MUSSOMELI (Di Salvatore Vaccaro) Scendendo dalla Contrada dei Monticelli, in direzione sud, la prima volta, e, poi, dalla Caldea, o meglio dalla Quadìa, salendo in alto, sono andato diverse volte, con degli amici, sul “Cozzo Contrasto”, che, alcuni anziani, lo chiamano, pure, “Cuntrastu”, da un nome stranissimo ed impossibile da capire di cosa si tratta. Pochi la conoscono questa zona antichissima, e forse nei 400/500 anni dopo Cristo. Ma in un libro siciliano “u cuntrastu” significa di una “contesa”!? O, invece, di un “litigio”, come si legge in questo vecchio vocabolario, nel 1868, di Antonio Traina!? Anche in un vocabolario italiano, oltre a quelli di sopra, ci sono tanti diversi del “contrasto”, tra, cui, un “impedimento”, o di “ostacolo”, per non dire tutti gli altri. Tra queste differenze, ho pensato che il nome, del “Contrasto”, quello giusto, sarebbe, proprio, come quello di un “cuneo di pietra”!? Come dire ostacolato di queste “pietre trapezoidali”, disposte l’una di fianco all’altro!? Chissà! Questo nome, di cui non sapremo mai, tutto si sta perdendo, prima e dopo, del nostro tempo lontano. Da quello che so, come nella nostra mussomelese della Portella del Paradiso, non esiste nessun altro “Contrasto” in tutta della Sicilia. E come detto, sopra, sono stati, sicuramente, quei “bizantini” cristiani dell’Impero romano d’Oriente, in cui chiusero o, forse, distrussero quel tempio remoto di un “santuario arcaico”, di quel nostro protostorico!? In quella roccia megalitica “triangolare”, con due enormi buchi, a destra ed a sinistra, come due finestre aperte nel nord e, verso, il sud, e nel centro, giù, di questa “nicchia absidale”, nonché altre piccole grotte, in basso o in alto, sembra, ancora, oggi, come, quasi, un edificio consacrato nella divinità di oltre tremila anni fa. E quegli uomini antichi, duecento o trecento, pregarono tutti gli “dèi” o quelli del nostro “sole” e della “luna”, aprendosi, ogni giorno, i due grandi “fori” aperture con dei giganteschi massi, come due archi megalitici, a destra ed a sinistra, nelle loro “pietre sacre” e, in particolare, nella nostra aurora del “solstizio d’inverno”, il 21 dicembre (!), poi, nel “tramonto solstiziale d’estate”, in quel giorno 21 giugno, e, infine, “all’equinozio di primavera”, del 21 marzo. Non abbiamo altre certezze di questo “Contrasto”, ma quei nostri lontani “sicani” si sono persi (?) oppure sono entrati, da tantissimi secoli, dentro di noi, dentro quella nostra pelle o in quella testa, ma senza saperlo, in quel piccolo “borgo” di mille abitanti e di mille anni fa. E di quell’intero roccioso ammasso, qui, in alto, è bellissimo da rivedere, e da osservare tante volte, sia dal sud o dal nord. Come dal nostro paese non sapremo mai quel nome lontanissimo “sicano”, prima del “Contrasto”. Che sia come quello di “Indaro” che lo abbiamo collegato ad “Indaruminicu” e che sia in linea ad est? Può darsi!? Intanto, visto che non c’è stata mai una ricerca, o un libro, da parte della Soprintendenza regionale o nissena dei Beni Culturali o dell’Archeologia, pensiamoci, almeno, di questo mio articolo nonché di un libro degli archeologhi di Scuderi, Maurici e Polcaro, di circa cinque anni fa, su “I Campanari – Artificialmente forata e astronomicamente”, scrivendovi di un “foro” sul Monte Iato e con due pagine e sulle foto della nostra roccia doppia forata e dei nostri “solstizi”, (senza, però, quel “Contrasto”, di cui non conoscevano), concludendovi alcune parole del nostro amico geologo R. Prisco, su questa “sacra rupe”, scritto sulle pagine degli archeologhi: “…lunga la cresta calcarea con asse grosso modo in senso est/ovest che raggiunge e supera i 700 metri sul livello del mare…”. (Prof. Salvatore Vaccaro)