Una fiorente attività di spaccio all’interno di una comunità alloggio per disabili psichici di Favara, nell’Agrigentino. A scoprirla sono stati i carabinieri che hanno eseguito sette misure cautelari, emesse dal gip di Agrigento su richiesta della locale Procura. In carcere sono finiti un quarantenne e un cinquantenne originari di Agrigento, per un 24enne originario di Agrigento e un 47enne di Palermo è stato disposto l’obbligo di dimora nella città dei templi. Per altri due quarantenni, uno di Favara e l’altro originario della Germania, è scattato il divieto di dimora in provincia di Agrigento e infine per un sessantenne di Favara l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
L’indagine, condotta dai carabinieri della Tenenza di Favara e della Compagnia di Agrigento, coordinati dal procuratore Salvatore Vella e dal sostituto Paola Vetro, è scattata a novembre 2020 dopo diverse segnalazioni, tra cui la richiesta d’aiuto di una donna, ospite della struttura, che aveva denunciato di aver subito minacce e violenze sessuali reiterate come corrispettivo nella compravendita della sostanza stupefacente.
Le intercettazioni telefoniche e i sistemi di videosorveglianza hanno consentito di fare luce su quella che gli investigatori definiscono una “strutturata piazza di spaccio”, messa in piedi all’interno di una comunità alloggio per disabili psichici di Favara “abusando della minorità fisica/psichica degli ospiti”, destinatari della droga.
Gli indagati rifornivano di droga gli ospiti della struttura con problematiche di tossicodipendenza o di natura psichica. Il tutto sarebbe avvenuto “con la compiacenza e in alcuni casi la correità” di responsabili e dipendenti della struttura.
L’indagine è stata avviata nel novembre del 2020 dopo diverse segnalazioni, tra cui quella di una donna, ospite della comunità, che aveva denunciato di avere subito minacce e violenze sessuali “come corrispettivo – sostengono dalla procura di Agrigento – nella compravendita degli stupefacenti”.
Le intercettazioni telefoniche e ambientali hanno consentito di accertare quella che la procura definisce “una strutturata piazza di spaccio”.
Responsabili e dipendenti del centro avrebbero assecondato le richieste di droga da parte dei degenti, consentendo l’ingresso delle sostanze nella comunità e, in alcune occasioni, provvedendo direttamente a reperirla.
Tra i “protagonisti” delle dinamiche di spaccio c’era anche un indagato, già sottoposto a detenzione domiciliare nella comunità, che, con la complicità di un familiare, ha introdotto una quantità consistente di hashish nella struttura spacciandola poi ad altri degenti.