Dopo 12 anni di intensa e prolifica missione a Caltanissetta, Padre Sergio Kalizak torna nel “suo” Brasile.
Il parroco di Sant’Agata, infatti, è stato richiamato in patria dal responsabile della “Copiosa Redenzione”, congregazione della quale lui fa parte dal 2010.
A Caltanissetta, a raccogliere la pesante eredità sarà padre Fabrizio già vice parroco della parrocchia e, per tanti anni, un confratello e un grande amico di colui che, per il cuore generoso e la possanza fisica, è stato definito il “gigante buono”.
La notizia ha destato forti emozioni nella città che lo ha prima accolto con il reverente rispetto che si addice all’abito che indossa e poi, dopo averlo conosciuto nel profondo, adottato con grande affetto al punto da sperare che le radici piantate nella parrocchia che sovrasta la grande piazza nissena non potessero essere più estirpate.
Padre Sergio, con un amorevole e un po’ malinconico sorriso, conforta i suoi parrocchiani spiegando loro che l’obbedienza è una delle regole che vengono abbracciate con gioia da chi sceglie di consacrarsi alla vita sacerdotale.
Quelli trascorsi, del resto sono stati 12 anni intensi e vissuti nella pienezza, anni in cui Padre Sergio ha contribuito a restituire vitalità a una parrocchia ritenuta “difficile” soprattutto per i disagi economici, sociali e culturali avvertiti dalla popolazione che vive nel territorio di appartenenza. Lui, però, non si è lasciato scoraggiare e ha iniziato la sua evangelizzazione invitando i parrocchiani ad avere fede in Dio ritenendolo “propulsore e motore trainante di ogni iniziativa che potrebbe essere definita al di fuori delle potenzialità umane”. Ha proseguito incoraggiando e sostenendo le proposte correlate a quelle tradizionalmente vissute in una chiesa permettendo che potessero sorgere – o potenziarsi – iniziative solidali quali, solo per citarne alcune, il banco alimentare, l’accudimento sostanziale e culturale dei bambini al di sotto dei 10 anni, il gruppo alfa. Ne è derivata una crescita esponenziale dei fedeli che, per una o più attività, hanno iniziato a militare attorno alla parrocchia, “carismi” che il parroco invita a non disperdere ma, al contrario, continuare ad arricchire e incrementare.
La forza evangelica di Padre Sergio, genuina e sincera, è sempre stata evidente a chi lo ha conosciuto. Un uomo dalla tempra robusta e un’indole determinata, caratteristiche tipiche di chi sa quale strada percorrere e procede senza vacillare nella fede, pur ammettendo tutte le sue debolezze di uomo e, in quanto tale, “incapace di portare avanti la missione affidata a lui senza il sostegno e la guida di Dio”.
Ogni sua parola, omelia o consiglio penetra profondamente nell’animo di chi lo ascolta perché viene pronunciata con genuina semplicità e umiltà. Uno dei “punti di forza” di Padre Sergio, infatti, è quella sua umana accettazione di essere “una testimonianza vivente dell’amore di Dio nei confronti dei suoi figli”. Padre Sergio Kalizak, che il prossimo 5 gennaio compirà 50 anni, è nato in Brasile, a Guarapuava (Paranà), una città del sud del Brasile in una famiglia dalla forte fede religiosa. Tre suoi zii materni sono sacerdoti ma la sua scelta di entrare in seminario, a soli 11 anni, non è stata dettata da una tradizione di famiglia da rispettare come consuetudine bensì una scelta consapevole di vita. “Mia madre mi racconta che è sempre stata convinta che io, il più grande dei suoi 4 figli, sarei diventato sacerdote – ha raccontato Padre Sergio -. Quando ero ancora un bambino tra le sue braccia e lei mi portava a messa io, con spontaneità, alzavo le mani verso il cielo imitando i gesti del sacerdote. Un atteggiamento che lei ha percepito come premonitore della mia vocazione. Il periodo in seminario non è stato semplice perché ero lontano dall’affetto della mia famiglia che, invece, faceva molti sacrifici per sostenere i miei studi. Loro erano contadini e io, essendo il maggiore tra i figli, potevo essere un valido aiuto per accudire i miei fratelli e lavorare nei campi. Sarò sempre grato ai miei genitori per questa loro decisione”.
Ordinato sacerdote il percorso di vita di Padre Sergio Kalizak ha preso una curvatura inaspettata perché, quando era ancora un giovane prete e si trovava a Roma per completare la sua formazione, subì pesantemente la pressione legata alle aspettative riposte in lui al punto da diventare insostenibile. Per cercare di compensare questo disagio il religioso è caduto nel vortice del vizio del gioco e dell’alcool. Una pessima abitudine che si è trasformata in una dipendenza che non riusciva più a gestire in modo lucido e autonomo. “Questo, però, non mi ha mai fatto vacillare la fede che io avevo in Dio perché ho sempre saputo che l’amore che Gesù Cristo riponeva in me è sempre stato più forte di ogni mio peccato – ha proseguito -. I miei superiori hanno più volte provato a aiutarmi per uscire fuori da questo facendomi ricoverare in ospedale per disintossicarmi, ma ogni volta, tornato a casa, ricadevo nei miei vizi. Avevo perso i contatti con la realtà e con i miei familiari.
Un giorno il parroco della chiesa nel quale prestavo il mio servizio mi portò dal vescovo della nostra diocesi e insieme mi proposero di entrare nella comunità della Copiosa Redenzione. A differenza degli altri percorsi di riabilitazione, infatti, questo era interamente gestito dai frati che, vivendo insieme ai tossicodipendenti, cercavano di supportarli in tutto e per tutto facendo capire loro l’amore di Dio nei loro confronti. Io accolsi di buon grado la proposta perché capivo che quella era l’ultima risorsa che mi restava per poter uscire da questa dipendenza. Arrivato in sede fui <<uno tra i tanti poveri peccatori>>, senza alcun trattamento privilegiato soltanto in virtù dell’abito che portavo. Lì, tra i giovani frati che prestavano servizio, conobbi un giovanissimo padre Fabrizio che mi fu vicino durante il mio percorso di riabilitazione, aiutandomi a scoprire il valore della preghiera e che ancora oggi, qui a Caltanissetta, rimane per me un prezioso punto di riferimento.
La mia dipendenza mi aveva cambiato non solo nell’animo e nel carattere ma anche fisicamente accentuando il mio rossore in volto e la mia fisicità ancora più imponente ma questo non ha mai intimorito i frati che, invece, hanno sempre riposto in me una grande fiducia. Ancora prima di concludere i canonici mesi previsti per il percorso riabilitativo io compresi di voler restare per sempre nella Copiosa Redenzione. Una congregazione che mi aveva salvato la vita e l’anima e, proprio per questa consapevolezza provata sulla mia pelle, scelsi di mettermi al servizio di altri che, come me, fossero caduti nella spirale del vizio e della dipendenza. Dio mi ha dato la libertà di peccare e grazie a questo ho sperimentato il suo grande amore e la sua grazia”.
Padre Sergio Kalizak, quando racconta il suo passato e quello della congregazione, diventa un fiume in piena, e mentre lo fa pesa ogni sua parola in modo da trasformare questa sua testimonianza personale in un incoraggiamento alla vita che deve essere vissuta in pienezza e nella fede. Un “dovere” che lui avverte perché, per primo, è stato testimone di un percorso di rinascita.
Conclusi i suoi studi al seminario e consacrato, Padre Sergio sacerdote entrò nell’ordine dei Basiliani proprio come la sua famiglia. I nonni materni e i bisnonni paterni sono originari dell’est dell’Europa, precisamente della Polonia e dell’Ucraina, e arrivando in Brasile avevano continuato a seguire il culto bizantino tramandandolo ai loro figli e nipoti. La sua scelta di passare alla Congregazione della Copiosa Redenzione, però, non è stata un atto di rinnegazione del passato bensì una collocazione più precisa nel progetto che a suo avviso Dio aveva predisposto per lui e, al contempo, per onorare quella “seconda occasione” ricevuta scegliendo di seguire la missione qualunque sarebbero state le condizioni o le richieste che gli avrebbero rivolto con la ferma certezza che ogni curvatura della sua vita sarebbe stata voluta da Dio.
“Io mai avrei potuto immaginare di tornare in Italia a distanza di qualche anno dalla mia prima permanenza e da quel tempo in cui iniziò la mia dipendenza. Accolsi con obbedienza la richiesta così come ora accetto di andare in Brasile per evangelizzare, trasferendomi a 3mila chilometri dalla mia famiglia di origine, in una Parrocchia a Rondonia nel nord del Brasile. Una realtà all’interno della foresta amazzonica composta da circa 52 comunità rurali e una popolazione di 25.000 abitanti. Questo rappresenterà un totale stravolgimento delle mie abitudini ma non mi spaventa perché so che, anche tornando dall’altra parte del mondo, avrò sempre Dio al mio fianco e sto affidando i miei parrocchiani, ormai diventati amici, a un sacerdote veramente speciale, padre Fabrizio”.
La presenza della congregazione della Copiosa Redenzione a Caltanissetta risale a circa 20 anni fa quando Padre Sorce, che si prendeva cura delle persone tossicodipendenti, conobbe le suore della Copiosa Redenzione e invitò una loro rappresentanza a venire proprio a Caltanissetta. “A questo inizio – ha proseguito padre Sergio – seguirono tanti fatti che a una visione laica potrebbero sembrare delle coincidenze ma noi cristiani sappiamo interpretare come l’inizio di un meraviglioso percorso e progetto divino”.
Un giovane seminarista venuto a Caltanissetta per studiare che fu accolto tra la comunità religiosa della Diocesi di Caltanissetta, un vescovo – S.E. Monsignor Mario Russotto – che Padre Sergio descrive come “un padre che si prende sempre cura del suo clero sostenendolo nelle necessità spirituali e impegnandosi affinché ciascuno sia accogliente verso il prossimo” e la cui lungimiranza ha portato a richiedere che una rappresentanza della Copiosa Redenzione potesse stabilirsi in modo permanente a Caltanissetta. Una fiducia che il Vescovo ha mostrato anche nella scelta della destinazione affidando loro la chiesa di Sant’Agata, una delle più antiche e belle parrocchie della città di Caltanissetta. Il Vescovo, infatti, era già convinto che la missione perseguita da questa Congregazione avrebbe potuto generare dei frutti. E per rispondere a questo invito 5 frati si spostarono dal Sud America al centro della Sicilia per poter iniziare il loro percorso di evangelizzazione a Caltanissetta, partendo dal cuore della città. Questo fu il contesto che trovò Padre Sergio arrivando in città nel 2011 e da allora è stato un crescendo intenso di emozioni attività e soprattutto conversioni individuali.
La partenza di Padre Sergio avverrà orientativamente nella seconda metà di gennaio ma la comunità nissena sta già avvertendo il dolore del distacco. “Porterò impresso nel mio cuore l’accoglienza e l’affetto di questo popolo nei confronti della mia comunità religiosa. Siamo arrivati da stranieri ma ci hanno accolto come fratelli – ha concluso Padre Sergio -. Mi piacerebbe che, dopo la mia partenza, i miei parrocchiani continuassero ad essere innamorati del carisma della Copiosa Redenzione e di come noi viviamo la nostra vita e predichiamo la parola di Dio. Vorrei che continuassero a essere promotori per accogliere chi ha fame e sete della misericordia di Dio aiutando il prossimo ad avvicinarsi alla chiesa. Dio chiede tanto a ciascuno di noi e tutti, religiosi e laici, dobbiamo imparare che <<perdere tempo>> a sostenere il prossimo in realtà permette di <<guadagnare tempo>> con il Signore”.
“Padre Sergio ha un grande dono – hanno commentato i suoi parrocchiani – quello di poter raccontare con naturalezza e sincerità l’animo umano. Lui guarda ciascuno di noi non come un peccatore da condannare ma un’anima smarrita che può e deve essere recuperata. Un percorso che lui affida a Dio. Da cristiani sappiamo che sarebbe egoista da parte nostra continuare a trattenerlo a Caltanissetta – hanno concluso -. Questo impedirebbe che il suo carisma possa esprimersi in altri luoghi e con altre comunità che sicuramente beneficeranno della sua evangelizzazione. Da esseri umani, però, ammettiamo che Padre Sergio ci mancherà come persona, come pastore e come guida spirituale”.