Salute

San Cataldo, paura sui social per alcuni cani molossoidi vaganti a Pizzo Carano. Le guardie zoofile WWF: notizie allarmistiche, nessuna “belva feroce”

Redazione

San Cataldo, paura sui social per alcuni cani molossoidi vaganti a Pizzo Carano. Le guardie zoofile WWF: notizie allarmistiche, nessuna “belva feroce”

Mer, 10/05/2023 - 10:35

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A San Cataldo (CL) nei giorni scorsi si è diffusa in maniera virare sul social network “Facebook” un vero e proprio fenomeno collettivo di panico che ha per oggetto un gruppo di cani – tra cui uno di razza “Pastore tedesco” e un molossoide di razza “Rottweiler” – che sono stati visti aggirarsi per le vie del quartiere Pizzo Carano-Decano-Sant’Anna. In particolare, in un video (www.facebook.com/100001552690491/videos/968422671263126/) – che subito ha fatto il giro di chat e gruppi web – si vedrebbe il rottweiler addentare un piccolo animale morto (forse un gatto).

Così in poche ore si è diffuso per contagio il panico fra i residenti, che hanno cominciato a tempestare di messaggi il Sindaco e le altre autorità locali, temendo per la propria incolumità. Per verificare la fondatezza di tali preoccupazioni, il Nucleo provinciale Vigilanza WWF di Caltanissetta ha immediatamente attivato le proprie Guardie zoofile volontarie che, per diversi giorni, si sono date alla ricerca dei cani attraverso svariati sopralluoghi nelle zone di avvistamento e perlustrazione delle vie del quartiere e delle aree agricole e dei casolari abbandonati della contrada. Ma ad oggi tale attività non ha portato a rintracciare i cani segnalati.

Che uno o più cani, in gruppo, possano uccidere un gatto è un evento assolutamente compatibile con l’etologia di quella specie: l’istinto del cane a rincorrere e catturare qualcosa è definito “motivazione predatoria” ed è un comportamento ancestrale. “Da quanto si è potuto accertare, tuttavia, è da escludersi che si tratti di animali inselvatichiti o ferali che possano costituire un immediato pericolo per la pubblica incolumità – dichiara Angelo Naro, Guardia zoofila WWF -; viceversa, le allarmistiche informazioni diffuse in maniera incontrollata attraverso i canali social, hanno contribuito ad ingigantire un evento di rischio che, al momento, non è concretamente riscontrabile. Verosimilmente – anche in base a valutazioni dettate dall’esperienza acquisita in materia – potrebbe trattarsi di animali padronali liberi di vagare poiché non custoditi con le debite cautele e, comunque, in violazione ai doveri di corretta custodia e detenzione da parte dei padroni e delle prescrizioni di cui all’art. 672 del Codice penale”.

Le Guardie WWF hanno già inoltrato al Sindaco di San Cataldo, avv. Gioacchino Comparato, ed alla locale Polizia Municipale un apposito rapporto su questa vicenda; inoltre – spiega Ennio Bonfanti, coordinatore provinciale della Vigilanza WWF – “le nostre Guardie zoofile proseguiranno anche nei prossimi giorni l’attività di monitoraggio e controllo del territorio sancataldese, intervenendo in caso di riscontro di condotte illecite da parte di proprietari che lasciano incustoditi i propri cani, liberi di vagare nelle vie pubbliche senza controllo, segnalando ogni eventuale pericolo o criticità alle competenti Autorità”.

Curiosamente esattamente un anno fa, sempre a San Cataldo, si era scatenata la paura per la notizia – con tanto di foto, poi rivelatasi un colossale fake – di un serpente cobra avvistato in viale Kennedy. Anche in quel caso scoppiò una paura diffusa – quasi paranoica – che costrinse le Forze dell’ordine e gli altri organi istituzionali locali ad intervenire per placare gli animi, con la pronta collaborazione delle Guardie WWF esperte nel recupero di fauna selvatica. Dopo qualche giorno, però, fu accertato che la foto del rettile pubblicata sui social da un sancataldese – con tanto di avviso ai concittadini a non attraversare quella strada – era stata presa da un sito web di giocattoli e raffigurava un serpente… di gomma!

L’ennesima riprova, da una parte, che i social sono ambienti ad alto rischio, da cui disinformazione e false verità possono danneggiare il tessuto sociale e, dall’altra, che troppo spesso gli utenti non si impegnano a verificare la veridicità di ciò che leggono.