Un milione di munizioni all’anno, il prima possibile. Con una nuova proposta ancora tutta da discutere al collegio dei commissari, Bruxelles punta dritto a rinforzare la sua industria della difesa per aumentare la capacità di produzione di armi da artiglieria. E lo fa con un nome in codice che ne descrive l’urgenza: ‘Asap’, l’acronimo inglese di ‘as soon as possible’ ma, in questo caso, di ‘Act in support of ammunition production’, il piano appena messo nero su bianco dai servizi del commissario Thierry Breton e pronto a essere presentato. A contribuire a renderlo realtà nei prossimi mesi potrebbero essere i primi undici Paesi, tra i quali anche l’Italia, con le industrie della difesa più avanzate del Continente. E a loro disposizione vi sarebbero un fondo comunitario da 500 milioni di euro per co-finanziare la produzione di munizioni, nuove procedure di autorizzazione più snelle e la possibilità di utilizzare anche parte delle risorse del Pnrr e della politica di coesione per contribuire alla causa. La base industriale della difesa in Europa, nelle parole del commissario francese, “non ha oggi le dimensioni per soddisfare le esigenze di sicurezza dell’Ucraina e dei Paesi membri, ma ha il potenziale per farlo”. Un potenziale da esprimere adattando “l’intero sistema a un conflitto ad alta intensità” come quello provocato dall’aggressione russa in Ucraina. E portando l’intero comparto continentale “alla modalità economia di guerra”. A partire dal rafforzamento della produzione di munizioni, invocato anche dai leader Ue al vertice del 23 e 24 marzo scorso come parte di quella promessa a Kiev di fornirle un milione di pezzi entro la fine dell’anno. Dopo un viaggio lungo quasi due mesi da nord a sud dell’Europa, e da est a ovest, il commissario ha messo a punto con le capitali il disegno per accelerare la produzione di armamenti, arrivando a un milione di armi da artiglieria in dodici mesi, facendo saltare i colli di bottiglia nella catena di approvvigionamento. Il piano a due pilastri prevede l’allentamento della burocrazia, ma anche alleanze tra Paesi e joint venture tra aziende. Accanto, uno schema di finanziamenti composto da un fondo da 500 milioni di euro dal bilancio comunitario (260 milioni saranno traslati dal Fondo europeo della difesa e 240 milioni dal suo gemello Edirpa), quote di co-finanziamento Ue fino a un massimo del 60% a progetto, e risorse da reindirizzare dai Pnrr e dalla politica di coesione. Il disegno ha incassato subito il placet di Italia, Francia, Germania, Spagna, Grecia, Svezia, Bulgaria, Slovacchia, Repubblica Ceca, Polonia e Romania, ai quali successivamente si affiancheranno anche Slovenia e Croazia. Ma non trova ancora d’accordo i Paesi più piccoli e nemmeno la Banca europea per gli investimenti, già impegnata a finanziare le politiche Ue sul green e il digitale. Anche per questo i dissidi all’interno dello stesso collegio dei commissari Ue sarebbero ancora da appianare e, stando a quanto trapelato da alcune fonti di Palazzo Berlaymont, il confronto politico si preannuncia acceso. Senza contare che, malgrado l’urgenza, le capitali non hanno ancora trovato l’intesa sull’altro piano di acquisto delle munizioni concordato a marzo. Con la clausola ‘Buy European’ voluta dalla Francia a ostacolare la via. (Di Valentina Brini, Ansa)