Si è svolto questa mattina nelle due sedi dell’ITET Rapisardi – Da Vinci che si trovano in viale Regina Margherita e in Via Turati, un incontro con il professore Guido Lorenzetti, vicepresidente dell’Associazione Nazionale ex Deportati (ANED).
Un appuntamento che l’istituto nisseno diretto da Santa Iacuzzo ha programmato per far riflettere gli studenti sulla Giornata della Memoria e sulla necessità di non dimenticare – e non ripetere – gli errori del passato.
Dopo un primo momento in cui il professore Lorenzetti ha ripercorso le tappe della storia mondiale che hanno condotto alla Shoah e alla deportazione nei campi di concentramento, ha raccontato la storia di suo padre Andrea Lorenzetti, che da procuratore di borsa di un importante banchiere decide di rinunciare alla sua “vita” per vivere da “clandestino”.
L’uomo, arrestato, è stato deportato prima a Fossoli e successivamente nel campo di Mauthausen dove ha vissuto dieci mesi in condizioni durissime, con l’accusa di essere un oppositore politico al regime nazifascista.
Successivamente alla liberazione del campo, è stato ricoverato in ospedale dove, però, a causa delle condizioni fisiche vissute durante il regime di privazioni, è morto dopo una decina di giorni.
Diverse sono le lettere che è riuscito a far avere ai suoi cari dal carcere di S. Vittore e dal campo di Fossoli.
Dal carcere, ha scritto alla moglie: “Ci sono momenti della vita che dentro di noi la coscienza chiama e dice ‘questo è il tuo dovere’ e non ci si può sottrarre senza perdere la stima di noi stessi. E la verità sta in quello in cui si crede” (lettera da S. Vittore 26 marzo 1944) e nel suo testamento dettato ad Aldo Ravelli il 15 maggio 1945 poche ore prima di morire ha sperato che i suoi cari riuscissero a superare quella tragedia e vedere la situazione nella giusta prospettiva, quella dell’anima e del cuore piuttosto che la realtà oggettiva dei fatti di cronaca. “Prego i miei di perdonare il dolore che arreco loro – ha scritto -, non mi pento di quello che ho fatto malgrado tutto quello che ho sofferto sarei pronto a ricominciare; perciò, non mi compiango”.
Questi ideali, ha più volte affermato durante l’incontro il prof. Lorenzetti, hanno guidato la sua vita poiché “perdere il padre all’età di sei anni è come perdere un braccio, devi imparare ad andare avanti con l’altro” ha concluso.