Tutti più giovani di un anno. In certi casi perfino di due. Succederà in Corea del Sud, dove dal 2023 le lancette dell’orologio saranno spostate indietro per oltre 50 milioni di persone. All’origine del cambiamento alcune leggi di recente approvazione in forza delle quali il metodo internazionale basato sulla data di nascita subentrerà a quello tradizionale che, tra le altre peculiarità, conteggia anche i nove mesi di gestazione del bambino.
Una nuova legge renderà i cittadini sudcoreani “piu’ giovani”. Dal giugno del 2023, tutti i documenti ufficiali dovranno riportare l’età “internazionale”, e non più il metodo di calcolo tradizionale, rendendo i cittadini sudcoreani più giovani di uno, o addirittura due anni. In Corea del Sud ci sono, infatti, tre differenti età per ogni persona: “l’età coreana”, “l’età del calendario” e, appunto, “l’età internazionale”.
Il sistema genera confusione e il provvedimento approvato da
Seul servirà a standardizzare il calcolo dell’età, unificando il sistema a gran
parte del resto del mondo. Il sistema internazionale, usato anche in Occidente,
indica il numero di anni trascorsi dalla nascita, e comincia dal numero zero,
ma molti usano il metodo coreano, che parte a contare gli anni dal numero uno e
allo scoccare del nuovo anno aumenta di una unità: per ipotesi, i bambini nati
l’ultimo giorno dell’anno, quindi, nel giro di poche ore hanno già due anni. Il
metodo del calendario è, invece, una specie di mix tra i due sistemi: si parte
a contare l’età dal numero zero, ma allo scoccare del nuovo anno si aggiunge
un’unità.