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Dal Porticato a quella nostra “Catabba”…. ( prof. Salvatore Vaccaro)

Redazione

Dal Porticato a quella nostra “Catabba”…. ( prof. Salvatore Vaccaro)

Mar, 17/01/2023 - 18:56

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MUSSOMELI – (PROF. SALVATORE VACCARO) – Qualche mese fa, aiutato da un amico, sono andato da Piazza Roma, giù, in Via Mancuso, entrandomi di nuovo in quel dolce Porticato dei Monti. Mi sono molto fermato ancora a rivedere e contemplare questa amabile nella “figuredda” della Madonnina con Gesù Bambino, e quasi, certamente, dipinto dal nostro bravissimo pittore Salvatore Frangiamore, nei primi anni del ‘900. Mi risalgo, piano piano, ed entro in questo Cortile di “Catabba”, dove, da un po’ di tempo, non ci abita più nessuno. Anche tutte quelle piccole case sono ormai chiuse. Alcune sono pure aperte o, già, devastate. Sono pochissimi quelli che conoscono il nome della “Catabba”. Ma non si sa che cosa vuol dire. Anche lo stesso nome si ritrova nella campagna della parte bassa delle “Grotte”. Forse, questa “Catabba” ci fossero mille, o duemila, anni fa in quel borgo antico e, poi, scomparso nella vallata dalle “Grotte”? Per non dire che è già profondata o sconfitta, oppure distrutta o trafugata? Viene molto da pensare a questo nome e cosa possa esprimerne. Ho letto qualcosa dal greco “Katabasis” che vuol dire in italiano “discesa”, oppure dall’arabo “Qataba”, cioè “adunata”. Certo, viene da dire, solo, alla nostra “Catabba”? O alla roccaforte di “Kalat-abd-el-Mumin”, sempre, laggiù, sulle “Grotte”, che gli emiri, come scrisse l’Amari nella sua “Storia dei musulmani”, e del nostro Sorge, in cui tentarono di abbattere quei loro Bizantini? Oppure, probabilmente, c’è stata, invece, un’altra “Catabba”, qui, dentro il nostro paese!? Chissà. Ma, vicino a Messina, c’è un paesino Monforte San Giorgio che, ogni anno, alla fine di gennaio, festeggiano una “Katabba” e lo chiamano anche “Tammurinata”, in cui suonano un tamburo e con le campane, battito dal ritmo, imitandosi il passo di un cavallo da un messaggero, che annunzia l’arrivo dei Normanni con il “Gran Conte Ruggero” da quel galoppo sui cavalli e con i soldati nella battaglia contro gli arabi! E’ sicuro che dal 1061, per circa trent’anni, questo Conte d’Altavilla, cioè il primo Re Ruggero I, nonché col fratello Roberto il Guiscardo, con i trecento cavalieri dei Normanni, avanzarono tutte le terre siciliane, distrussero le loro torri e i bastioni, sconfissero gli arabi che, da una parte, fuggirono sulle loro navi palermitane, o furono, ormai, assoggettati in tutta la Sicilia, da Messina a Palermo, dai tanti paesi, dai piccoli ai grandi. E quella vittoria dei Normanni fu accolta trionfalmente dalle popolazioni in quel tempo lontano, lontano. E, oggi, vi sono tanti paesini, in particolare nelle zone di Messina e di Catania, che celebrano le feste medievali che suonano le campane delle chiese, e si vestono i giullari, i giocolieri, gli arcieri, i fachiri e i mangiafuoco, oltre di quei costumi dei cavalieri e delle dame, dei guerrieri e dei principi. Così, come a ricordare questo piccolo Monforte San Giorgio, o di Rometta, o di San Marco d’Alunzio o di Montalbano Elicona. Mille anni fa, nel nostro paese si chiamava “Menzil-al-Amir”, ed “al-Amir” fu proprio loro un Emiro. Come quello uguale di Misilmeri, vicino Palermo, scritto dal geografo Edrisi arabo, nel 1150, e, pure, da Mons. F. Romano, sul suo libro “Il castello di Misilmeri”, nel 1981, in cui nel nome degli abitanti, chiamavano “musumelisi”, come dire a quelli di Mussomeli. E, in quel periodo remoto, verso nel 1090, quando vi arrivarono i Normanni, furono annientati quei Musulmani, e insieme anche al loro capo dell’Emiro. Lì, probabilmente, con il normanno Roberto il Guiscardo, fu aperta la prima cappella di San Giorgio e ci furono, allora, più di mille nostri abitanti, in cui, chissà, avrebbero gridato, cantato e festeggiato quella “adunata”, proprio, quella nostra grande “Catabba”!? Certo, mi viene da pensare a quelle “monete arabe” che si presero, sotto o dentro(?), nel nostro castello! E cento anni fa, quei 130 “dinar” d’oro di un nostro “Emiro”, furono trovati da un nostro contadino. Qualcosa, estremamente rarissimo, e unico in Sicilia, ma che si trovano solo al Museo di Siracusa! Farli tornare, qui, indietro, non sarebbe male e, insieme, a tanti altri portati via. E se cominciassimo ad infiammare qualcosa della nostra terra mussomelese, un giorno, finalmente, la costruiremo!( di Salvatore Vaccaro con alcune foto di Michele Ricotta)