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Caltanissetta, Processo Montante. Generale Truglio: “Mai subite pressioni da De Felice”

Elvira Terranova

Caltanissetta, Processo Montante. Generale Truglio: “Mai subite pressioni da De Felice”

Lun, 15/05/2023 - 16:56

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“Non ricordo se il direttore della Dia di allora Arturo De Felice abbia mai indicato nominativi di soggetti su cui indagare. Non posso escluderlo, ma non lo ricordo nello specifico, non ne ho memoria”. A dirlo, deponendo al ‘Maxiprocesso di Caltanissetta’ sul cosiddetto Sistema Montante, che vede alla sbarra politici, imprenditori, forze dell’ordine, ma soprattutto l’ex potente Presidente degli industriali siciliani Antonello Montante, già condannato in un altro processo per corruzione, è il generale Giovanni Truglio, Comandante della Divisione Unità specializzate dei Carabinieri a Roma. Il teste ha prestato servizio alla Dia, presso gli uffici centrali, dal 2011 al 2014, come capo del Primo Reparto, il Reparto che si occupa di misure di prevenzione, di appalti e analisi. Secondo l’accusa, il generale De Felice, imputato nel processo, mentre svolgeva il suo incarico a capo della Dia, “esercitava le sue prerogative istituzionali, sia investigative che direttive, in maniera tale da soddisfare gli interessi personali di Antonello Montante e di soggetti a lui collegati”. L’ex capo Dia avrebbe anche adottato “su esplicita sollecitazione iniziative pregiudizievoli nei confronti di soggetti invisi a quest’ultimo e favorendo invece quelli da lui ritenuti ‘vicini'”. Sono numerosi i ‘non ricordo’ del generale Truglio nel corso della sua deposizione, all’aula bunker del carcere Malaspina di Caltanissetta. “Non ricorda se il generale Arturo De Felice abbia insistito per svolgere accertamenti sui nominativi di quell’elenco?”, gli chiede la pm Claudia Pasciuti, dopo avergli mostrato alcune note su indagini da fare nei confronti di alcuni nominativi, tra cui l’imprenditore agrigentino Salvatore Moncada, morto di recente d’infarto, che si era costituito parte civile nel processo. Moncada raccontò di essere stato avvicinato dall’imprenditore Giuseppe Catanzaro, pure lui sotto processo a Caltanissetta, l’imprenditore dei rifiuti che qualche anno dopo avrebbe preso il posto di Montante in Sicindustria. “Per non avere intoppi nel progetto per un parco eolico a Gela”, così disse Moncada, avrebbero dovuto “lavorare insieme”. Alla fine Moncada decise di andarsene.

O nei confronti di due imprenditori di Palermo. Secondo l’accusa nel mirino delle indagini pilotate di Montante ci sarebbero stati Giuseppe Amato e Francesco Foresta, editori di “Live Sicilia” e “S”, ma anche altri imprenditori. “Non ne ho memoria. Si facevano riunioni con i direttori. Non posso avere memoria di tutti i nominativi che mi sono passati sotto gli occhi”, ribadisce il generale Truglio. Che spiega: “In generale, ricordo che De Felice chiedeva risultato operativi”. “Sul mio tavolo arrivavano centinaia di carte tutti i giorni, averne memoria è impossibile”. Nel corso del controesame i legali gli hanno chiesto esplicitamente se il generale Arturo De Felice abbia mai “esercitato pressioni” per eseguire delle indagini su alcuni personaggi “segnalati” nelle notte indicate dalla Procura a inizio udienza. “No”, è la riposta secca del generale Truglio. Poi, ricorda che le proposte di misure di prevenzione patrimoniale erano “in media 68 all’anno. Un buon risultato”. “Il primo reparto faceva analisi piuttosto massive su tutti coloro che avessero dei precedenti di reati collegati ad associazione mafiose, non facevamo che fare indagini su molti nominativi per estrarre degli obiettivi di interesse per le indagini patrimoniali – spiega ancora il generale Truglio, quando la pm Pasciuti gli mostra le note della Dia – Gli obiettivi erano individuati dai centri operativi che poi facevano le indagini, oppure il primo reparto faceva delle analisi su grandi bacini di possibili obiettivi per cercare di enumerare o individuare quelli potenzialmente remunerativi. Queste analisi venivano poi mandate ai centri operativi competenti che dopo avere fatto le verifiche decidevano se intraprendere una indagine finalizzata alla misura di prevenzione.Insomma, si facevano degli studi di analisi per individuare gli obiettivi. La materia delle misure di prevenzione era uno dei focus della Dia in quel momento”. Truglio parla, quindi, di “Interrogazioni massive delle banche dati, su materiale documentale reperibile alla Dia stessa. C’era poi una sommaria interrogazioni di altre banche dati con riguardi di beni mobili e immobili. E poi fatto questo si riunivano le cose e sulla base di parametri, queste analisi, con soggetti che avevano un certo tenore di vita o noveri di beni nella disponibilità erano oggetto di analisi patrimoniali. Poi il centro operativo era chiamato a sviluppare il lavoro”. 

E ribadisce: “Non ricordo se ho parlato di questi nominativi con Arturo De Felice. “E’ capitato che i due direttori indicassero nominativi sui quali svolgere approfondimenti, sia su attività di indagine della Polizia giudiziaria che di misure prevenzione”. Spiega, però, il generale, tra i tanti “non ricordo” che quelle note erano “inusuali”. Rispondendo alle domande dell’avvocato Giuseppe Panepinto, difensore di Antonello Montante, il generale Truglio ha spiegato: “L’iniziativa delle indagini patrimoniali poteva essere autonoma per potere partire con una indagine, ma l’iniziativa era sempre dei centri operativi”. Sempre oggi era prevista la deposizione del colonnello Enrico Ferrari della Guardia di Finanza, che tra il 2011 e il 2015 ha diretto la terza divisione del Primo Reparto della Dia, che però ha fatto pervenire un certificato medico. Inizialmente, i processi sul ‘cerchio magico’ di Montante, oggi assente in aula, erano due. Un processo Montante bis e quello ordinario, che vedeva alla sbarra 17 imputati. Nel processo bis erano imputati, oltre all’ex paladino dell’antimafia Antonello Montante, ex presidente di Confindustria Sicilia, l’ex presidente della Regione Rosario Crocetta, gli ex assessori Linda Vancheri e Mariella Lo Bello, l’ex commissario Irsap Maria Grazia Brandara, gli imprenditori Giuseppe Catanzaro, Rosario Amarù e Carmelo Turco, Vincenzo Savastano vice questore aggiunto all’epoca dei fatti della Polizia presso l’ufficio di frontiera di Fiumicino, Gaetano Scillia capocentro Dia di Caltanissetta dal 2010 al 2014, Arturo De Felice, direttore della Dia dal 2012 al 2014, Giuseppe D’Agata, colonnello dei carabinieri, e Diego Di Simone Perricone, ex capo della security di Confindustria. Mentre nell’ordinario, erano imputati l’ex presidente del Senato Renato Schifani, oggi Presidente della Regione siciliana, accusato di concorso in associazione a delinquere semplice e rivelazione di notizie riservate. Sotto processo anche l’ex direttore dell’Aisi Arturo Esposito, il caporeparto dell’Aisi Andrea Cavacece, il ”re dei supermercati” Massimo Romano, il tributarista Massimo Cuva, il colonnello dei carabinieri Giuseppe D’Agata, il sindacalista Maurizio Bernava, gli imprenditori del settore sicurezza Andrea e Salvatore Calì, Rosetta Cangialosi, Carmela Giardina e Vincenzo Mistretta (tre dipendenti di Montante), il poliziotto Salvatore Graceffa; il dirigente di Confindustria Carlo La Rotonda; il maggiore della Guardia di Finanza Ettore Orfanello; il luogotenente Mario Sanfilippo e il colonnello dei carabinieri Letterio Romeo. 

L’ex paladino dell’antimafia, secondo gli inquirenti, avrebbe messo in piedi un vero e proprio ‘sistema’ di potere, ideato e attuato “grazie a una ramificata rete di relazioni e complicità intessuta con vari personaggi inseriti ai vertici dei vari settori delle istituzioni”. Inoltre sarebbe stato al centro di una attività di dossieraggio realizzata, anche grazie a complicità eccellenti, attraverso l’accesso alla banca dati delle forze dell’ordine e finalizzata a ricattare “nemici”, condizionare attività politiche e amministrative e acquisire informazioni su indagini a suo carico. Grazie ai suoi contatti e all’influenza che esercitava in alcuni ambienti istituzionali, l’imprenditore avrebbe creato una sorta di rete spionistica: in cambio di favori, esponenti delle forze dell’ordine gli avrebbero dato informazioni su inchieste a suo carico, dritte sui “nemici”, consentito di avere pile di dossier su personaggi influenti. Secondo gli inquirenti Montante sarebbe stato la testa di una sorta di “governo parallelo” in Sicilia, e avrebbe “diretto” la vita politica e amministrativa dell’isola, piazzando suoi uomini in posti strategici. “E’ stato accertato con sufficiente chiarezza – aveva scritto la procura nissena nella richiesta di arresto – che Montante, oltre a promettere e a far ottenere occupazioni lavorative, si prodigasse per soddisfare aspettative di carriera o trasferimenti di sede”. Nel processo abbreviato, l’8 luglio del 2022, la Corte d’appello di Caltanissetta dopo 8 ore di Camera di consiglio aveva condannato l’ex presidente di Sicindustria, Antonello Montante, a 8 anni di carcere per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e accesso abusivo al sistema informatico. La corte d’appello di Caltanissetta presieduta da Andreina Occhipinti (a latere Giovanbattista Tona e Alessandra Giunta) aveva condannato anche i componenti del ”cerchio magico”: 5 anni per Diego Di Simone, l’ex ispettore della squadra mobile di Palermo diventato il capo della security di Confindustria. In primo grado aveva avuto 6 anni e 4 mesi. Un’altra condanna anche per Marco De Angelis, sostituto commissario della questura di Palermo: 3 anni e 3 mesi anni, mentre in primo grado ne aveva avuto 4. Anche lui avrebbe avuto un ruolo determinante nell’attività di ‘spionaggio’. Il processo è stato rinviato al prossimo 29 maggio. Oggi, il Presidente del Tribunale Francesco D’Arrigo ha elencato le date delle prossime udienze: il 12, il 19, il 26 giugno. E ancora il 3 e il 10 luglio. “A regime pregherei non meno di 4 testi a udienza”, ha detto il Presidente. Che già nella scorsa udienza aveva strigliato la procura per “l’esiguo numero di testi citati ad udienza”. Perché la prescrizione incombe.

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