 30 processi nei quali è stato indagato, le sue feste con invitate minorenni e le sue manovre politiche.
Rosy Bindi, più volte ministro, vicepresidente della Camera e presidente del Pd, ha dato voce a una minoranza tutto sommato silenziosa che sta assistendo perplessa – ma commenta molto sui social – alle celebrazioni in ricordo di Silvio Berlusconi ritenendo il lutto nazionale una scelta del governo da ritenersi inopportuna: “È previsto per le vittime di stragi e per la morte di grandissime personalità. Ma mai è stato deciso per presidenti del Consiglio, fatta eccezione per Leone e Ciampi. Che però erano stati anche presidenti della Repubblica. La decisione del governo è legittima, ma io la contesto nel merito ha spaccato il Paese su questioni fondamentali: sul rispetto della democrazia e della Costituzione, sull’esercizio del potere, sul dovere di pagare le tasse, sui rapporti con la magistratura. Ce li ricordiamo gli anni in cui il Parlamento, a causa sua, votava per dire che era vero che Ruby fosse davvero la nipote di Mubarak?”.
Ma a far lievitare la polemica ci pensa anche Tomaso Montanari, rettore dell’università per stranieri di Siena, annunciando che nel suo ateneo non ci saranno le bandiere a mezz’asta così come previsto – o meglio, ordinato – dal lutto nazionale. E lo ha fatto motivando il suo gesto con parole assai poco diplomatiche: “è vero che Berlusconi ha segnato la storia, ma lo ha fatto lasciando il mondo e l’Italia assai peggiori di come li aveva trovati. Dalla P2 ai rapporti con la mafia via Dell’Utri, dal disprezzo della giustizia alla mercificazione di tutto (a partire dal corpo delle donne, nelle sue tv), dal fiero sdoganamento dei fascisti al governo alla menzogna come metodo sistematico”. E anche sul rettore si registra la levata di scudi del centrodestra che parla di “caduta di stile” e “strafottenza”. Intanto parte una petizione online a sua difesa che in poche ore raggiunge oltre 10 mila firme.
Contro questa totale interruzione delle agende politiche -ritenendola ben più grave del lutto nzionale – si è dichiarato Marco Travaglio:ì che in diretta TV ha detto: “C’è di peggio, sette giorni di lutto parlamentare! Impazzimento collettivo! Si cancella tutta la storia, ha insultato i politici, criminalizzato i magistrati. Di cosa stiamo parlando?”.
E nel frattempo spopola sul web l’hashtag #NotInMyName.