Città che vai, interpretazione della partecipazione che trovi. Già solo a guardare quanto accade nei nove capoluoghi siciliani, ci si imbatte in una grande varietà di modelli di applicazione della legge regionale 5/2014, che impone ai Comuni siciliani di spendere il 2% delle somme ricevute annualmente dalla Regione con forme di democrazia partecipata.
Un solo elemento mette tutti d’accordo: il diritto alla partecipazione è riconosciuto ai residenti maggiorenni, ad associazioni, ditte, enti pubblici e privati con sede nel territorio comunale. Su tutto il resto fioccano le differenze. Tutti i capoluoghi tranne Catania e Messina includono i minorenni dai 16 anni in su; Palermo aggiunge anche le scuole di ogni ordine e grado; Trapani ammette anche chi esercita attività prevalente di studio o di lavoro nel territorio comunale, gli stranieri e apolidi domiciliati; Caltanissetta e Messina escludono i titolari di incarichi di natura politica e i dipendenti comunali.
Quanto alla possibilità di presentare progetti da parte della cittadinanza, ad Agrigento, Caltanissetta, Catania (da quest’anno), Enna, Messina, Siracusa, Palermo, Ragusa i cittadini possono avanzare proposte. L’unica condizione è che i progetti siano attinenti alle aree tematiche indicate nel Regolamento sulla partecipazione, pre-selezionate dal Comune (Catania e Palermo) o, ancora, scelte dai cittadini tramite votazione (a Caltanissetta). A Trapani, invece, il processo di partecipazione segue un ordine inverso rispetto al resto dell’isola: i cittadini scelgono l’area tematica e, in base ai voti ottenuti, gli uffici comunali pubblicano avvisi a presentare progetti rivolti ad associazioni.
Ma chi decide quali proposte realizzare? Su questo aspetto nei nove capoluoghi siciliani ci sono più sfumature che toni di blu sulla tavolozza. A Caltanissetta, Catania, Enna, Siracusa, Palermo decidono i cittadini, convocati in assemblea pubblica e/o al voto. Ad Agrigento e Ragusa decide la commissione tecnico-politica sulla base dei punteggi assegnati a ciascun progetto.
Fanno caso a sé Trapani e Messina, in cui l’iter è molto complesso ed è difficile dire chi decide cosa. Nella città delle cinque torri, semplificando, decidono per il 30% i cittadini e per il 70% il Comune. I primi scelgono l’area tematica tramite voto, poi la commissione tecnica divide i fondi tra le aree tematiche in maniere corrispondente all’esito del voto, infine gli uffici comunali pubblicano avvisi per la presentazione di progetti rivolti ad associazioni, su cui poi effettuano una valutazione tecnica, decidendo di fatto quali finanziare.
Sullo Stretto, l’iter si accorcia in maniera poco convincente. In pratica esiste una sola fase che tiene insieme sia la proposta che la votazione. Il Comune pubblica un avviso e i proponenti, oltre a progettare, devono contemporaneamente fare in modo che le persone interessate rispondano all’avviso presentando lo stesso progetto. Sarebbe decisamente più semplice raccogliere in una prima fase le proposte per poi in un secondo momento tornare a far esprimere la cittadinanza con il voto sulle proposte.
«La norma regionale lascia ampio margine di manovra sulle modalità di regolamentare la partecipazione – sottolineano Giuseppe D’Avella e Francesco Saija del progetto “Spendiamoli Insieme” dedicato al buon uso dei fondi per la democrazia partecipata in Sicilia – e allora deve essere capacità e volontà degli Enti Locali mettere in piedi procedure regolamentate in maniera chiara, con tempi e modalità certe, che creino le condizioni per una partecipazione civica reale, efficace e inclusiva. Tutti aggettivi che, a otto anni dall’entrata in vigore della legge sulla democrazia partecipata, non possono accostarsi al modello siciliano, per numeri dei cittadini coinvolti, per qualità del processo, per esiti raggiunti».
Questi, a grandi linee, i punti di contatto e di divergenza nelle procedure di democrazia partecipata attivate nei nove capoluoghi siciliani. Nella prassi, emergono molte altre luci ed ombre di cui forniamo un mini stralcio a seguire. Pregando di citare www.spendiamolinsieme.it, per i dettagli su ogni singolo capoluogo si può fare riferimento alla pubblicazione online: https://www.spendiamolinsieme.it/2022/12/16/nove-capoluoghi-nove-modelli-di-partecipazione-diversi/
AGRIGENTO, PICCOLA STORIA TRISTE DI PARTECIPAZIONE
Da quattro anni restituisce immancabilmente i fondi e la proposta di modifica del Regolamento langue dal 2017 in Consiglio comunale
CALTANISSETTA, OLTRE 20 PROGETTI APPROVATI
Cittadini protagonisti a tutto tondo, finanzia massimo 8 mila euro a progetto per realizzare più proposte civiche, dubbi sui tempi di realizzazione
CATANIA APRE ALLE PROPOSTE MA LA PARTECIPAZIONE STENTA
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ENNA, SPRINTER DI PARTECIPAZIONE E ZERO EURO RESTITUITI
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MESSINA, UN UNICUM NEL PANORAMA REGIONALE
Sullo Stretto il processo è estremamente macchinoso e fonde proposta e voto popolare. Nel 2022 29 progetti su 39 sono noti solo a chi li ha presentati
SIRACUSA, 12 MESI NON BASTANO MAI
Tra assemblee, proposte e voto popolare, da quando sperimenta la democrazia partecipata la città sfora sistematica sulle scadenze ma approva in media 3 progetti l’anno
PALERMO, PRIMI PASSI PER (AUSPICABILI) GRANDI PROGRESSI
Approvato nel 2022 il Regolamento, necessario per avviare l’iter. Ma non prima del 2023
RAGUSA, I CITTADINI PROPONGONO, IL TAVOLO TECNICO DECIDE
Partecipazione in calando negli ultimi tre anni ma dal 2016 ad oggi la città ha avviato ogni anno l’iter, restituendo solo 306 euro e aggiungendo quasi sempre fondi
TRAPANI, PRIMA SI VOTA, POI SI PROPONE
Ordine inverso rispetto a quello degli altri capoluoghi, con i cittadini chiamati a scegliere sola l’area tematica dei progetti. Nel 2021 decidono in 38