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Italia, Covid: tra under 50 probabilmente sommerse 2 diagnosi su 3. Fatte in casa e non comunicate alla Asl

Redazione

Italia, Covid: tra under 50 probabilmente sommerse 2 diagnosi su 3. Fatte in casa e non comunicate alla Asl

Sab, 10/12/2022 - 10:46

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Nell’ultimo anno è diminuita molto la proporzione di diagnosi di Covid tra chi ha meno di 50 anni, mentre dai 50 anni in su è progressivamente aumentata. Un ‘saliscendi’ nell’età dei positivi che potrebbe esser spiegato dal fatto che, tra i più giovani, ora che non c’è più il Green Pass, fino a due diagnosi su tre potrebbero esser sommerse, ovvero fatte in casa e non comunicate alla Asl. A evidenziarlo è un’analisi basata su dati aggiornati a novembre, pubblicata sul sito online della rivista Epidemiologia e prevenzione dell’Associazione Italiana di Epidemiologia, a cura di Maria Teresa Giraudo, Cesare Cislaghi e Manuele Falcone.

Nei primi due anni della pandemia Covid, la distribuzione per età delle diagnosi è stata abbastanza costante e omogenea tra la popolazione giovane e anziana. Da gennaio a novembre 2022, invece, la distribuzione per età delle diagnosi ha visto progressivamente diminuire la quota di giovani contagiati e aumentare quella degli over 50. “I numeri fanno ipotizzare che, in media, tra gli under 50 anni siano state notificate a novembre solo una diagnosi su tre e quindi ci potrebbero essere stati circa 840.000 contagi in più di quelli registrati”, osservano i ricercatori.

“L’ipotesi – chiarisce ad ANSA l’epidemiologo Cislaghi – è che parte di questa variazione sia dovuta al fatto che tra i giovani ci siano più diagnosi fai da te non notificate. Questo cambiamento è difficilmente interpretabile in altro modo. I giovani, d’altronde, sono più spesso asintomatici, mentre gli anziani, da un lato hanno più sintomi e dall’altro fanno più spesso tamponi magari per un ricovero o un accesso in day hospital”.

Questa sottodiagnosi spiega anche perché dal primo al 30 novembre c’si è rilevato un aumento dei positivi tra i ricoverati in reparto e in terapia intensiva, rispettivamente del 38% e 44%, molto maggiore rispetto quello della popolazione generale, pari a 18%. A supportare l’ipotesi, anche il fatto che in Italia 9 persone su 1.000 risultano oggi positive, mentre in Gran Bretagna ben 17 su mille. Nel novembre 2021, d’altronde, precisa Cislaghi, “c’erano circa il triplo di diagnosi rispetto a quelle viste a novembre 2022, anche per via dell’effettuazione, all’epoca, di tamponi richiesti per il Green Pass per andare a lavoro o per viaggi in aereo”.

“La realtà è quindi – rilevano i ricercatori nell’articolo – un po’ diversa da quella ricavata dai dati ufficiali e sarebbe molto utile che venissero eseguite delle indagini campionarie in grado di stimare qual è oggi la percentuale anche di diagnosi non notificate, come viene fatto dall’Office for National Statistics inglese”. A fronte di questo, concludono, “la strategia più opportuna non è quella di aspettare che il virus sparisca da solo, come invece sembra sia stia facendo oggi”