La disfunzione olfattoria (OD), nota anche come anosmia o iposmia, ovvero la perdita o riduzione dell’olfatto, e’ uno degli effetti a lungo termine dell’infezione da Covid-19. Un nuovo studio interamente italiano, frutto della collaborazione fra la Sapienza Universita’ di Roma (Prof.ssa Roberta Lattanzi; Dott.ssa Daniela Maftei, Dott.ssa Martina Vincenzi del Dipartimento di Fisiologia e Farmacologia “Vittorio Erspamer”) il CNR (Dott. ssa Cinzia Severini, Istituto di Biochimica e Biologia Cellulare, presso Dipartimento di Organi di Senso, Sapienza Universita’ di Roma) e l’Universita’ degli Studi di Roma Tor Vergata (Prof. Nicola Biagio Mercuri, Prof. Francesco Maria Passali, Dott. Tommaso Schirinzi) ha individuato nuove vie molecolari coinvolte in questa manifestazione patologica della sindrome post- Covid.
I risultati del lavoro sono stati pubblicati sulla rivista Brain, Behaviour, and Immunity. Attraverso l’analisi dei neuroni olfattori di pazienti con OD da almeno 6 mesi, i ricercatori hanno dimostrato, rispetto ai soggetti di controllo, un grande aumento nell’attivita’ di due vie infiammatorie strettamente legate alla fisiopatologia dell’olfatto vale a dire la sostanza P (SP) e la prochineticina-2 (PK2).
Questo incremento, in correlazione con i test olfattivi, indica l’importanza di tali vie nelle alterazioni a lungo termine della sindrome post- Covid-19. I neuroni olfattori sono stati ottenuti attraverso il nasal brush, lo spazzolamento della mucosa olfattoria, una tecnica non invasiva che permette di prelevare e poi analizzare questi neuroni simili, per molti aspetti, ai neuroni cerebrali. “Mentre l’incremento di SP – spiega la Prof.ssa Roberta Lattanzi del Dipartimento di Fisiologia e Farmacologia Vittorio Ersparmer della Sapienza – sembra essere un fattore fondamentale nel processo infiammatorio probabilmente all’origine della tempesta di citochine, l’espressione di PK2 potrebbe invece essere correlata con il recupero delle funzioni olfattive”.