Un albero genealogico dei vini siciliani e un registro che potrà essere utilizzato da tutti i viticoltori dell’isola per esaltare la biodiversità delle produzioni. Le aziende siciliane avranno inoltre la possibilità di acquistare materiale certificato di varietà autoctone dai vivaisti locali. Sono alcuni dei risultati del progetto “Valorizzazione del germoplasma viticolo” che ha visto interagire la Regione Siciliana, attraverso il dipartimento Agricoltura e il vivaio regionale Federico Paulsen, con la facoltà di Agraria dell’Università di Palermo e il consorzio di tutela vini Doc Sicilia insieme ad alcuni vivaisti privati. Il Paulsen ha fornito il materiale iniziale utile a sviluppare il progetto.
Il programma si è svolto con la riproduzione, attraverso tecniche avanzate, di dieci varietà viticole siciliane e sono state poste le basi per lavorare su altri biotipi: in un anno sono stati costituiti diversi impianti riproduttivi delle viti, con materiale iniziale sottoposto preventivamente a test di laboratorio per accertare la purezza delle varietà e l’assenza di virus. Le barbatelle prodotte (talee di vite che ha emesso le radici) sono state utilizzate nel secondo anno del progetto per la costituzione di due campi di piante madri di categoria iniziale, situati nell’agro di Petrosino.
«I risultati del lavoro della comunità scientifica
dell’ateneo di Palermo, insieme al dipartimento regionale e al consorzio di
tutela della Doc Sicilia – ha affermato l’assessore all’Agricoltura Luca
Sammartino – sono straordinari. È un patrimonio che oggi, grazie a uno studio
portato avanti dal dipartimento e dall’Università, mette al centro l’albero
genealogico dei vini siciliani e istituisce un registro che potrà essere
utilizzato da tutti i viticoltori siciliani per esaltare la biodiversità delle
produzioni dei nostri territori e riconvertire alcune zone della regione in
aree produttive. Siamo a pochi giorni dal prossimo Vinitaly dove la Regione
Siciliana cercherà di promuovere il proprio brand e posizionarsi sempre più in
alto sui mercati, nonostante la contrazione subita dall’export italiano.
Riusciremo, insieme alla comunità scientifica e alla compartecipazione di
pubblico e privato, a costruire nuove opportunità».
«La Sicilia è uno scrigno di biodiversità – ha affermato il dirigente generale del dipartimento regionale dell’Agricoltura, Dario Cartabellotta – e questo lavoro è servito non soltanto a valorizzare le specie autoctone, ma anche ad arricchire l’offerta. È una soddisfazione esaltare l’identità enologica siciliana attorno a cui si è sviluppata una grande e nuova capacità di enologi e imprenditori in un momento che si definisce “rinascimento enologico” nell’Isola. Dopo il Nero d’avola e il Grillo sono arrivate le bollicine di Sicilia che hanno ulteriormente arricchito l’offerta di vini degli ultimi anni».