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Aldo Rapè: il teatro che “disturba” l’indole quiete e trascina verso un’esperienza introspettiva

Marcella Sardo

Aldo Rapè: il teatro che “disturba” l’indole quiete e trascina verso un’esperienza introspettiva

Lun, 28/11/2022 - 13:54

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Il regista e autore Aldo Rapè, reduce di alcuni progetti importanti per Caltanissetta, racconta il suo modo di interpretare e vivere il teatro.

Un mondo che deve essere percepito quasi come parallelo alla vita reale e che permette, con un salto nel tempo o con un presente immaginario, di far riflettere lo spettatore aiutandolo ad accendere una fiammella emotiva dentro di sé.

Per il regista ogni testo teatrale non è altro che un’interpretazione personale dell’autore e non deve essere considerata come una verità in assoluto. “Possiamo dire di avere avuto successo se riusciamo a creare ascolto nello spettatore” ha sottolineato Aldo Rapè.

Ascoltare, infatti, è quel primo passo che spinge l’individuo a interrogarsi su ciò che ritiene corretto e cosa, invece, deve essere cambiato. Una “rivoluzione” nell’animo umano che “disturba l’indole quiete” e fa precipitare verso dubbi e riflessioni. Ciò che scaturisce da questa conclusione non è più competenza o responsabilità dell’artista; quest’ultimo si trova coinvolto solo nella prima fase, quella nella quale si apre un canale comunicativo, “squarcia” l’animo e contrasta l’indifferenza totale verso la quale spesso si rischia di cadere.

Alle ottime intenzioni, però, non sempre seguono degli obiettivi efficaci. “Il lavoro dell’artista deve essere considerato al pari di quello di un artigiano che crea dal nulla quella che auspica diventi un’opera d’arte. Non sempre ci riusciamo ma abbiamo il dovere di provare a fare del nostro meglio – ha proseguito il regista -. Dietro ogni testo teatrale, ogni messa in scena c’è il sudore di mesi di riflessioni, di prove, di scrittura, di valutazioni per capire quale sia il percorso ideale per ottenere un maggiore impatto nel pubblico”. E, alla fine, l’artista sa già che non può conquistare tutti perché ciascuno spettatore interpreta ciò che vede mettendolo a confronto con il proprio vissuto. Le critiche, però, quelle costruttive, sono come una cartina tornasole che consente all’autore o all’attore di comprendere come potersi migliorare per offrire esperienze sempre più performanti al pubblico in sala.

“Esperienza” e “sala” sono altri due aspetti sui quali si è soffermato Aldo Rapè.

“Sono molto contento quando riesco a uscire dai canonici luoghi di spettacolo per entrare nelle piazze, nelle chiese, nelle arene aperte a tutti”.

Questo consente all’artista di estendere la fruizione del messaggio veicolato a un pubblico eterogeneo e, alla nicchia già fidelizzata, aggiungere una mole di persone che, per diversi motivi, non è solita accostarsi alle performance teatrali. Non si tratta di avere un maggior successo, un aumento degli applausi o di ingaggi. Si tratta, piuttosto, di arrivare a scuotere il pensiero di molte più persone.

Il teatro di Aldo Rapè è difficilmente catalogabile. Lo ammette lui stesso riconoscendo che, in fondo, ogni forma d’arte è identificabile come “sociale” perché racconta un frammento dell’essere umano ed è destinata ad analizzare “la società”.

Come è successo per “Pinuccio”, il testo teatrale liberamente ispirato alla vita nelle miniere di zolfo di Caltanissetta e ai suoi Carusi, bambini che per necessità si trovavano a dover svolgere un lavoro completamente inadeguato per la loro giovane età.

Grazie alla caparbietà dell’associazione Piccoli Gruppi Sacri e del suo presidente Michele Spena e alla disponibilità della Diocesi di Caltanissetta quest’anno, l’11 novembre, lo spettacolo è stato messo in scena, con ingresso libero e gratuito, dentro la Cattedrale Santa Maria La Nova.

“Un’esperienza straordinaria su tutti gli aspetti” come è stata definita dall’attore che ha interpretato il suo monologo in quel contesto ricco di significato rivolto a persone che, magari, non conoscevano le sfumature fosche di queste vicende.

Un luogo fortemente simbolico dato che in passato la Chiesa non consentiva di celebrare in un luogo sacro i funerali dei minatori morti tragicamente durante il loro lavoro. Un’amara “beffa” al danno che già aveva subito l’uomo e la sua famiglia.

Per “Pinuccio” la Cattedrale di Caltanissetta si è rivestita di un’atmosfera ancora più intensa grazie all’illuminazione artistica che ha colorato le navate con le tonalità rilassanti del blu e del rosa, le musiche dal vivo di Sergio Zafarà e la presenza della vara “La Flagellazione”, simbolo di un passato doloroso non ancora dimenticato in città e di una tradizione popolare che fonde insieme fede e folklore.

Un’altra esperienza densa di significato è stata portata a teatro il 24 novembre 2022 e, proprio come è avvenuto per Pinuccio e la Giornata in memoria delle vittime delle miniere, anche in questo caso è stato messo in scena alla vigilia di una data importante, la giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

Coinvolto dall’Inner Wheel e dalla sua presidentessa Pina Adamo, anche in questo caso Aldo Rapè ha voluto accendere i riflettori su tematiche delicate che, se adeguatamente analizzate, possono diventare un veicolo importante per aiutare le persone. La difficoltà sta nell’evitare il rischio di scivolare sul banale e trovare un’adeguata chiave di lettura. Pericolo sventato perché autori, regista e interpreti sono riusciti a entrare in sintonia e realizzare un prodotto che il pubblico ha gradito molto. Questo non è stato l’unico aspetto di cui Aldo Rapè è andato fiero. “Il ricavato dello spettacolo è stato totalmente destinato a sostenere le attività e le iniziative del centro antiviolenza offrendo un aiuto concreto a chi fugge dai maltrattamenti, chi cerca altrove una nuova vita e, mentre cerca un nuovo lavoro che consenta di mantenersi, deve curarsi di pagare le bollette, l’affitto o acquistare il cibo”.

L’arte, dunque, deve rivolgersi alla società nella quale è radicata e diventarne un amplificatore o un ponte di sostegno. Altrimenti non avrebbe ragione d’esistere. “Non dobbiamo pensare a uno spettacolo soltanto come un intrattenimento ludico ma come uno stimolo per creare e veicolare bellezza, raccontare un luogo e migliorare la società sottolineando valori e principi cardine”.

Un altro progetto in cantiere e in scena il 30 novembre, sarà quello dell’interpretazione di brani estratti dai lavori di Rosso di San Secondo. Un progetto che Aldo Rapè sta realizzando su richiesta dell’associazione Dante Alighieri di Caltanissetta e della sua presidentessa Maria Luisa Sedita, insieme a un centinaio di ragazzi delle scuole medie e superiori della città. “Abbiamo analizzato alcune poesie e novelle adatte ai giovani studenti e il 30 novembre saranno rappresentati lungo il centro storico nei luoghi cari a Rosso di San Secondo” ha spiegato il regista. Il pubblico sarà in movimento e si sposterà nei diversi luoghi cari allo scrittore trovando, a ogni tappa, alcuni studenti pronti a interpretare un brano. Alle 10.30 la manifestazione inizierà dalla Casa di Rosso di San Secondo per proseguire verso la biblioteca Scarabelli l’ex libreria Sciascia, la piazza centrale fino alla villa Cordova.

Un’esperienza unica nel suo genere che chiunque potrà liberamente vivere.

“Io non invito il pubblico a guardare lo spettacolo – ha concluso l’attore – ma a immergersi in un’esperienza da vivere in modo assolutamente personale proprio come faccio io ogni volta che vado in scena”.

Il “gioco”, per Aldo Rapè, è un elemento fondamentale che caratterizza ogni sua espressione artistica a prescindere che vengano trattate tematiche drammatiche o goliardiche.

Non si tratta di superficialità ma, proprio all’opposto, l’appassionata ricerca di stimoli per sé e per il pubblico al fine di ritemprare le energie e spingersi verso un più efficace sviluppo cognitivo e socioemotivo.

Ed è con questo invito a lasciarsi travolgere dall’arte che Aldo Rapè, con la sua compagnia Prima Quinta, quando ha l’opportunità sostiene gli artisti locali nel loro percorso di promozione.

“Tutti dovremmo avere un mecenate pronto a credere in noi e a sostenere la nostra voglia di portare la bellezza tra la gente – ha proseguito – e non soltanto per le opere teatrali ma anche per la scultura, la danza o, come sto sostenendo in questo periodo, la musica di Natale in Rosa. Progetti da portare avanti anche grazie al sostegno di finanziatori privati che garantiscono, in tal modo, la totale libertà e indipendenza dell’espressione artistica. I finanziamenti pubblici, purtroppo, talvolta rischiano di legare la creatività e imbavagliare l’urlo rivoluzionario che l’artista ha voglia di esprimere al mondo. E questo rappresenterebbe l’antitesi del progetto artistico che si desidera realizzare”.