Incidente sulla 626 Caltanissetta – Gela: 28enne condannato in appello per omicidio stradale plurimo

CALTANISSETTA. Il collegio di giudici della prima Sezione penale della Corte d’Appello di Caltanissetta ha confermato la condanna per omicidio stradale plurimo nei confronti di Andrea Nicosia, il 28enne di Gela responsabile dell’incidente che il 16 novembre 2018 sulla statale 626 Gela – Caltanissetta ha causato la morte di Giuseppe Danese e Angelo Scalzo, oltre al grave ferimento di altri due ragazzi.

Dopo che nelle precedenti udienze il perito nominato dalla Corte, l’ingegner Stefano Notar, aveva confermato la piena responsabilità nella causazione dell’incidente in capo ad Andrea Nicosia, escludendo ogni responsabilità nei confronti degli altri automobilisti coinvolti, il collegio di giudici si è riunito e, partendo da un conteggio più basso rispetto a quello del giudice di primo grado, ha rideterminato la pena in 5 anni e 4 mesi di reclusione. In primo grado, nel dicembre del 2020 era stato già condannato infatti a 7 anni e 4 mesi di reclusione – pena già al netto dello sconto per il rito abbreviato, con la sospensione della patente di guida per 2 anni e il pagamento delle spese processuali.

Le famiglie Scalzo e Danese, assistite dall’avvocato Rita Parla, fiduciario di Giesse Risarcimento Danni, gruppo specializzato nel risarcimento di incidenti mortali, dopo aver attentamente seguito sia la fase di indagine che il giudizio di primo grado, anche questa volta erano presenti in aula ed hanno assistito, come sempre unite a far fronte comune, alla nuova condanna.

“La speranza era che venisse confermata in toto la sentenza di primo grado – il loro commento congiunto, all’uscita dall’aula – Impossibile nascondere l’amarezza per questa rideterminazione della pena, i nostri cari quel tragico giorno se ne sono andati per sempre ma ora il timore è che, ad ogni grado di giudizio, chi ne ha irresponsabilmente causato la morte possa ottenere una pena sempre più bassa. Le famiglie vittime, come noi, di simili, orribili tragedie non sono realmente tutelate dalla legge italiana: ci sentiamo amareggiati e abbandonanti”.

“Anche in questo secondo grado di giudizio – conclude l’avvocato Rita Parla di Giesse – i giudici non hanno concesso neppure una sola attenuante, a ulteriore riconferma della piena responsabilità dell’imputato. Partendo però da una pena base inferiore a quella conteggiata dal giudice di primo grado, hanno rideterminato al ribasso l’entità della condanna: attenderemo ora le motivazioni della sentenza per comprendere le ragioni di una tale scelta”.

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